13/04/2016 – troppa fretta sui furbetti

troppa fretta sui furbetti 

di LUIGI OLIVERI

Italia Oggi

Martedì, 12 Aprile 2016

Il decreto sul licenziamento dei dipendenti che attestano falsamente la presenza in servizio o «furbetti del cartellino» prevede termini troppo brevi, che rischiano di far saltare il procedimento disciplinare, nonché viola la delega legislativa sia nella previsione del danno di immagine, sia nell’ introduzione di una nuova fattispecie penale di omissioni d’ atti d’ ufficio, per mancata adozione del provvedimento di licenziamenti. Il parere reso dal Consiglio di stato, Commissione speciale, in data 16 marzo 2016, è «favorevole» allo schema di decreto legislativo approvato dal Governo, ma nella sostanza è una vera e propria stroncatura. Fattispecie. Il parere evidenzia che la riforma specifica ed ampia il fatto sanzionabile col licenziamento. È precisato che «deve trattarsi di modalità fraudolenta… per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l’ amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio circa il rispetto dell’ orario di lavoro dello stesso». Contestualmente, la fattispecie si amplia, perché concerne «qualunque» modalità fraudolenta, assumendo rilevanza anche la circostanza dell’ aiuto (omissivo o commissivo di terzi). Sospensione cautelare. Solo la sospensione cautelare da disporre entro 48 ore con provvedimento motivato, di fatto, passa indenne il varo del Consiglio di stato. La misura viene condivisa da Palazzo Spada, perché riferita specificamente per altro alla flagranza della violazione disciplinare o all’ accertamento della falsa attestazione della presenza mediante strumenti di registrazione tecnici e audiovisivi. Proprio la flagranza o la registrazione dell’ evento non rendono necessarie garanzie di contraddittorio, alle quali supplisce l’ obbligo di motivare la sospensione cautelare. Il parere, tuttavia, invita il Governo a prevedere espressamente il mantenimento al dipendente sospeso dal servizio quanto meno dell’ assegno alimentare. Inoltre, secondo Palazzo Spada è da precisare quale possa essere la responsabilità del dirigente o dei componenti dell’ ufficio per i procedimenti disciplinari che non attivino la sospensione cautelare entro le 48 ore, escludendo che possa consistere nel licenziamento, dovuto, invece per mancata irrogazione della sanzione del licenziamento. Procedimento accelerato. Il Consiglio di stato, come molti altri osservatori, evidenzia che il termine breve previsto per la conclusione del procedimento, 30 giorni, non si coordina con le disposizioni generali sullo svolgimento del procedimento disciplinare previste dall’ articolo 55-bis, commi 2 e 4, del dlgs 165/2001. Queste prevedono tempi procedurali incompatibili con l’ accelerazione del procedimento (che dovrebbe ridursi da 120 a 30 giorni). In particolare, critica è la fase della convocazione dell’ incolpato, da disporre non prima di 20 giorni dalla contestazione, che sottrae moltissimo tempo alla procedura. Altrettanto grave è la mancanza della specificazione di un preciso giorno a decorrere dal quale occorre avviare il procedimento disciplinare, essendo troppo generica la previsione di «dare immediato avvio» al procedimento, sì da esporlo ad una decadenza decorrente dal giorno di prima acquisizione della notizia della violazione, sottraendo ulteriore tempo ai 30 giorni complessivi. Il Consiglio di stato oltre a suggerire di correggere i termini propone un procedimento più agile e basato sull’ oralità: «convocazione dell’ incolpato, già sospeso dal servizio, presso l’ ufficio dei provvedimenti disciplinari alla presenza del dirigente responsabile della struttura di appartenenza per la formale contestazione dell’ addebito e per raccoglierne le giustificazioni nel corso di un’ audizione orale». Danno di immagine. Per Palazzo Spada la commisurazione del danno alla rilevanza data sulla stampa all’ evento rischia di enfatizzare troppo il decreto come misura «mediatica». Non solo: il parere rileva il vizio di legittimità di eccesso di delega, perché la legge 124/2015 non ha indicato al legislatore delegato di disciplinare responsabilità erariali. Responsabilità oggettiva dei dirigenti. Allo stesso vizio di eccesso di delega si presta la norma secondo cui l’ omessa comunicazione all’ ufficio competente per procedimenti disciplinari, l’ omessa attivazione del procedimento disciplinare e l’ omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare costituiscono, a carico dei dirigenti ovvero, negli enti privi di qualifica dirigenziale, a carico dei responsabili di servizio competenti, illecito disciplinare punibile con il licenziamento; tali comportamenti configurano il reato di «omissione di atti di ufficio», punito dall’ art. 328 del codice penale. Si tratta, secondo il Consiglio di stato, per un verso di una norma introduttiva di una sorta di responsabilità oggettiva eccessiva nei riguardi dei dirigenti. Ma, soprattutto di una disposizione penale nuova, diversa da quella prevista dal codice penale, che richiede una specifica norma primaria, per non violare la Costituzione.

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