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Furbetti del cartellino, cosa ne pensa il Consiglio di Stato

Pubblicato il parere del Consiglio di Stato sullo schema di d.lgs. attuativo della riforma Madia in materia di licenziamento disciplinare

di Vincenzo Giannotti

A seguito delle deleghe che il Parlamento ha dato al Governo, in tema di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (legge 7.8.2015, n. 124), il Consiglio di Stato neui giorni scorsi si è pronunciato sullo schema del decreto legislativo recante “Modifiche all’art. 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi dell’art. 17, comma 1, lettera s), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di licenziamento disciplinare”.

In sintesi nel suo parere il Collegio amministrativo ha rilevato le seguenti incongruenze: a) non compatibilità della procedura acceleratoria (conclusione entro 30 giorni) con i termini previsti nelle disposizioni sia per l’attivazione della procedura (40 giorni) sia per il diritto di difesa (20 giorni); c) danno d’immagine e reato di omissione di atti d’ufficio con incoerenza rispetto alla legge di delegazione; d) il reato di omissioni di atti d’ufficio non è quello tipizzato dal codice penale.

Qui di seguito i contenuti in dettaglio del parere della Commissione Speciale del Consiglio di Stato 5.4.2016, n. 864.

1. Ambito di intervento

Lo schema di decreto, sottoposto a parere, è teso a rafforzare la materia del licenziamento disciplinare al fine di allargarne l’ambito di applicazione e reprimere più efficacemente le condotte volte ad attestare falsamente la presenza in servizio dei dipendenti pubblici. Tale schema si compone di due articoli:

  • l’articolo 1 interviene, sull’art. 55-quater del d.lgs. n. 165 del 2001 mediante: a) ampliamento del novero delle ipotesi riconducibili alla fattispecie “falsa attestazione della presenza in servizio”, con la statuizione che risponde della violazione anche chi abbia agevolato, con comportamenti attivi o omissivi, la condotta fraudolenta; b) introduzione della sanzione della sospensione cautelare senza stipendio del dipendente pubblico nei casi di “falsa attestazione della presenza in servizio”, da irrogarsi immediatamente e comunque entro 48 ore; c) introduzione di un procedimento disciplinare accelerato nei casi di “falsa attestazione della presenza in servizio”; d) introduzione dell’azione di responsabilità per danni di immagine della p.a. nei confronti del dipendente sottoposto ad azione disciplinare per assenteismo; e) estensione della fattispecie di reato “Omissione d’atti d’ufficio”, di cui all’articolo 328 del Codice penale, ai casi in cui il dirigente (o il responsabile del servizio) ometta l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare o l’attivazione del procedimento disciplinare nei confronti del dipendente che abbia attestato falsamente la propria presenza; f)estensione della responsabilità disciplinare del dirigente (o del responsabile del servizio) e irrogazione della sanzione del licenziamento disciplinare ai casi in cui lo stesso ometta l’adozione del provvedimento di sospensione cautelare o l’attivazione del procedimento disciplinare nei confronti del dipendente che abbia attestato falsamente la propria presenza;
  • l’articolo 2 contiene la clausola di invarianza finanziaria, per cui dall’attuazione del decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Le osservazioni dei giudici amministrativi 

Il Collegio amministrativo evidenzia, in via preliminare, come l’efficacia dell’intervento delegato può essere rafforzata dando ulteriore impulso alle attività di formazione del personale delle pubbliche amministrazioni e con il ricorso alla comunicazione istituzionale, interna ed esterna, nelle forme previste dalla legge 150/2009. In altri termini risulta palese come il rafforzamento della prevenzione, anche mediante strumenti tecnologici di rilevazione delle presenze, così come la formazione, la comunicazione e le verifiche sistematiche necessarie, comporteranno oneri per la finanza pubblica, per cui nelle sedi proprie si dovranno indicare progetti e relative coperture. In particolare il Collegio contabile nutre dubbi sull’obbligo di invarianza della spesa, come disciplinata dall’art.2, in quanto al fine di raggiungere l’obiettivo di efficienza della p.a. il ruolo fondamentale della prevenzione ha un costo che non può non essere evidenziato, in quanto a parità di risorse finanziarie si rischia di non raggiungere l’obiettivo voluto dal Governo.

Precisate le necessarie risorse finanziarie aggiuntive, il Collegio contabile indica gli opportuni correttivi che il Governo dovrebbe attuare, precisando in via generale come:

  • Le nuove disposizioni intervenendo su di uno specifico illecito disciplinare, necessitano di un sostanziale rinvio alla disciplina generale (articoli 55 e seguenti del d.lgs. n. 165 del 2001) per i profili procedimentali non considerati, alcuni dei quali, devono necessariamente trovare applicazione anche nel procedimento accelerato, con il rischio -tuttavia – di dilatazione dei tempi oltre il termine più ravvicinato che si intende introdurre (conclusione entro 30 giorni);
  • Le disposizioni relative al danno d’immagine e alla nuova fattispecie del reato di omissione di atti d’ufficio emergono profili di incoerenza rispetto alla legge di delegazione.

3. Le criticità della normativa 

Il Collegio successivamente passa ad esaminare i singoli commi dell’art.1 a cui associa le seguenti osservazioni:

  • comma 1-bis. Le disposizioni inserite che estendono le sanzioni disciplinari espulsive facendovi rientrare “qualunque” modalità fraudolenta ed attribuendo rilevanza anche al fatto posto in essere con l’ausilio di terzi, appaiono coerenti con la delega legislativa trattandosi di “norma in materia di responsabilità disciplinare” e realizzandosi, attraverso una più dettagliata specificazione della fattispecie dell’illecito, nonché dell’esigenza della concretezza e certezza nei tempi di espletamento e di conclusione dell’esercizio dell’azione disciplinare. Inoltre, trattandosi di “norma in materia di responsabilità disciplinare” e realizzandosi, attraverso una più dettagliata specificazione della fattispecie dell’illecito, nonché dell’esigenza della concretezza e certezza nei tempi di espletamento e di conclusione dell’esercizio dell’azione disciplinare;
  • comma 3-bis. La disposizione introduce una ipotesi di sospensione cautelare obbligatoria dal servizio del dipendente nel caso di “falsa attestazione della presenza in servizio“. Tale sospensione si connota in primo luogo per il presupposto applicativo, costituito dall’accertamento “in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze“. Tale sospensione obbligatoria ha carattere innovativo, in quanto essa in generale è prevista solo nel caso in cui siano adottate nei confronti del dipendente, in sede penale, misure coercitive o limitative della libertà personale o che comunque siano impeditive della prestazione del servizio ovvero ancora quando lo stesso sia già sottoposto a procedimento penale per reati particolarmente gravi, sicché una deliberazione da parte dell’autorità giudiziaria vi è già stata. Mancherebbe, tuttavia, diversamente dal procedimento penale, la corresponsione di un assegno alimentare, avente natura non retributiva ma assistenziale. In altri termini se da un lato vi è l’esigenza di tutela del superiore interesse pubblico dell’amministrazione ( allarme sociale; turbativa del buon andamento e del prestigio della stessa), dall’altro non può essere esclusa in tale situazione anche la posizione del dipendente sulla necessità di sollevarlo, durante il periodo di sospensione, dai bisogni primari e impedirne lo stato di indigenza. Inoltre non sono previste conseguenze sanzionatorie e/o disciplinari per il dirigente o responsabile del servizio in caso di mancata attivazione della procedura della sospensione obbligatoria sia irrogata in via immediata e comunque entro 48 ore dal momento in cui il responsabile della struttura o l’ufficio per i procedimenti disciplinari ne vengano a conoscenza. In tale caso, secondo la lettura della norma, non sarebbe applicabile la disposizione di cui al comma 3 dell’articolo 55-sexies, atteso che tale disposizione si riferisce al “mancato esercizio o alla decadenza dell’azione disciplinare”, letteralmente riferito al procedimento disciplinare, il quale, nella configurazione normativa, è successivo all’adozione della sospensione cautelare;
  • Comma 3-ter. In tale disposizione si prevede la conclusione del procedimento disciplinare in 30 giorni (procedura acceleratoria). Pur prendendo atto di tale misura acceleratoria, il Collegio amministrativo evidenzia il necessario coordinamento con le altre disposizioni di competenza dell’ufficio procedimenti disciplinari secondo i quali: la contestazione per iscritto dell’addebito al dipendente “senza indugio” e comunque nel termine di 40 giorni dalla ricezione degli atti ovvero dalla data in cui l’ufficio ha altrimenti acquisito notizia dell’infrazione; la convocazione del dipendente per il contraddittorio a sua difesa, con un preavviso di almeno venti giorni; la conclusione del procedimento entro centoventi giorni dalla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora; la decadenza dell’azione disciplinare nel caso di violazione dei suddetti termini. Nel caso specifico poiché il contraddittorio con l’interessato e l’assicurazione del diritto di difesa sono principi imprescindibili e la violazione dei termini procedimentali comporta, per regola generale, la decadenza dell’azione disciplinare, la norma presenta profili di criticità, che potrebbero comprometterne una efficace concreta applicazione. In particolare: a) va dato un termine all’avvio immediato del procedimento disciplinare, non potendo farsi riferimento al termine ordinario di 40 giorni risultando lo stesso più lungo del termine fissato per la conclusione del procedimento (trenta giorni); b) necessità di specificare un termine per la convocazione, non potendosi fare riferimento al preavviso dei 20 giorni previsto quale termine ordinatorio, il quale però sottrae tempo alla eventuale ulteriore attività istruttoria da parte dell’amministrazione, visto l’obbligo di concludere il procedimento entro trenta giorni; c) necessità di inserire il termine iniziale i decorrenza del termine di trenta giorni per la conclusione del procedimento disciplinare che deve essere quella in cui è pervenuta la notizia al responsabile dei procedimenti disciplinari e non quello del responsabile della struttura.

4. Conclusioni 

Il Collegio amministrativo invita il Governo a porre in essere i correttivi suggeriti, in modo particolare per la citata procedura acceleratoria, rifacendosi anche giudizio direttissimo previsto dall’art. 558 del codice di procedura penale, che consente l’anticipazione del processo, senza finalità premiali dell’imputato in situazioni di evidenza probatoria.

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