31/08/2016 – La riforma della dirigenza pubblica “municipalizza” gli attuali segretari comunali. Le criticità di una riforma che rischia di riportare indietro gli enti locali

La riforma della dirigenza pubblica “municipalizza” gli attuali segretari comunali. Le criticità di una riforma che rischia di riportare indietro gli enti locali

Tra le misure di maggior interesse per gli enti locali contenute nello schema di decreto varato dal Governo figura, “a decorrere dall’effettiva costituzione del Ruolo dei dirigenti locali”, l’abolizione del segretario comunale. Ma cosa accadrà agli attuali segretari comunali? E quali criticit? presenta la nuova impostazione della disciplina?

di amedeo scarsella

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione Maria Anna Madia, ha approvato mercoledì 25 agosto, in esame preliminare, il decreto legislativo recante “Nuova disciplina della dirigenza della Repubblica”. Il decreto intende dare attuazione all’articolo 11 della legge 7 agosto 2015, n. 124, che delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi volti alla revisione della disciplina in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici. Il testo ora dovrà ricevere il parere del Consiglio di Stato, della Conferenza Unificata e delle Commissioni parlamentari competenti, prima di essere approvato definitivamente dal Governo. L’iter dovrà concludersi entro il 27 novembre.

I tre ruoli della dirigenza

Il sistema della dirigenza è riformato mediante l’istituzione di un sistema articolato di tre Ruoli unificati e coordinati (dei dirigenti statali, dei dirigenti regionali e dei dirigenti locali), accomunati da requisiti omogenei di accesso e da procedure analoghe di reclutamento, basati sul principio del merito e della formazione continua nonché su quello della piena mobilità tra i ruoli. Sono iscritti di diritto, ai Ruoli della dirigenza, i dirigenti a tempo indeterminato in servizio presso le relative amministrazioni, alla data di entrata in vigore del decreto (art. 6 dello schema di decreto).

L’art. 2 dello schema di decreto, sostituendo l’art. 13 del d.lgs. 165/2001, prevede che “il rapporto di lavoro di ciascun dirigente è costituito con contratto di lavoro a tempo indeterminato, stipulato con l’amministrazione che lo assume” con contestuale iscrizione in uno dei tre Ruoli.

Gli incarichi dirigenziali, invece, hanno natura temporanea. Infatti, l’art. 19-quinquies del d.lgs. 165/2001, modificato dall’art. 4 dello schema di decreto, prevede che gli incarichi sono conferiti, all’esito di una procedura iniziata con avviso pubblico, per una durata di quattro anni, con facoltà per l’amministrazione, nel caso in cui il dirigente abbia avuto valutazioni positive, una sola volta di rinnovare con decisione motivata l’incarico senza procedere ad un nuovo avviso pubblico. Al fine di gestire i tre Ruoli, vengono individuate tre Commissioni, che operano per lo Stato, le Regioni e gli Enti locali con l’obiettivo di porsi quali elemento di garanzia di tutto il sistema della dirigenza pubblica, dovendo intervenire ex ante o ex post in tutte le procedure di conferimento degli incarichi dirigenziali.

È previsto per gli incarichi relativi ad uffici dirigenziali generali, che la Commissione selezioni i tre candidati più idonei, sulla base dei criteri generali stabiliti dalla medesima Commissione (art. 19-ter del d.lgs. 165/2001, come modificato dall’art. 4 dello schema di decreto). Per tutti gli altri incarichi dirigenziali, l’intervento della Commissione è successivo, in quanto la scelta è comunicata dall’amministrazione alla Commissione stessa e l’incarico “è conferito decorsi 10 giorni dalla predetta comunicazione”, salvo che la Commissione rilevi il mancato rispetto dei requisiti e dei criteri generali per il conferimento dell’incarico. Alla scadenza di ogni incarico, il dirigente resta iscritto nel relativo Ruolo ed è collocato in disponibilità fino al conferimento di un nuovo incarico dirigenziale (con l’obbligo in tale periodo di rispondere, per ciascun anno, ad almeno cinque procedure comparative per le quali abbia i requisiti). “Ai dirigenti privi di incarico viene erogato, a carico dell’ultima amministrazione che ha conferito l’incarico, per il primo anno il trattamento economico fondamentale. Nell’anno successivo, le parti fisse o i valori minimi di retribuzione di posizione, eventualmente riconosciuti nell’ambito del trattamento fondamentale, sono ridotti di un terzo del loro ammontare” (art. 23-ter del d.lgs. 165/2001, come modificato dall’art. 7 dello schema di decreto).

Il sistema è poi completato dalla previsione che il conferimento di incarico, a dirigente presso altra amministrazione, comporta la cessione del contratto costitutivo del rapporto di lavoro a tempo indeterminato all’amministrazione che lo conferisce, fermo restando l’appartenenza al ruolo (art. 19-bis, comma 7, del d.lgs. 165/2001, come modificato dall’art. 4 dello schema di decreto).

Abolito il segretario comunale, “nasce” il dirigente apicale

Tra le misure di maggior interesse per gli enti locali figura, “a decorrere dall’effettiva costituzione del Ruolo dei dirigenti locali” (art. 10, comma 3, dello schema di decreto), l’abolizione del segretario comunale.

Il segretario comunale sarà sostituito dal dirigente apicale, previsto come obbligatorio in tutti i comuni (art. 9, comma 1, dello schema di decreto), ad eccezione dei comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti, per i quali si prevede la facoltà di nominare, in alternativa al dirigente apicale, un direttore generale ai sensi dell’articolo 108 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 (art. 9, comma 2, dello schema di decreto). I comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, o a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o più isole, e il comune di Campione d’Italia, hanno l’obbligo di gestire la funzione di direzione apicale in forma associata (art. 9, comma 2, dello schema di decreto).

Secondo lo schema di decreto al dirigente apicale verranno affidati i compiti di attuazione dell’indirizzo politico, di coordinamento dell’attività amministrativa e di controllo della legalità dell’azione amministrativa (art. 9, comma 1), oltre alla funzione rogante, che in modo del tutto anomalo non è indicata nell’art. 9, comma 1, tra le funzioni del dirigente apicale, ma viene “recuperata” nell’art. 11 dello schema di decreto (dove viene inserito all’art. 16 del d.lgs. 165/2001 il comma 1-quater che prevede “Negli enti locali, è denominato dirigente apicale il dirigente al quale sono attribuiti compiti di attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attività amministrativa, controllo della legalità dell’azione amministrativa ed esercizio della funzione rogante, già esercitata dai segretari comunali e provinciali di cui all’articolo 98 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267”). Le ulteriori funzioni attualmente svolte dal segretario comunale (si pensi per tutte alle funzioni di partecipazione alle sedute degli organi collegiale, di verbalizzazione ecc.) non sono invece attribuite al dirigente apicale direttamente dalla legge, che si limita a rimettere alla legislazione locale le funzioni del dirigente stesso. L’art. 9, comma 1, dello schema di decreto prevede, infatti, che “il dirigente apicale svolge ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti dell’ente”. La scelta sinceramente lascia molto perplessi, in quanto sembrerebbe rimettere all’autonomia locale la decisione in merito all’attribuzione di funzioni attinenti ad interessi particolarmente delicati (si pensi, per tutte, alla fede pubblica connessa alla verbalizzazione delle sedute collegiali).

Il dirigente apicale è nominato, tra i dirigenti appartenenti ad uno dei tre Ruoli della dirigenza, mediante procedura comparativa con avviso pubblico (art.4 del decreto che introduce l’art.19-ter, comma 6, al d.lgs. 165/2001). Da segnalare che gli avvisi possono indicare un periodo minimo di permanenza nell’incarico, non superiore a tre anni.

La scelta contenuta nello schema di decreto è quella di consentire il conferimento dell’incarico di dirigente apicale ai dirigenti appartenenti ad uno dei tre ruoli, quindi anche quelli appartenenti ai ruoli statali e regionali. Tale previsione pare, a chi scrive, contrastare con la previsione contenuta nella legge delega. In particolare, l’art. 11, comma 1, lett. b), n. 4), della l. n. 124/2015 inizia prevedendo: “dei segretari comunali e provinciali: abolizione della figura; attribuzione alla dirigenza di cui al numero 3) dei compiti di attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attività amministrativa e controllo della legalità dell’azione amministrativa”; la dirigenza di cui al numero 3) è la dirigenza degli enti locali, per cui la norma delegata sembrerebbe escludere i dirigenti appartenenti ai ruoli statali e regionali dalla possibilità di ricoprire l’incarico.

La disciplina transitoria per i segretari comunali

Cosa accade agli attuali segretari comunali?

L’art. 10, comma 2, dello schema di decreto prevede che i segretari comunali siano assunti dalle amministrazioni che conferiscono loro incarichi dirigenziali, nei limiti delle dotazioni organiche. Da precisare che negli enti locali, anche quelli attualmente privi di dirigenza, dovrà essere prevista la figura del dirigente apicale, come risulta chiaramente sia dal fatto che trattasi di figura obbligatoria all’interno dell’ente (art. 9, comma 1, dello schema di decreto) sia dalla nuova formulazione dell’art. 28 del d.lgs. 165/2001 (introdotta dall’art. 3 dello schema di decreto) secondo la quale “il Dipartimento della funzione pubblica effettua una ricognizione degli uffici coperti mediante incarichi dirigenziali, anche tenuto conto della istituzione negli enti locali privi della dirigenza, della figura del dirigente apicale di cui all’art. 27-bis”.

Da ciò sembrerebbe conseguirne che gli attuali segretari comunali saranno assunti come dirigenti a tempo indeterminato negli enti locali nei quali ricoprono l’incarico al momento dell’entrata in vigore del decreto; con il medesimo ente locale avranno poi l’incarico che porteranno fino alla naturale scadenza (gli incarichi in corso alla data di entrata in vigore del decreto sono fatti salvi fino alla naturale scadenza, con mantenimento del relativo trattamento economico). Per i segretari privi di incarico, lo stato giuridico ed il trattamento economico rimangono comunque disciplinati dalle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del decreto (garantiti dal Ministero dell’interno); gli stessi confluiscono nel ruolo unico dei dirigenti degli enti locali e decorso il termine di quattro anni dalla data di inquadramento nel ruolo senza che abbiano ottenuto un incarico dirigenziale, cessano dal Ruolo della dirigenza e il loro rapporto di lavoro si risolve.

Con tale impostazione viene superato il sistema attuale in base al quale intercorre un rapporto di impiego tra il segretario comunale e Ministero dell’interno, mentre intercorre un rapporto organico tra il segretario e l’ente locale, che si instaura a seguito della nomina nel singolo ente locale (si veda, per tutte, Corte di Cassazione Sezione civile, Lavoro, sentenza n. 17065 del 11/8/2016).

Altra disposizione transitoria riguarda il conferimento degli incarichi di dirigente apicale che, per un periodo non superiore a tre anni dalla data di entrata del decreto, potranno essere assegnati soltanto a coloro che attualmente ricoprono il ruolo di segretari comunali (art. 10, comma 6, dello schema di decreto).

Le criticità della nuova impostazione

L’elemento che mette in crisi la riforma appare essere, ad avviso di chi scrive, la costituzione del rapporto di lavoro tra i singoli enti locali e gli attuali segretari comunali, che diventeranno dirigenti con contratto a tempo indeterminato del medesimo ente. Questo renderà molto più complessa, se non impossibile negli enti di minore dimensione, la sostituzione del dirigente apicale, se non per volontà di quest’ultimo. Infatti, se fino ad oggi la scelta del Sindaco neo eletto di sostituire il segretario comunale era priva di impatto economico per il singolo ente, in quanto il sistema nel suo complesso garantiva il pagamento delle retribuzioni e l’attribuzione di nuovi incarichi, oggi la scelta di non rinnovare il dirigente apicale ha un costo ed anche significativo per l’ente. Infatti, si è visto che ai dirigenti privi di incarico viene erogato, a carico dell’ultima amministrazione che glielo ha conferito, per il primo anno il trattamento economico fondamentale. Questo dal punto di vista della sostenibilità economica. Dal punto di vista della sostenibilità giuridica appare difficilmente ipotizzabile, in un ente di minori dimensioni, che abbia in dotazione organica il solo dirigente apicale, senza altre figure dirigenziali, la presenza di un dirigente apicale retribuito ma privo ormai di incarico e quindi privo di funzioni e contestualmente quella di un altro dirigente apicale, proveniente da altra amministrazione a cui si è conferito il nuovo incarico, che invece svolge le funzioni attribuite alla figura (come sarebbe possibile con un unico posto in dotazione organica?). Infatti, fino alla nomina in altro ente, il dirigente privo di incarico rimane titolare del rapporto di lavoro presso l’ultima amministrazione che ha conferito l’incarico: soltanto al momento di una nuova nomina si effettuerà la cessione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Del tutto incomprensibile, poi, soprattutto per gli enti locali di minori dimensioni risulta la previsione contenuta nell’art. 23-bis del d.lgs. 165/2001, come modificato dall’art. 7 dello schema di decreto, dove si legge che “in ogni caso, il dirigente privo di incarico è tenuto ad assicurare la presenza in servizio, e rimane a disposizione dell’amministrazione per lo svolgimento di mansioni di livello dirigenziale”. La norma sembra essere, pertanto, completamente inapplicabile.

Altra criticità, risolta però con una norma apposita nello schema di decreto, sempre riguardante gli enti di minori dimensioni privi di dirigenti, riguarda la compatibilità dell’esercizio di funzioni dirigenziali da parte dei Responsabili degli uffici e dei servizi, dopo che l’ente avrà in dotazione organica un dirigente (apicale). L’art. 109, comma 2, del D.gs. 267/200 prevede che nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all’articolo 107, commi 2 e 3, possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione. La nuova figura del dirigente apicale non incide su tale facoltà, in quanto nello schema di decreto si prevede all’art. 11, l’introduzione all’art. 16 del d.lgs. 165/2001 del comma 1-quater che fa salva, nonostante la presenza in organico del dirigente apicale, “la possibilità di attribuire le funzioni dirigenziali ai responsabili degli uffici e dei servizi ai sensi dell’articolo 109, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000”.

Osservazioni conclusive

Da una prima lettura, lo schema di decreto per quel che riguarda la nuova figura di dirigente apicale appare non raggiungere l’obiettivo dichiarato della riforma. Nella relazione illustrativa si legge infatti che l’obiettivo della stessa “è quello di favorire mobilità ed interscambio, costituendo le premesse per un vero e proprio mercato della dirigenza, in grado di favorire, al contempo, la legittima aspettativa dei dirigenti migliori di occupare i ruoli più significativi nell’organizzazione amministrativa e l’interesse delle amministrazioni di dotarsi, in modo flessibile e razionale, delle migliori competenze dirigenziali in relazione al programma politico-amministrativo da realizzare”.

Da quanto illustrato, invece, per la maggior parte delle amministrazioni locali la riforma potrebbe rivelarsi, paradossalmente, nel suo impatto concreto, un impedimento alla modifica dei vertici delle amministrazioni. Ragioni di sostenibilità economica e giuridica, potrebbero costringere i Sindaci neoeletti, nella maggior parte degli enti, a mantenere il dirigente apicale in carica, facendo sì che la riforma nei fatti renda inamovibili le figure di vertice amministrativo dell’ente.

In ogni caso, la speranza è che nel corso dell’iter di approvazione definitiva della riforma vengano risolti i problemi evidenziati, così come è auspicabile che vengano sciolti i dubbi relativi alla durata degli incarichi di dirigente apicale che non sono minimamente toccati dallo schema di decreto (si veda in proposito il precedente articolo In attesa della riforma della dirigenza pubblica, la Corte dei Conti certifica la riduzione del numero dei segretari comunali ed il dimezzamento dei direttori generali). Curiosamente, infatti, lo schema di decreto mentre da un lato si “affanna” nel ribadire per ben due volte che “l’incarico di dirigente apicale cessa se non rinnovato entro novanta giorni dalla data di insediamento degli organi esecutivi” (art. 27-bis del d.lgs. 165/2001, commi 1 e 4, introdotto dall’art. 9 dello schema di decreto), dall’altro si dimentica di indicare la durata degli incarichi di dirigente apicale, ossia se agli stessi si applica il termine ordinario di quattro anni o se, come appare più logico, il termine quinquennale di durata del mandato del Sindaco.

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