29/08/2016 – segretari comunali: suggerimenti per modifiche

Il decreto legislativo adottato dal Governo in attuazione dell’art. 11 della legge delega 124 del 2015, nella fase preliminare, è venuto alla luce, con tutte le sue contraddizioni e nefandezze. 

Il Governo ha trasmesso alla Presidenza della Camera il 26 agosto 2016, per l’esame parlamentare, un testo di decreto legislativo incomprensibile, lacunoso, che attua la delega nel senso più verticistico e centralista. D’altronde si muove nel contesto storico di revisione della Costituzione che vede un nuovo accentramento del poter statale, con una inversione di tendenza, rispetto alla precedenza revisione del Titolo V, operata con legge costituzionale n. 3 del 2001.

L’art. 11 della legge delega prevede l’adozione di decreti legislativi in materia di dirigenza pubblica, con l’istituzione di un sistema della dirigenza pubblica articolato in ruoli unificati e coordinati, aventi requisiti omogenei di accesso e procedure analoghe di reclutamento e fondati sui principi del merito, dell’aggiornamento e della formazione continua. Il decreto istituisce il sistema della dirigenza pubblica costituito da tre ruoli unici di dirigenti, rispettivamente, dello Stato, delle Regioni e degli enti locali. 

Intanto, il testo definitivo del decreto, oltre al varco dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari e del Consiglio di Stato, sarà subordinato all’esame dei profili di legittimità costituzionale, contestati dalla Regione Veneta, con il ricorso diretto alla Corte costituzionale. Ad avviso della Regione Veneto le disposizioni della legge delega stabiliscono principi e criteri direttivi rivolti a disciplinare direttamente anche la dirigenza regionale, senza neppure individuare e qualificare quei principi dell’ordinamento che soli sarebbero idonei a vincolare la potestà legislativa regionale in questa materia; tanto più che le Regioni dispongono, in materia di dirigenza, di una competenza ben più estesa di quella concernente il proprio personale non dirigente.

Affiora alla mente la riflessione del Machiavelli sulla della crisi che l’Italia attraversava nel cinquecento, secondo cui l’unica via d’uscita “é un principe dalla straordinaria ” virtù “, capace di organizzare le energie che potenzialmente ancora sussistono nelle genti italiane e di costruire una compagine statale abbastanza forte da contrastare le mire espansionistiche degli Stati vicini. Machiavelli, segretario fiorentino, rimase al servizio della repubblica e cacciato quando venne restaurata la signoria dei Medici. L’appoggio alla causa repubblicana lo fece cadere in disgrazia. Nel pensiero di Machiavelli si prospetta una vera e propria teoria del rimedio, legata a una continua spinta a rimediare a situazioni che si affacciano nel mondo con aspetti sempre nuovi e sconvolgenti, scatenando opposizioni e contrasti imprevedibili. 

Dopo tanti secoli, nel nostro mondo tanto lontano da quello di Machiavelli, è ancora quanto mai necessaria una politica «prudente» capace di cercare e mettere in campo i rimedi sempre più urgenti e non procrastinabili, sia per la cura del «vivere civile» (spesso cancellato dal dominio della politica dell’apparenza), sia per la salvezza del «corpo misto della umana generazione», che i tempi in atto sottopongono nel suo insieme a minacce in passato sconosciute. 

Quello che ha vissuto Machiavelli nella sua Firenze, lo vivono ora i segretari comunali e provinciali, figura ritenuta del passato e non più in linea con la nuova qualifica dirigenziale con il risultato di una dirigenza precaria e lottizzata, facilmente “controllabile” e “orientabile” dalla politica.

Il decreto presenta notevoli questioni oscure e lacunose che richiedono un’attenta riflessione, da svolgere accuratamente in appositi tavoli di confronto e di dibattito che dovranno essere aperti nell’intero ambiente delle autonomie locali, per limitare la deriva centralistica del governo. 

Tralasciando gli aspetti procedurali legati al conferimento degli incarichi dirigenziali, così come saranno delineati da quello che sarà l’art. 19-ter del TUPI (decreto legislativo 165/2001), le questioni per i dirigenti privi di incarico, i contenuti del nuovo trattamento economico, possiamo intanto riflettere su una prima ipotesi di emendamenti al decreto da chiedere urgentemente. Ne vale la sopravvivenza degli iscritti all’albo, indipendentemente delle fasce contrattuali.

Ovviamente la norma che ci riguarda più da vicino è quella dell’articolo 10 dell’ipotesi di decreto legislativo.

Mi sentirei di suggerire le modifiche seguenti.

1. All’art. 10, comma 1, aggiungere il seguente comma: 

“1-bis.Negli Enti locali, fino ad esaurimento all’albo nazionale di cui all’art. 98 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 hanno diritto di preferenza, per gli incarichi dirigenziali apicali, i segretari comunali e provinciali collocati nelle fasce professionali A e B previste dalle disposizioni contrattuali vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.

2. All’art. 10, comma 2, le parole “, nei limiti delle dotazioni organiche”, sostituirle con le parole “, anche al di fuori delle dotazioni organiche”. 

3. All’art. 11, comma 2, lett. b), punto ii), comma 1-quater, penultimo periodo, sostituire nel modo seguente: 

“Per gli enti locali di minori dimensioni demografiche, nei quali non sia prevista la posizione dirigenziale, la funzione di direzione apicale può essere svolta in forma associata, fino ad esaurimento di iscrizione nel ruolo, dai soggetti di cui ai comma 1 e 5, coerentemente con le previsioni di cui all’articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni nella legge 30 luglio 2010, n. 122”.

Altra questione che in questi ultimi mesi ha appassionato la discussione è quella che deriva dall’orientamento emerso dalle Sezioni Unite civili della Cassazione, che con diverse pronunce emanate all’inizio dell’anno, a risoluzione di questione di massima di particolare importanza, hanno affermato che l’art. 1, comma 49, della legge n. 311 del 2004, con possibilità di reinquadramento ed accesso alla dirigenza, non si applica ai segretari comunali o provinciali trasferiti ad una P.A. diversa da quella di provenienza per effetto di procedure di mobilità già esaurite alla data di entrata in vigore della legge L. 30/12/2004, n. 311. La questione è ora affrontata nella relazione tecnica di accompagnamento del decreto trasmesso alla Camera, che nel descrivere il contenuto dell’art. 10, con la disciplina transitoria, opera una sorta di sanatoria per quelle situazioni di contenzioso in atto, prevedendone l’inquadramento nel ruolo unico dei dirigenti statali, per quei dirigenti che prestano o hanno prestato servizio quali dirigenti a seguito di sentenza favorevole. 

Fugato ogni dubbio sulla collocazione dei segretari comunali e provinciali tra i dirigenti, appare irragionevole il mancato inserimento nel ruolo statale per tutti coloro che risultano già iscritti nell’albo nazionale alla data di entrata in vigore dell’emanando decreto legislativo.

Angelo Capalbo

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