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Statali, arriva il dirigente «a termine» Tagliate le Camere di commercio

Via libera dal Consiglio dei ministri ai decreti della riforma Madia. Le nuove norme cambieranno la vita a 36mila dirigenti pubblici. Previsti gli incarichi a scadenza, la durata di quattro anni prorogabili di due

 di Enrico Marro

Primo via libera alla riforma dei dirigenti pubblici e delle Camere di commercio. Il consiglio dei ministri ha approvato ieri quattro schemi di decreto legislativo in attuazione della riforma della pubblica amministrazione. «Il mondo cambia e il modello organizzativo non può più essere quello di 70 anni fa», ha detto il premier Matteo Renzi. Oltre ai due citati, che sono i più importanti, sono passati anche i decreti sugli enti di ricerca (più autonomia e sblocco delle assunzioni) e di riordino del Comitato italiano paraolimpico.

La riforma della dirigenza segna una svolta: dal dirigente a vita alla rotazione degli incarichi, con la possibilità che i meno meritevoli perdano il posto o in alternativa vengano retrocessi a funzionari. Novità che hanno suscitato l’opposizione di parte del personale, in particolare tra i dirigenti generali. Che alla fine hanno ottenuto un ammorbidimento del meccanismo di assegnazione dei nuovi incarichi. Ci sarà infatti una corsia preferenziale per gli attuali dirigenti di prima fascia. Innanzitutto resteranno in carica fino alla costituzione delle commissioni di valutazione previste dalla riforma e poi godranno di un diritto di preferenza presso l’amministrazione dove lavorano rispetto al conferimento del nuovo incarico.

La riforma prevede l’istituzione di 4 ruoli unici: Stato, Regioni, enti locali, autorità indipendenti. In questi ruoli o elenchi si entrerà dopo un corso-concorso per la qualifica di «funzionario-dirigente in prova». Da questi elenchi le amministrazioni sceglieranno i funzionari che, dopo 3 anni e in seguito a una valutazione positiva potranno diventare dirigenti. Gli incarichi dirigenziali dureranno 4 anni prorogabili di 2, al termine del quale si rientrerà nel ruolo di appartenenza accompagnati dalle valutazioni ricevute, in attesa di essere chiamati per un nuovo incarico. Chi resterà senza perderà la parte accessoria del salario e subirà ogni anno un taglio del 10% della retribuzione base. Dopo 6 anni potrà essere licenziato se non accetterà di retrocedere a funzionario.

Secondo la bozza di decreto entrata in Consiglio dei ministri, tutti gli attuali incarichi dirigenziali arriveranno alla naturale scadenza. Sarebbe quindi stata accolta la richiesta dei sindacati dei dirigenti di eliminare la decadenza automatica di tutti gli incarichi sei mesi dopo la legge. Terminato il mandato, il dirigente finirà nel ruolo unico di appartenenza in attesa che le «Commissioni per la dirigenza pubbliche», organi imparziali formati da esperti, attribuiscano i nuovi incarichi con una «procedura comparativa con avviso pubblico». Si terrà quindi conto delle valutazioni sul lavoro svolto dai dirigenti: una sorta di pagella che verrà compilata con riguardo a numerosi indici di performance. La riforma delle Camere di commercio prevede invece la loro riduzione da 105 a 60 ma con meccanismi volti ad assicurare il ricollocamento del personale in esubero. I decreti passano ora all’esame delle commissioni parlamentari, del Consiglio di Stato e della Conferenza Stato Regioni per i previsti pareri. Poi torneranno in consiglio dei ministri per l’approvazione definitiva.

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