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Il capo di gabinetto del sindaco? Una figura inutile, a prescindere dal sindaco e dall’incaricato

 
 
 
Che il neo sindaco di Roma dovesse essere attaccata da una stampa e da una politica che per anni non si sino accorte (a volere essere generosi) di Mafia Capitale era scontato. Ogni respiro della neo sindaca è oggetto di critiche, inchieste, presunti scandali.
Ultimo, per ora, argomento del contendere e per mettere sulla graticola è lo stipendio per il capo di gabinetto, pari a 193 mila euro l’anno.

Troppi? Pochi? L’interessata, un magistrato che si è messo in aspettativa, rivendica che sostanzialmente, data la lunga trasferta di sede, finisce per rimetterci e che, comunque, vista la professionalità che mette a disposizione del comune di Roma, che di professionalità elevate e, soprattutto, non compromesse con l’ambiente, ha molto bisogno.
Inutile addentrarsi in giudizi di merito di questo tipo. La realtà concreta è del tutto diversa e rivela la sostanziale ed assoluta inutilità della figura del “capo di gabinetto” negli enti locali, sicchè, qualsiasi sia il sindaco che lo incarica e chiunque sia l’incaricato, la spesa connessa è da considerare sempre mal destinata.
Affermazione troppo radicale? Vediamo. Si dice che il capo di gabinetto è necessario come cinghia di trasmissione tra indirizzo politico del sindaco ed apparato amministrativo.
Posto che sia assolutamente necessaria tale funzione, vediamo se, per caso, essa non sia già attribuita ex lege ad altri soggetti. A cominciare dalla compagine politica. Controlliamo cosa ci stia a fare, ad esempio, la giunta. L’articolo 48, comma 2, del d.lgs 267/2000 dispone: “…La giunta compie tutti gli atti rientranti ai sensi dell’articolo 107, commi 1 e 2, nelle funzioni degli organi di governo, che non siano riservati dalla legge al consiglio e che non ricadano nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o del presidente della provincia o degli organi di decentramento; collabora con il sindaco e con il presidente della provincia nell’attuazione degli indirizzi generalidel consiglio…”.
L’impressione che lo scopo essenziale dell’esistenza stessa della giunta consista appunto nel collaborare col sindaco per far sì che gli indirizzi amministrativi siano rispettati è molto forte. In effetti, è confermata da questo ulteriore dato, tratto dall’articolo 92 sempre del d.lgs 267/2000, ove si prevede la responsabilità dei dirigenti per inosservanza delle direttive del sindaco, ma anche dell’intera giunta e perfino del singolo assessore di riferimento. A che serve un potere di direttiva, se non a regolamentare appunto la “trasmissione” tra indirizzo politico e sua attuazione?
Si potrebbe osservare, però, che la funzione della giunta e degli assessori è politica e che, quindi, essi potrebbero denunciare un deficit di competenza tecnica, sì che un supporto al sindaco fornito da un tecnico competente è comunque opportuno.
Bene. Vediamo allora cosa ci sta a fare il segretario comunale (figura che sciaguratamente e assurdamente, però, il Governo vuole abolire). Ci informa l’articolo 97 che “sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l’attività” e “esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco o dal presidente della provincia”, tra le quali, considerati i compiti di coordinamento della dirigenza può e, anzi, dovrebbe rientrare quella appunto della famosa “cinghia di trasmissione”.
Il fatto acclarato, allora, è che già la legge mette a disposizione di ogni sindaco uno staff, politico e anche tecnico, esattamente competente a svolgere le funzioni che si intendono assegnare al capo di gabinetto. A conferma che tale figura risulta totalmente inutile.
Si può obiettare, però, che l’articolo 90, comma 1, del d.lgs 267/2000 dispone: “il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco, del presidente della provincia, della giunta o degli assessori, per l’esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti dell’ente, ovvero, salvo che per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari, da collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, i quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione, sono collocati in aspettativa senza assegni”. Quindi, un capo di gabinetto può essere nominato; la legge lo consente.
Conclusione errata. La legge permette la creazione di uno staff a specifico supporto del sindaco. Ma il capo di gabinetto, visto quanto sopra, altro non sarebbe se non una duplicazione.
Già. Ma a Roma si è scelto un magistrato, competentissimo in tema di lotta alla corruzione. Vero. Peccato, però, che come capo di gabinetto non possa esercitare queste competenze. Infatti, ci informa sempre l’articolo 90, comma 3-bis del d.lgs 267/2000 che “resta fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale anche nel caso in cui nel contratto individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal possesso del titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale”. Poiché le funzioni di responsabile della prevenzione della corruzione (che ex lege spettano in prima battuta al segretario comunale) hanno natura gestionale, un capo di gabinetto non può esercitare direttamente alcuna competenza anticorruzione; meno che mai dovrebbe esercitarla indirettamente, perché sarebbe un aggiramento surrettizio ed illegittimo alle norme, come un magistrato dovrebbe sapere meglio di chiunque altro.
Sta di fatto che incarichi di questa natura fanno, alla fine, solo il male della dirigenza pubblica, sotto l’attacco di una riforma Madia che mira a politicizzare l’intera dirigenza. Se un magistrato rinuncia platealmente alla propria funzione indipendente per assumere un ruolo sostanzialmente politico molto più che operativo, si dà la sensazione che sia norma la cooptazione dei dirigenti per scelte di appartenenza e condivisione solo politica, che proprio per questo autonomia e addirittura indipendenza vanno messe da parte. E che tutti i dirigenti guadagnino cifre molto elevate, anche se, poi, grattando grattando, si scopre che certi stipendi sono riservati esclusivamente proprio a dirigenti cooptati dalla politica, non appartenenti ai ruoli.
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