24/10/2015 – l’esimente di responsabilità, nei confronti degli amministratori di enti locali

Estremi nota parere

     Protocollo

14430

     Data

21/10/2015

Estremi quesito

     Anno

2015

     trimestre

IV

Ambito

UFFICI E PERSONALE

Materia

personale

Oggetto

Consiglieri comunali. Approvazione bilancio. Responsabilità.

Massima

La Corte dei conti ha affermato, in relazione al disposto dell’art. 1, comma 1-ter, della l. 20/1994, che l’esimente di responsabilità, nei confronti degli amministratori di enti locali, può operare soltanto quando l’atto generativo del danno ingiusto riguardi materie di particolare difficoltà tecnica e giuridica, dovendosi altrimenti ritenere che l’evidenza dell’erroneità dell’atto sia tale da escludere la stessa buona fede dei titolari dell’organo politico.

Testo completo del parere

Il Comune ha chiesto di conoscere quali sarebbero le responsabilità dei consiglieri comunali in caso di approvazione di un bilancio corredato dei pareri favorevoli di regolarità tecnico-contabile del funzionario competente e del revisore dei conti. L’Ente si è inoltre posto la questione relativa alla possibile sussistenza, nel caso di specie, della c.d. ‘esimente politica’ prevista dall’art. 1, comma 1-ter, della l. 20/1994 in capo ai medesimi consiglieri.

In linea generale, si osserva che la responsabilità amministrativa in senso stretto è quella nella quale incorrono gli amministratori (e i dipendenti) degli enti locali che, nell’esercizio delle loro funzioni, con dolo o colpa grave, arrechino danno a contenuto patrimoniale ai predetti enti.

Nel procedimento di responsabilità amministrativa, per l’individuazione dei responsabili, si fa comunque riferimento alla situazione di fatto (reale) e non alle previsioni normative astratte. In altri termini, va individuato colui (o coloro) che hanno effettivamente tenuto il comportamento produttivo del danno e ciò a prescindere dal fatto che abbiano agito entro o oltre le competenze riconosciutegli dalla legge.

Per il riscontro concreto, in capo ad un soggetto, di profili di responsabilità amministrativa, è pertanto necessario verificare la sussistenza dei seguenti elementi:

a) il comportamento (fatto-condotta);

b) il dolo o la colpa grave (elemento soggettivo);

c) l’inosservanza degli obblighi di servizio (o di obblighi attribuiti dalla legge);

d) il nesso di causalità tra il comportamento ed il danno;

e) il pregiudizio (danno) arrecato alla pubblica amministrazione, che può essere anche diversa da quella di appartenenza.

Per quanto concerne nello specifico il comportamento degli amministratori degli enti locali, assume rilevanza l’aspetto relativo all’accertamento se l’attività svolta dai politici si sia mantenuta nei limiti generali ed astratti della programmazione e degli indirizzi, ovvero se abbia in qualche modo inciso sulla concreta attività di gestione.

Occorre pertanto che gli organi di governo, prima di operare, abbiano ben presenti le sfere di competenza loro attribuite dagli articoli 42 e seguenti del TUEL, e ciò al duplice scopo di operare nell’ambito delle proprie competenze e di verificare se l’attività che andranno a svolgere possa di per sé determinare conseguenze dannose per l’ente.

In relazione all’adozione degli atti deliberativi, potranno quindi essere chiamati a rispondere sia coloro che li hanno adottati, sia i funzionari responsabili di servizio che hanno espresso il prescritto parere in ordine alla regolarità tecnica[1].

La determinazione delle rispettive responsabilità -sempre qualora si dovesse accertare la sussistenza di un danno – può infatti variare in base all’apporto causale che la condotta degli organi politici e burocratici ha recato nel produrre il medesimo.

E’ necessario quindi verificare, caso per caso:

a) il contenuto e gli effetti della deliberazione (quanto in quest’ultima vi sia di mero indirizzo o di indirizzo politico e quanto spazio sia riservato agli aspetti tecnici);

b) l’influenza del parere tecnico sulla deliberazione e sui suoi effetti;

c) l’autonomia di giudizio e di scelta dell’organo politico nell’adottare la deliberazione rispetto ai pareri tecnici espressi.

Soltanto nell’esame dello specifico caso concreto, al fine dell’accertamento delle responsabilità di ciascuno, si potrà verificare se, in considerazione degli aspetti prevalentemente tecnici, il parere sia stato decisivo ed abbia influenzato completamente l’organo di governo.

Ad ogni buon conto, in linea di principio, si può affermare che quando gli organi di governo esercitano una funzione loro propria l’apporto tecnico favorevole non ne esclude la responsabilità.

Tuttavia, preme rilevare che, in conseguenza della separazione tra sfera politica e sfera gestionale, l’art. 1, comma 1-ter, della l. 20/1994 ha previsto che: ‘Nel caso di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi la responsabilità non si estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consentito l’esecuzione’.

Si è osservato in proposito che, trattandosi di atti ricadenti nella sfera gestionale, non dovrebbero ricadere nell’oggetto di deliberazione degli organi di governo. Peraltro, al fine di chiarire la portata dell’esimente politica prevista dalla citata norma, pare utile riportare l’interpretazione elaborata dalla Corte dei conti, che ha precisato che l’esimente di responsabilità può operare soltanto quando l’atto generativo del danno ingiusto riguardi ‘materie di particolare difficoltà tecnica e giuridica, dovendosi altrimenti ritenere che l’evidenza dell’erroneità dell’atto sia tale da escludere la stessa buona fede dei titolari dell’Organo politico [2].

La predetta disposizione pertanto ‘ha un senso logico solo ove venga interpretata come volta a sancire una irresponsabilità dei titolari degli organi politici ogniqualvolta, per la particolare difficoltà delle questioni tecniche e giuridiche sottese alle decisioni da prendere, non possano essere imputati agli stessi errori che avrebbero potuto essere evitati solo con il possesso di determinate conoscenze specialistiche.’ [3].

Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, il comportamento degli amministratori è stato ritenuto inescusabile, e connotato da colpa grave, nel caso di adozione di atti non conformi a inequivoca normativa di riferimento, nelle specifiche e varie materie, e non conformi a costante giurisprudenza[4].

Le considerazioni sopra esposte valgono anche nell’ipotesi di adozione di atti contabili quali l’approvazione del bilancio comunale.

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[1] Si veda, sulla questione in esame, la Risoluzione n. 13/2009 della Regione Piemonte – Settore Autonomie Locali.

[2] Cfr. Corte dei conti, sez. II giurisdizionale centrale, sentenza n. 303 del 2003.

[3] Così, Corte dei conti, sez. I giurisdizionale centrale, sentenza n. 282 del 2002.

[4] Cfr. Corte dei conti, sez. giurisd. per la Regione Lombardia, sentenza n. 142 del 2015.

In relazione al concetto di colpa grave con riferimento agli amministratori degli enti locali, si riporta quanto affermato da Bruno Prota, Presidente onorario della Corte dei conti, in ‘Brevi cenni sulla responsabilità degli amministratori pubblici (degli enti locali)’: ‘La nozione di colpa grave – oggi rilevante – non è delle più semplici, ma si può così sintetizzare: una macroscopica e inescusabile negligenza ed imprudenza (…) nell’adempimento dei propri doveri istituzionali, cioè un atteggiamento di estrema superficialità, trascuratezza nella cura di beni e interessi pubblici (…)’.

 

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