21/11/2015 – La sospensione dalle cariche degli amministratori pubblici opera anche in caso di sentenze non definitive

20-11-2015 LA SOSPENSIONE DALLE CARICHE DEGLI AMMINISTRATORI PUBBLICI OPERA ANCHE IN CASO DI SENTENZE NON DEFINITIVE

 

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 236 del 19 novembre, si è espressa in merito alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190), in relazione all’art. 10, comma 1, lettera c), del medesimo decreto legislativo, promosso dal TAR Campania.

Nel giudizio, i Giudici Costituzionali hanno posto alcune linee guida in merito alla legge Severino, ovvero: la sospensione dalla carica degli amministratori pubblici non costituisce, una sanzione o un effetto penale della condanna, ma una conseguenza del venir meno di un requisito soggettivo per l’accesso alla carica o per il suo mantenimento, causando la decadenza o la sospensione da essa, a seconda che la condanna sia definitiva o non definitiva; la sospensione opera in senso retroattivo nel senso che la permanenza in carica di chi è stato condannato anche in via non definitiva per reati riguardanti la pubblica amministrazione può incidere sugli interessi costituzionali protetti dall’articolo 97, secondo comma, e dall’articolo 54 della Costituzione.

La Corte Costituzionale ritiene che una condanna anche se non di tipo definitivo per delitti, contro la pubblica amministrazione, susciti l’esigenza cautelare di sospendere temporaneamente il condannato dalla carica.

CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA 236, 19 NOVEMBRE 2015

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