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Insomma, il bicchiere è mezzo pieno o tutto vuoto?

E’ interessante l’analisi che svolge il collega Scarsella, pubblicata nel blog dei segretari del Lazio http://segretaridellazio.blogspot.it/2015/03/se-volessimo-vedere-il-bicchiere-mezzo.html?spref=fb    sotto il titolo Se volessimo vedere il bicchiere mezzo pieno? Riflessioni di un segretario artigiano sull’emendamento Saggese

E’ un tentativo articolato di giustificare, appunto, l’emendamento Saggese come male minore se non come finto male.

E’ così?

L’analisi testuale dell’emendamento si presta, in un testo che è  “abbastanza avviluppato”, a qualche equivoco.

1.       Il dato di partenza è confermato: “dei segretari comunali e provinciali: abolizione della figura”…..

E qui c’è poco da opinare: l’abolizione è confermata. E pesa su tutto il resto, è inutile cianciare….

1.       I presunti (e sottolineo presunti perché non c’è precisa corrispondenza con l’attuale art. 97 TUEL) compiti dei segretari comunali (attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attività amministrativa e controllo della legalità dell’azione amministrativa) sono attribuiti alla dirigenza iscritta nel “ruolo unico degli enti locali” in cui confluiscono i segretari.

2.       Scompare l’apposita “sezione ad esaurimento”. E’ un bene? Sembrerebbe proprio di sì… anche se ex adverso si potrebbe sostenere che la previsione di quella “sezione ad esaurimento”, per quanto orrenda a leggersi, implicava il riconoscimento di uno “status” differenziato per chi veniva dall’ex albo dei segretari. E’ facile sostenere che questo status differenziato fosse tale in senso negativo. Si potrebbe però anche sostenere che lì poteva esserci in nuce l’aggancio per una disciplina speciale che comunque riparasse in qualche modo all’ignominiosa “abolizione”.

3.       Invece ora si viene aboliti e basta e si viene intruppati nel “ruolo unico dei dirigenti degli enti locali”.

4.       Troppo semplicisticamente viene risolta la questione relativa al limite dei “nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. E’ vero che è già così, ma ora cambia il contesto…. Veniamo da una tradizione in cui l’ufficio del segretario era previsto obbligatoriamente per legge (tuttora l’art. 97 TUEL). Ora vi subentra questo più evanescente “dirigente apicale”. C’è un salto di regime radicale, contrassegnato e condizionato da quell’incipit perentorio: il segretario comunale è comunque abolito (il che comporta che chi ne prende il posto è comunque una sorta di cavaliere dimezzato)…. Quale principio prevarrà? L’obbligo di nominare il dirigente apicale o quello di rispettare il limite di spesa? Cosa può significare, in questo contesto nuovo e fortemente delegittimante per il segretario ed i suoi aventi causa, assolvere l’obbligo di nominare un dirigente apicale con quella pesante ipoteca iniziale?

5.       Trascura Scarsella che sino ad oggi, il limite del rispetto della spesa pubblica non era scritto esplicitamente nella legge, ma era stato ricavato – con interpretazione forzata e mai contrastata dalle OO.SS. – per via interpretativa dalla Corte dei Conti. Ora invece l’obbligo è scritto a caratteri cubitali direttamente nella norma. Anzi viene ripetuto più volte, come ad affermarne l’assoluta primazia. Significa così legittimare le interpretazioni più oltranziste ossia che nel contrasto tra l’obbligo di nominare il dirigente apicale ed il rispetto dei vincoli di spesa, viene rafforzato indubbiamente il secondo che appare ormai assolutamente inderogabile. La corte, in presenza del ben più cogente art. 97 del TUEL, ha già mostrato di dare priorità al rispetto dei vincoli di finanza pubblica…. E’ noto come, secondo i magistrati contabili, per rispettare tali vincoli già oggi, il Comune deve “adottare tutte le possibili forme organizzative che consentono il rispetto del contenimento della spesa del personale”. Cioè l’organizzazione razionale ed i relativi obblighi retrocedono di fronte agli impegni contabili. Ora questo principio di primazia contabile viene definitivamente rafforzato, al punto che molti enti potranno, invocandolo, sottrarsi all’obbligo o comunque osservarlo solo sulla carta. Si prefigura qui un chiarissimo incentivo al convenzionamento selvaggio… Ossia, non essendo più previsto un preciso personaggio (con nome e cognome) ma una più vaga figura dirigenziale, non è difficile ipotizzare che in molte realtà (ancor più di oggi) il principio di rispetto dei vincoli di spesa possa essere strumentalizzato per marginalizzare un personaggio che comunque sia è diretto erede di quello abolito e quindi totalmente DELEGITTIMATO. Quella scritta dall’emendamento appare, sotto questo punto di vista, una sorta di “sollicitatio ad turpia” e si risolve in una clamorosa beffa per gli ex segretari (ossia noi).  Gli enti potrebbero (ed in molti casi saranno tentati di fare proprio così) utilizzare le capacità di spesa per coprire altri ruoli e lasciare quote marginali o marginalissime al dirigente apicale (all’uopo convenzionato senza limiti), che potrebbe essere assunto solo per “salvare la faccia”. In ogni caso, chi può scommettere che – proprio alla luce della giurisprudenza già formatasi –  nel dissidio tra l’obbligo di nomina del dirigente apicale e quello di rispettare i vincoli di spesa non prevalga proprio il secondo (anche alla luce dei vincoli europei e del rispetto del patto di stabilità)? Se già in presenza dell’art. 97 del TUEL e della tradizione che ad esso preesisteva, che faceva di quello di segreteria un ufficio assolutamente necessario in ogni comune, chi può escludere che questa decisiva tenaglia (abrogazione della figura del segretario e codificazione normativa espressa del fatto che l’assunzione del dirigente apicale deve sottostare ai vincoli di spesa) non rafforzerà le tesi più rigoriste? Tanto più che i dati testuali vanno sempre letti nel contesto del “vento che spira” e che non è certamente un vento favorevole alla figura apicale, in quanto chiara discendente del segretario comunale. Ossia, non sorprenderebbe affatto che il giudice, interpretando sistematicamente la norma, valorizzasse al massimo quell’incipit (“dei segretari comunali e provinciali: abolizione della figura”) che è troppo perentorio per non avere un peso. Così come non potrà non avere peso la “intenzione del legislatore” che pure è prevista come canone esegetico tipico dall’art. 12 delle preleggi e che nel caso di specie pare a tutti indiscutibile.  Per essere ancora più chiari, non sarà difficile ritenere le posticce aggiunte escogitate nell’emendamento 10.504/7 (testo 2), che saranno comunque soverchiate e rilette tutte alla stregua dell’imperativo e perentorio incipit del punto 4).  E’ quello il principio chiaro e di fondo, il resto sembra materia di contorno da leggere alla stregua di quel preciso comando….

6.       C’è poi la questione aperta (che interessa il circa il 70% delle sedi) che riguarda i comuni di minore dimensione demografica… Lì gli equivoci sono tanti. Si sta vedendo come procede a stento la questione delle gestioni associate…. Il richiamo all’art. 14 del DL. 78 è una iattura da non sottovalutare…. Inserirci in quel tritacarne significa esporci a rischi mortali. Lì siamo, in molti casi, alla paralisi. E poi chi assume? Le due forme di gestione associata note sono la convenzione (che non è un soggetto giuridico) e l’unione, presso il quale attualmente segretario ( e presumibilmente il dirigente apicale) è un soggetto di mero complemento, per di più chiamato a lavorare gratis…. Continuo a ripetere: sino ad oggi il problema non esiste perché ciascun comune (sotto i 5.000 abitanti) è già obbligato ad avere il segretario e la convenzione è solo uno strumento di organizzazione del servizio/funzione. Dopo l’emendamento 10.504/7 (testo 2) c’è il rischio di paralisi (come sta accadendo per le gestioni associate) perché nessun comune potrebbe voler prendere l’iniziativa per creare le onerosi condizioni per poter assumere un dirigente apicale…. Basta l’inerzia (come sta accadendo per le funzioni associate) per far saltare tutto.

7.       Poi c’è la questione del triennio entro il quale il conferimento dell’incarico è riservato agli ex iscritti all’albo dei segretari (che viene abolito anch’esso ovviamente) …. E’ vero che questa storia del triennio è legata all’analogo principio previsto in generale per la durata massima degli incarichi dirigenziali. Ma anche qui le perplessità non sono poche. Intanto la norma non parla testualmente di triennio ma di “un periodo non superiore a tre anni dall’entrata in vigore del decreto legislativo”. Ma non si può escludere l’amara sorpresa di periodi più brevi.

8.       Poi c’è la definitiva decapitazione della categoria che perde, di fatto, le sue sedi più prestigiose (capoluoghi di provincia e comuni con più di 100.000 abitanti) che, alla luce del trend disegnato dal legislatore, non faranno fatica ad agire a ruota libera. Lì la concorrenza sarà molteplice, non soltanto con i più “fidati” dirigenti locali, ma anche con chi non è parte del ruolo. E non si dica che in passato l’esperimento dei DG è fallito. Ora il contesto cambia radicalmente. Prima il segretario restava l’ufficio obbligatorio ed il DG una figura eventuale ed aggiuntiva (che comportava oneri anch’essi aggiuntivi). Ora il quadro è radicalmente mutato: il campo è libero (salvo vincoli di spesa che a quelle latitudini non son un problema anche perché a rigore lo scambio è alla pari: un ex segretario contro un non segretario.

9.       Ma, attenzione, un testo normativo non vale solo per quello che dice in termini testuali (e questo dice molto, forse anche troppo) ma anche del contesto in cui agisce e del modo come viene presentato.

10.    Il DDL 1577, quale che sarà la formulazione finale del punto 4) dell’art. 10, passa alla storia come quello che abolisce i segretari. Questa idea, dopo un anno di annunci e di discussioni, è già passata nella coscienza di tanti amministratori locali e nelle stesse istituzioni che si relazionano con i segretari. Come si dice spesso dei “mercati”, il sistema ha già “anticipato” o “scontato” la novità e dà per avvenuta l’eliminazione dei segretari, ormai considerata come una figura di scarto e di scarso peso… e qualsiasi zombie ne prenda il posto non potrà avere che una legittimazione più precaria di quella che potevano avere i segretari stessi, che almeno avevano dalla loro una tradizione ed una loro precisa identificabilità anche “nominalistica”. Del resto, quello che è accaduto negli ultimi dodici mesi (reformatio in peius, lavoro gratis ed a chiamata presso le unioni, questione diritti di rogito, e da ultimo la circolare Cimmino sulle convenzioni) la dice lunga di come il sistema stia già “liquidando” (se non definitivamente liquidato) i segretari. La sensazione è che così si assista solo ad una sorta di terminale accanimento terapeutico e di dissoluzione nell’acido della categoria.

11.    Ricordavo prima che le norme vanno lette non solo per il loro nudo dato testuale ma anche per la ratio che le ispira e per il contesto in cui impattano. A questo proposito sento molti (Ricciardi in testa, che ho visto attivissimo nelle chat su watsapp a scambiare battute ma meno solerte a rispondere alle questioni di sostanza) sostenere che la nostra situazione è perfettamente omologa a quella della dirigenza statale. E’ veramente così? Anche qui la rappresentazione che viene data a me pare sbagliata.

12.    La riforma ha una sua chiara ratio: ridurre il peso (inteso non solo in termini numerici quanto in termini di capacità di condizionamento dei procedimenti decisionali) degli apparati burocratici.

13.    Essa agisce tentando di rendere volatile il rapporto tra dirigente e struttura. Perché proprio in quell’incardinamento permanente consiste la vera forza della burocrazia, come ha ben illustrato, primo tra tutti, Max Weber. Ma le amministrazioni compatte (Stato e Regioni) offrono ai loro dirigenti delle piattaforme di appoggio salde e già date che sono gli “apparati” stessi. L’apparato (l’appartenenza all’apparato) costituisce un punto di forza, una rendita di posizione discriminante tra tutta la restante dirigenza pubblica ed i segretari. Questi, per una loro scelta storica scellerata, non hanno mai avuto (almeno dalla statizzazione in poi) un loro radicamento istituzionale. Essi sono gli unici ad essere “voltatili” per natura e per tradizione ormai inveterata.

14.    Allora, quell’ideale “mercato” della dirigenza di cui si favoleggia, che immagina trasmigrazioni ed esodi periodici e che sarebbe l’atout della riforma Madia, in realtà è una mistificazione o almeno una piccola “fictio”, scontrandosi frontalmente con i dati di realtà. Certamente essa accentuerà il tratto gregario della dirigenza pubblica, specie di quella di vertice, ma si scontrerà inevitabilmente con le oggettive resistenze e vischiosità degli apparati, i quali non potranno essere rovesciati come calzini ogni tre anni. Per cui, quella che si preannuncia e che in parte è stata già sperimentata, sarà la liturgia dei rinnovi degli incarichi, con qualche furbo e qualche ammanicato che farà scalata al posto più ambito o semplicemente più vicino a casa.

15.    Allora, questo mitizzato ruolo unico della dirigenza si risolverà, secondo la mia prospettiva (certo semplificando ma non troppo), in una sorta di grande gioco dei quattro cantoni… Sì quel vecchio gioco forse ignoto alla generazione COA e che non riguarda il presidente ANAC…. Come si sa, in quel gioco puerile di una volta, ci si scambia le parti, lasciando “in mezzo” il fesso della compagnia che inesorabilmente resta senza “cantone”…. I dirigenti delle amministrazioni “compatte” sono già piazzati nei loro comodi “cantoni” e, tranne casi patologici, lì resteranno, giocando semplicemente a scambiarsi i posti. Beh! In questo gioco è evidente che è svantaggiato chi parte “in mezzo” e noi, checché ce la vogliano raccontare diversamente, stiamo proprio lì in mezzo (senza alcun apparato di riferimento e di ancoraggio: questo il vero nostro tallone di Achille)…. Siamo, ancora una volta, i fessi della situazione….

 

Allora? Cosa fare? Vogliamo restare in mezzo, mentre gli altri giocano ridendo alle nostre spalle?

Io credo che, anche in linea con la linea tracciata dall’assemblea di venerdì, occorra chiedere con tutta la forza possibile e con tutta la compattezza possibile l’apertura di una serrata trattativa con le istituzioni, a partire dalla più alta.

L’emendamento 10.504/7 (testo 2) è una trappola clamorosa perché fiaccherà ed umilierà definitivamente questa categoria, lasciandola al termine del “triennio” di moratoria sfinita ed ulteriormente indebolita anche numericamente.

Si tratta di non giocare più con le parole: abolizione significa abolizione e come tale va affrontata e considerata. Illudersi di poter continuare è pericolosissimo. Ci aspetta la morte per dissoluzione e per inedia…. Lasciati veramente soli ed in mezzo alla strada. Finché siamo un buon gruppo ci possiamo almeno provare… Tra tre anni, sfiduciati, impastoiati nelle spire dei ritardi dei comuni, definitivamente delegittimati, saremo allo stremo più di oggi… e non avremo altro da fare che arrenderci.

 

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