05.06.2015 – Blocco dei contratti, una bocciatura costituzionale può costare fino al 35 miliardi

Blocco dei contratti, una bocciatura costituzionale può costare fino al 35 miliardi

di Davide Colombo e Marco Rogari

Oltre due punti di Pil (35 miliardi) per il blocco dei contratti pubblici nel periodo 2010-2015, con un “effetto strutturale” di circa 13 miliardi annui dal 2016. Arriva come una bomba a orologeria la stima d’impatto contenuta nella memoria difensiva dell’Avvocatura dello Stato contro le due ordinanze che la Consulta esaminerà nell’udienza del 23 giugno.

I calcoli

Le cifre, anticipate dall’Ansa, sono contenute in un documento firmato dall’avvocato Vincenzo Rago, un testo in cui la stima è riferita agli articoli 81 e 97 della Costituzione. Tanto costerebbe la dichiarazione di incostituzionalità delle norme previste in due decreti (articolo 9 del Dl 78/2010 e articolo 16 del Dl 98/2011) che per fronteggiare l’emergenza finanziaria hanno sospeso i rinnovi contrattuali. Le misure contestate da una serie di sigle sindacali del pubblico impiego (Flp, Fialp, Gilda-Unams, Confedir e Cse la prima ordinanza; Confsal-Unsa la seconda) riguardano oltre il blocco dei contratti anche lo stop ai trattamenti accessori, le progressioni di carriera e la vacanza contrattuale. Si contesta la lunghezza del periodo di blocco che è superiore al biennio, un intervallo che in passato era stato giudicato “congruo” dalla Corte.

Il precedente

Il giudice relatore della causa sarà Silvana Sciarra, la stessa della causa sul blocco delle perequazioni delle pensioni per il biennio 2012-2013 che la Corte ha giudicato incostituzionale con la sentenza n. 70 del 30 aprile scorso. Una sentenza che ha fatto molto discutere e imposto al Governo di correre ai ripari con un decreto del valore di 2,18 miliardi per l’anno in corso e 500 milioni a decorrere dal 2016. Su quella sentenza la Corte si divise. Che cosa succederà ora, si sono chiesti tutti i sindacati che hanno immediatamente contestato la portata delle cifre fatte trapelare. La Corte, per altro, continua a funzionare con un due membri in meno sui 15 previsti e prima del 23 giugno, ovvero giovedì prossimo 11 giugno, il Parlamento si riunirà in seduta comune proprio per l’elezione dei due giudici. In caso di intesa sui nomi e di elezione, bisognerà vedere se ci saranno i tempi tecnici per la verifica titoli, il giuramento e l’ingresso nel collegio, la cui composizione sarebbe a quel punto diversa da quella che deciso sulle pensioni.

La polemica

Le cifre indicate dall’Avvocatura, come si diceva, non sono credibili per i sindacati che le bollano come strumentali: «milioni di lavoratori pubblici si aspettano giustizia dalla sentenza della Corte costituzionale ma sanno benissimo che è il governo a tenere fermi i contratti», scrivono in una nota unitaria Rossana Dettori, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Benedetto Attili – segretari generali di Fp-Cgil Cisl-Fp Uil-Fpl e Uil-Pa. Tra l’altro la Cgil ha impugnato a sua volta il blocco dei contratti della scuola dal 2011 al 2015 davanti a un giudice del lavoro di Roma e la prima udienza è fissata il 24 giugno. La pronuncia della Consulta sul blocco della contrattazione avrà sicuramente delle ricadute politiche anche sul cammino alla Camera della riforma Pa.

Intanto la riforma…

Anche perché uno dei capitoli più delicati della Ddl delega targato Madia è proprio quello che interviene sul Testo unico del pubblico impiego. Del resto, quella sulla riorganizzazione degli statali, a partire dalla dirigenza, è una delle partite più attese nel passaggio a Montecitorio del testo. Che ha già ricevuto il primo via libera del Senato ma che a palazzo Madama dovrà comunque tornare per l’ok finale a causa dei ritocchi in arrivo alla Camera. Conclusa la tornata di audizioni, non senza critiche al testo come quelle espresse dalla Corte dei conti, la discussione in commissione Affari costituzionali si accinge ad entrare nel vivo. Il termine per la presentazione degli emendamenti da parte dei gruppi parlamentari è stato fissato per martedì 9 giugno. Un vincolo che naturalmente non vale per il relatore, Ernesto Carbone (Pd) e per il Governo. La aree destinate al restyling sono già state individuate: dirigenza pubblica, prefetti, corpo Forestale, cittadinanza digitale. Ma altri temi potrebbero diventare caldi, come le partecipate, i servizi pubblici locali, le camere di commercio e la nuova governance Inps. La discussione generale in Aula è stata calendarizzata per il 22 giugno. Ma i tempi potrebbero allungarsi. Anche perché l’opposizione ha già annunciato battaglia. Con il direttivo di Forza Italia che ha deciso di votare contro il Ddl, definito inaccettabile.

 

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