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Riflessioni sui diritti di rogito e compartecipazione dei segretari comunali e provinciali

(prima parte)

di Francesco Colacicco 

Segretario/direttore generale a r. della Provincia di Roma

 

1.1. I diritti di rogito e di segreteria1. La disciplina vigente 

La compartecipazione al gettito dei diritti di rogito, riscossi per gli atti e i contratti ricevuti dal segretario, è stata, in modo puntuale e organico, disciplinata dall’art. 41, comma 4, della legge 11.7.1980, n. 312 (1).

La norma individua, con sequenza e chiare disposizioni, la parte del gettito da destinare a riparto nonché il soggetto avente titolo a parteciparvi e determina, con riferimento a differenti parametri, la quota percentuale, che al medesimo va liquidata, e quella massima, che gli va attribuita.

Essa conserva, pure oggi, l’efficacia di una volta, dal momento che la contrattazione collettiva, cui l’ordinamento riserva competenza esclusiva in materia, si è limitata, sia pure implicitamente, a tenere in vita l’istituto nella sua originaria configurazione. Il C.c.n.l. 16.5.2001 vi fa cenno, come noto, solo per collocare i diritti di segreteria tra le attribuzioni patrimoniali fisse, che compongono la struttura della retribuzione dei segretari, e quando dispone che, “per il calcolo del compenso dei diritti di segreteria”, la retribuzione di risultato non è da ricomprendersi nell’insieme delle voci che costituiscono lo stipendio o il trattamento economico del segretario (art. 37, comma 3).

Il trattamento economico dei segretari comunali e provinciali, al pari di quello giuridico, è regolato, secondo il d.lgs. 30.3.2001, n. 165, dalla contrattazione collettiva (2). In conseguenza di ciò, sono disapplicati gli istituti non disciplinati dagli accordi collettivi, mentre le disposizioni di legge, che attribuiscono miglioramenti economici, cessano di produrre effetti dal momento dell’entrata in vigore della disciplina pattizia. Quando questa, però, è carente e incompleta, come nel caso dei diritti di segreteria, è da ritenersi possa sopperirvisi con l’applicazione della precedente normativa pubblicistica (3). 

La sostanziale reviviscenza di quella disciplina scaturisce, dunque, dalla circostanza che il contratto collettivo nulla dispone con riguardo al modo in cui deve essere ripartito il provento e calcolata la quota di competenza del segretario. Questo silenzio viene, difatti, interpretato alla stregua di un rinvio alle disposizioni di legge, che continuano così a produrre effetti non più per rango legislativo bensì per rango contrattuale (4).

L’analisi delle espressioni utilizzate per la costruzione della norma, oltre a ribadirne la portata, può contribuire a meglio intendersi sul significato effettivo delle parole e sul reale contenuto della norma stessa, al fine di riconfermare e attualizzare il vigore della relativa lettura. Che è poi la lettura che ne è stata data, nel tempo, e che, nel tempo, si è come consolidata, essendo, con ogni evidenza, conforme all’intenzione del legislatore. Questo rinnovato sforzo esegetico si impone a maggior ragione dal momento che quella interpretazione, oggi, viene, in qualche misura, messa in dubbio da logiche di natura economico-finanziaria, che perseguono obiettivi di sostanziale equilibrio di conti pubblici, ma, non per questo, acquistano la necessaria pertinenza al caso e diventano, di conseguenza, comprensibili e condivisibili.

Il legislatore, al momento del ripristino della compartecipazione da parte del segretario al gettito dei diritti in argomento, non può non aver pensato di aver a propria disposizione due soluzioni: la prima, quella di far rivivere la precedente disciplina, che, negli anni ma in tempi diversi, aveva regolato l’istituto nei confronti della categoria (5) e di parte di questa (6), o, con l’altra, quella di introdurre, come in effetti avvenuto, una disciplina nuova, innovativa del sistema, che tenesse soprattutto conto del grado di responsabilità, cui il segretario va incontro allorché viene chiamato a svolgere le funzioni di ufficiale rogante.

E proprio da questa funzione traggono comunemente il nome i diritti, per l’appunto di rogito, che, come è evidente, costituiscono una particolare figura di quelli di segreteria. Essi gravano sugli atti e sui contratti ricevuti dal segretario e sono a carico, esclusivamente, della controparte negli importi di cui alla tabella D (nn. da 1 a 5) allegata alla legge 8.6.1962, n. 604.

I diritti di rogito rientrano nell’ambito dell’ampio genus dei diritti di segreteria e sono, più specificatamente, i proventi derivanti dalla stipulazione in forma pubblica amministrativa dei contratti; anche essi, al pari dei diritti di segreteria in generale, vanno corrisposti a fronte di una attività amministrativa portata a compimento dall’ente nell’esercizio delle sue funzioni di diritto pubblico e hanno natura tributaria. Il relativo gettito è, prima di ogni cosa, ripartito tra l’ente (90%) e il Ministero dell’interno (10%), per la successiva assegnazione al “Dipartimento per gli Affari interni e territoriali”, subentrato all’Ages nella gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali (7), e quindi, in parte, devoluto al segretario rogante.

I diritti, in quanto tasse a tutti gli effetti (8) correlate alla fruizione di un servizio ovvero allo svolgimento di una attività istituzionale di assistenza apprestati dall’ente a favore di chi ne faccia richiesta o ne tragga, per qualche verso, vantaggio, debbono essere versati anche per gli atti e i contratti (scritture private non autenticate, quali possono essere anche le concessioni cimiteriali, ecc.), conclusi senza l’intervento del segretario, non prevedendo il contrario nessuna delle disposizioni in vigore. Peraltro, dell’intervento del segretario, quale presupposto essenziale per la riscossione dei diritti, non si rinviene traccia alcuna, oltre che nella legge, nemmeno nell’“elenco descrittivo delle tasse e degli emolumenti che i comuni e le province sono autorizzati a esigere per la spedizione degli atti infradescritti” (rubrica tab. D), vale a dire quando, per l’appunto, disbrigano atti o rilasciano documenti. Non può, difatti, negarsi che, anche per i contratti conclusi mediante scrittura privata non autenticata, l’ente, per il tramite degli uffici preposti, appresta, nel corso del relativo procedimento, a favore della controparte attività di assistenza e servizio di documentazione, che, a ben vedere, non sono molto dissimili dagli adempimenti messi in atto per la procedura preordinata alla stipulazione per rogito del segretario.

Questa conclusione trova indiretta conferma nel punto 2) delle “norme speciali” (9), riportate in calce alla detta tabella D), ove è espressamente statuito che, nel caso in cui in un contratto (non vi si fa riferimento alle modalità di stipulazione) si costituisca una pluralità di soggetti, solo tra costoro, e in proporzione ai rispettivi interessi, vanno ripartiti i diritti di segreteria. Il presupposto impositivo è dunque costituito esclusivamente dall’attività istituzionale o dal servizio reso, intervenga o non l’ufficiale rogante.

Ciò è, oltretutto, avvalorato dal fatto che i diritti sono dovuti “sul valore delle stipulazioni” (n. 4 tab. D) e non sul valore dei rogiti, là dove, per stipulazione, deve intendersi l’atto dello stipulare, cioè del concludere un contratto o, in senso più vasto, del formalizzare un’obbligazione e dar vita a un negozio giuridico bilaterale o plurilaterale. E può intendersi anche il contratto stesso. 

È una categoria giuridica, questa della stipulazione, che comprende tutti i contratti quale che sia la forma con cui vengono perfezionati, quindi tanto quelli conclusi mediante scrittura privata non autenticata quanto quelli conclusi per ministero o rogito del segretario.

Peraltro competenti a concludere i contratti di qualsiasi tipo, per conto dell’ente (rappresentato), sono i dirigenti e i responsabili degli uffici o dei servizi, cui sono attribuiti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dagli organi di governo e in particolare, tra gli altri, quello della stipulazione dei contratti, in conformità all’art. 107, comma 3,lett. c) (10), e all’art. 109, comma 2, del t.u.e.l. (11). 

Ufficiale stipulante è, difatti, colui che conclude con un altro una stipulazione o un contratto. Il segretario, viceversa, è ufficiale rogante, vale a dire colui che, richiesto, è tenuto a ricevere i contratti nei quali l’ente è parte e ad autenticare le scritture private e gli atti, nei quali l’ente stesso abbia interesse (12). 

Il gettito dei diritti per i contratti conclusi senza l’intervento del segretario, unitamente a quelli dovuti per il rilascio degli atti e dei certificati indicati nella citata tabella D, sono ripartiti tra ente e Ministero dell’Interno, nella percentuale rispettivamente del 90 per cento e del 10 per cento, secondo quanto previsto dall’art. 27, comma 8, della legge 26.4.1983 n. 131. 

Nulla della quota loro spettante può essere attribuita dagli enti al segretario. 

Come già detto, esclusivamente la controparte è tenuta a corrispondere i diritti, non importa se di segreteria o di rogito, poiché è impensabile e, persino, giuridicamente impossibile che i comuni e le province assumano a proprio carico e paghino a se stessi propri tributi in luogo di chi abbia richiesto o fruito di attività istituzionali. Di tali diritti, oltretutto, non è consentito disporre in alcun modo, giacché, come per la istituzione, è solo la legge che può autorizzarne la riduzione, l’esenzione (13) o la soppressione, in applicazione dei principi di legalità e tassatività, cui deve improntarsi la gestione complessiva di ogni tributo (14). Sulla effettiva natura di questi diritti non incide nemmeno il fatto che la legge, nel riferirsi all’entità del riscosso, la qualifichi non come avrebbe dovuto (“gettito”) ma come “provento”, dal momento che il termine usato “è neutro e si adatta anche a indicare il gettito di un tributo correlato a una specifica attività della pubblica amministrazione” (15).

2. Il segretario rogante

L’art. 41, comma 4, della legge 312/1980 individua, come anticipato, nel segretario rogante l’unico soggetto cui spettano quote dei diritti di rogito, poiché soltanto il segretario, per l’ordinamento vigente, è legittimato ad attribuire fede pubblica e valore probatorio ai contratti e agli atti riguardanti l’ente e a compartecipare, di conseguenza, al gettito di quelli. È, come noto, l’art. 97, comma 4, lett. c), del t.u.e.l. la fonte della relativa potestà, che pone appunto la funzione rogatoria in capo al segretario comunale e provinciale, che la svolge quando gliene venga fatta richiesta. 

Questa appena citata è una norma, che rientra nel novero di quelle cosiddette di competenza, tali perché, per la loro natura, fanno sorgere un rapporto diretto, in termini di efficacia, tra determinati soggetti e determinati atti, a tal punto che la semplice inosservanza comporta, quale immediata e irrimediabile conseguenza/sanzione, l’inefficacia o la nullità dell’atto. Il quale atto, pertanto, è, in punto di diritto, inesistente alla stregua di uno che non sia stato mai adottato o che non sia mai venuto in vita, perché posto in essere da soggetto privo della specifica e indispensabile competenza.

L’esercizio di quella funzione costituisce, per il segretario, un preciso obbligo di legge e un irrinunciabile compito istituzionale e non una mera facoltà da attivare a discrezione. Egli, il segretario, non è libero, per qualsivoglia ragione, di esimersi dal prestare la propria opera, dal momento che solo il suo intervento fa dispiegare, agli atti dell’ente, i previsti effetti giuridici (16).

La legge gli conferisce, difatti, la legittimazione a rogare i contratti dell’amministrazione in cui opera, per le finalità sopra indicate e non già come riconoscimento di una libera facoltà di ricevere o meno i detti contratti. E, nell’ampliargli la sfera delle competenze, gli arricchisce anche la qualifica professionale, attribuendogli l’irrinunciabile appellativo di “segretario […] rogante”. In tal modo, il segretario svolge attività cosiddetta di pubblica certificazione, rientrante, non nei suoi doveri di ufficio – se così fosse avrebbe titolo ad accampare un vero e proprio diritto-dovere all’esercizio di quella funzione –, ma solo nei compiti, che l’ordinamento gli assegna e che, perciò, è tenuto a svolgere nelle veste, indiscussa, di “notaio” dell’ente.

Quella del rogare si atteggia, dunque, come una competenza esclusiva del segretario, che, oltretutto, attende anche alla formazione di atti di varia e diversa natura, che, in buona sostanza, attengono tutti all’esercizio della sua particolare funzione, in quanto titolare dell’ufficio che si occupa, in senso lato, dell’attività contrattuale dell’ente, e costituiscono indubbiamente adempimenti necessari nell’ambito del procedimento contrattuale. È quindi evidente e innegabile come il legislatore, con l’aggettivo “rogante”, abbia voluto, sinteticamente ed espressamente, indicare la funzione essenziale svolta dal segretario, quando riceve i contratti dell’ente.

Le considerazioni, che precedono, traggono la propria ragion d’essere dal particolare rapporto che, legando il comune e la provincia al proprio segretario, rileva quale presupposto indispensabile per l’espletamento di quelle mansioni, nonché per l’attribuzione pro-quota dei diritti di rogito.

2.1. I sostituti del segretario rogante

Oltre che al segretario, a nessun’altra figura professionale presente nell’ente possono, quindi, essere attribuiti quei compiti, sempre che non sia diversamente previsto. Possono, tuttavia, essere svolti da altro segretario, all’uopo incaricato della supplenza o della reggenza, rispettivamente quando il titolare della sede sia assente o impedito ovvero quando la sede stessa sia vacante.

Inoltre, secondo da quanto disposto dal t.u.e.l., nel regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi può essere prevista la figura di un vicesegretario, che, oltre a coadiuvare il segretario, ne svolge le funzioni in caso di assenza o di impedimento ed anche quando il posto sia privo di titolare (17). L’ente, al limite, potrebbe anche avere più vicesegretari ma uno solo di essi può essere il vicario, vale a dire quello che, all’occorrenza, potrà essere chiamato a svolgere le funzioni di segretario. Una pluralità di soggetti con identica qualifica professionale è considerata ammissibile, pur in assenza di una espressa favorevole disposizione legislativa, posto che la disciplina della materia rientra sicuramente nell’ambito dell’autonomia organizzativa dell’ente (18). Quando ciò accade, il provvedimento di incardinazione nelle funzioni deve individuare il vicesegretario cui spetta sostituire il segretario. Proprio come molto giustamente prevede il C.c.n.l. del personale del Comparto regioni-autonomie locali 9.5.2006, secondo cui “il vicesegretario è unico ed è l’unico legittimato a sostituire il segretario nel rogito degli atti laddove quest’ultimo sia assente o impedito” (art. 11, comma 4).

Ma unico non può stare a significare lo stesso soggetto, per sempre; in un ente, come in qualsiasi organizzazione, non possono coesistere due figure con compiti identici e con pari qualifica. Tuttavia, nulla impedisce che, nel tempo e anche nel corso dell’anno, il titolare di una determinata funzione cambi per una molteplicità di ragioni (collocamento a riposo, dimissioni, revoca dell’incarico, destituzione, trasferimento, ecc.) o si assenti.

Ciò accade per il segretario ma può accadere anche per il vicesegretario vicario.

In siffatte circostanze, decisamente fisiologiche in qualsiasi rapporto di lavoro, nessuno può immaginare né tanto meno impedire che, se chiamati a esercitare la funzione di ufficiale rogante in luogo del titolare, i sostituti, quale che sia il numero, non abbiano titolo a percepire per intero quote dei diritti riscossi; il relativo gettito, costituendo entrata a specifica destinazione, non può essere, difatti, acquisito, per intero, al bilancio dell’ente ma solo per la parte non soggetta a riparto, perché riservata all’ente (25% del 90%), e per quella che eccede il terzo pieno dello stipendio in godimento.

Il vicesegretario sostituisce il segretario e ne assume tutte le funzioni in maniera originaria, automaticamente al verificarsi delle condizioni, cui fa riferimento quella norma, senza che vi sia bisogno di apposito provvedimento di formalizzazione dell’incarico.

A questo fine, è essenziale che, al momento della sostituzione, risulti conferita, a un dipendente dell’ente in possesso dei requisiti, la qualifica di “vicario”; questo fatto rileva, ovviamente, come mezzo per l’individualizzazione del soggetto cui l’ordinamento intesta quelle determinate funzioni, il cui esercizio è da ritenersi non possa essere assoggettato a limitazioni o condizionamenti di sorta. 

Se ne deve dedurre che, allorquando nella struttura sia presente la figura del vicesegretario vicario, non si possa legittimamente provvedere alla supplenza o alla reggenza, con lo scavalco o con segretari in disponibilità, a maggior ragione se solo per ricevere i contratti e gli atti, nei quali l’ente è parte o ha interesse. Si avrebbe, in siffatte ipotesi, l’evidente e sostanziale disapplicazione di una norma regolamentare con atti di diversa e comunque non pari valenza giuridica, con qualche probabile riverbero, non proprio positivo, sulla regolarità dell’attività svolta.

Quali che siano le modalità di attribuzione di quelle funzioni, il rapporto con l’ente del supplente o del reggente non coinvolge minimamente la persona del segretario. In particolare, quest’ultimo non può conferire ad altri l’esercizio di nessuna delle sue funzioni, essenzialmente perché né l’art. 97 del t.u.e.l. né altre disposizioni di legge gli consentono di trasferirlo, in via temporanea, ad altro organo; quel particolare potere non rientra, difatti, nella sfera delle sue attribuzioni.

Ciò è ancora più evidente con riguardo alla capacità rogatoria e al potere certificante; con le locuzioni usate (“può rogare […] ed autenticare”), la legge gli ha riconosciuto, non un vero e proprio diritto, ma esclusivamente, come già detto, la legittimazione a ricevere e attribuire fede pubblica agli atti, per i quali gli venga fatta richiesta dall’amministrazione.Il segretario è dunque titolare di quella specifica funzione ma l’ente, in cui opera, è, in pari tempo, libero di avvalersene come di ricorrere, per i propri contratti, al ministero di un notaio (19). È a tutti noto che non si rinviene, nel vigente ordinamento, una norma che, nell’attribuire al segretario la funzione di che trattasi, deroghi a quelle sul notariato. È quindi giuridicamente impossibile al segretario demandare, ad altre figure all’interno dell’ente o a un notaio, il rogito di atti, anche quando l’adempimento fosse dettato da situazioni di autentica emergenza. In particolare, i suoi sostituti (vicesegretario, segretario in disponibilità o segretario a scavalco), se chiamati, agiscono nella pienezza di quelle funzioni, proprio come se fossero legati all’ente da un vero e proprio rapporto di servizio, a nulla rilevando la precarietà dell’incarico sotteso.

In conclusione, segretario “rogante” è chi in effetti provvede al rogito, a prescindere dalla natura del rapporto che lo lega all’ente; può essere, ovviamente, lo stesso titolare della sede quanto chi lo sostituisce. A chi rende le prestazioni, vanno corrisposte per intero le quote dei diritti di rogito, a prescindere dal numero dei soggetti che, in un medesimo ente ed in tempi diversi e susseguenti, vi attendono. Poiché ciò non dà luogo, dopotutto, ad illegittimi esborsi di somme per compensi non dovuti, sarebbe difficile condividere l’opinione di chi eventualmente ritenesse di potervi scorgere una qualche irregolarità.

Ai fenomeni anomali, quando in realtà si registrano, si può e si deve porre rimedio con gli strumenti, messi a disposizione dall’ordinamento. Al contrario, non giova a nulla e a nessuno stravolgere l’assetto normativo di un istituto, perseguendone una sostanziale manipolazione, con argomentazioni per niente appaganti e con una interpretazione di principi e regole incoerente e in netto contrasto con quella che, nel tempo, ha ricevuto adeguato sostegno dalla giurisprudenza e dalla dottrina.

2.2. Il vicesegretario vicario

L’ordinamento, s’è visto, appresta, per comuni e province, idoneo strumento per garantire, in piena autonomia, lo svolgimento delle funzioni facenti capo al segretario, ogni qualvolta se ne ravvisi la necessità. E lo fa alla ricordata condizione che vuole si preveda, con apposita disposizione regolamentare, la figura del vicesegretario vicario.

In presenza di più vicesegretari, la cosiddetta vicaria deve essere conferita a uno solo di essi. Il quale va così a ricoprire una carica con quelle particolari funzioni, che, tuttavia, non lo colloca, automaticamente, in un posto o in una posizione a se stante nell’ambito dell’organizzazione dell’ente (20).

Nulla peraltro sembra impedire che, a quella specifica previsione regolamentare, si faccia seguito con la istituzione del posto (di vicesegretario vicario). Al titolare debbono però essere assegnati anche altri compiti, dal momento che la posizione giuridica del segretario e del vicesegretario comporta, evidentemente, doveri diversi e differenti funzioni nonché uno status distinto. In ogni caso, al vicesegretario, giammai possono essere attribuite mansioni di rilevanza pari o superiori a quelle del segretario, se è vero che solo a costui compete la sovraintendenza allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti, tra i quali va compreso lo stesso vicesegretario, e il coordinamento delle relative attività, quando manchi o non sia stato nominato il direttore generale. Se è poi anche vero che, a quest’ultimo, rispondono, nell’esercizio delle funzioni a ciascuno assegnate, i dirigenti dell’ente e, naturalmente, anche lo stesso vicesegretario; e che, viceversa, i rapporti tra il segretario e il direttore generale sono di sostanziale equiordinazione, trattandosi di figure con funzioni diverse e con pari dignità. In relazione a ciò la legge fa obbligo, al sindaco e al presidente della provincia, di disciplinare i relativi rapporti (21). Ove non sia diversamente previsto, la funzione vicaria ben può essere conferita dal sindaco e dal presidente della provincia in coerenza e nell’esercizio del potere loro riconosciuto per la nomina del segretario. In assenza di norme che ne rendano obbligatoria la disciplina, l’autonomia organizzativa degli enti non incontra, in materia, limiti di sorta, per cui, in particolare per l’accesso alla qualifica, si può tranquillamente fare a meno di indicare i requisiti da possedersi. I quali requisiti, in quanto qualità fondamentali della persona, non potrebbero, però, che essere quegli stessi prescritti per le assunzioni alle dipendenze degli enti pubblici.

Il titolare della posizione può essere individuato ratione officii, perché, appunto, assicuri il servizio in luogo o in mancanza del titolare dell’ufficio. La funzione vicaria, che, per la sua intrinseca natura, si caratterizza per l’evidente precarietà anche del relativo esercizio, va affidata a un dipendente, che, in seno alla struttura, rivesta in via ordinaria una propria qualifica. Egli non può, per questo, esercitarla (la funzione) autonomamente né in concorrenza con il segretario.

Oltretutto, l’attribuzione e l’esercizio delle funzioni vicarie non danno titolo all’acquisizione definitiva della qualifica del soggetto sostituito, per gli stessi motivi per cui il Presidente del Senato è, e resta, tale anche nel tempo in cui esercita le funzioni di Presidente della Repubblica (art. 86 Cost.).

La varietà dei compiti, pur non potendo presupporre che lo stato giuridico del vicesegretario sia identico o affine a quello del segretario, richiede, indubbiamente, che vi sia una sostanziale analogia tra le professionalità. Per questa ragione, si è ritenuto che il vicesegretario debba essere in possesso di uno dei titoli di studio (laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o in scienze politiche) richiesti per l’accesso alla carriera di segretario comunale, all’evidente scopo di assicurare la continuità nell’espletamento delle funzioni di segretario (22). Rimane da dimostrare cosa accadrebbe se, nel regolamento, di ciò non si facesse menzione.

Anteriormente all’entrata in vigore della vigente riforma, potevano essere nominati vicesegretario provinciale soltanto soggetti provvisti di laurea (23). Prima che i relativi esami fossero aboliti dalla legge 8.6.1962, n. 604, per la nomina a vicesegretario comunale veniva, invece, richiesto il diploma di abilitazione alle funzioni di segretario comunale. È pertanto auspicabile che il vuoto normativo attuale venga colmato in sede di rinnovi contrattuali all’ovvio fine di garantire e soddisfare quelle esigenze. E ciò è possibile solo prescrivendo, per la nomina a vicesegretario di comuni e province, il possesso dei diplomi di laurea richiesti per l’accesso alla carriera di segretario comunale.

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(1) “Dal 1 gennaio 1979, una quota del provento spettante al comune o alla provincia ai sensi dell’art. 30, secondo comma, della legge 18 novembre 1973, n. 734, per gli atti di cui ai nn. 1, 2, 3, 4 e 5 della tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604, è attribuita al segretario comunale e provinciale rogante, in misura pari al 75% e fino a un massimo di un terzo dello stipendio in godimento”.

(2) “Restano ferme le disposizioni di cui al titolo IV, capo II del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, riguardanti i segretari comunali e provinciali, e alla legge 7 marzo 1986, n. 65 – esclusi gli articoli 10 e 13 – sull’ordinamento della Polizia municipale. Per il personale disciplinato dalla stessa legge 7 marzo 1986, n. 65 il trattamento economico e normativo è definito nei contratti collettivi previsti dal presente decreto, nonché, per i segretari comunali e provinciali, dall’art. 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465” (art. 70, comma 2).

(3) Corte dei conti, sezione di controllo per la Regione Sardegna, delibera n. 27/2012/PAR 27.3.2012. Per la sezione, alla ripartizione della quota dei diritti di rogito spettante all’amministrazione si provvede nei modi di cui all’art. 41, quarto comma, della legge 312/1980. Però, “nonostante tale ultima norma sia stata abrogata a seguito dell’intervenuta contrattualizzazione della materia […], essa per unanime interpretazione sopravvive a livello applicativo con riferimento alle modalità di ripartizione dei diritti di rogito tra amministrazione e segretario. Ciò in conseguenza dell’implicito richiamo a essa effettuato dall’art. 37 del C.c.n.l. 16.5.2001 dei segretari comunali e provinciali, che indica appunto i diritti di segreteria tra le componenti della retribuzione del segretario”.

(4) Per approfondimento, v. Colacicco F., Diritti di segreteria e di rogito, Maggioli Editore, Rimini, 2009, pp. 39 e 40.

(5) Art. 40, comma 4, legge 604/1962 “la quota massima dei diritti di segreteria annualmente spettante ai segretari comunali e provinciali è commisurata al 22 per cento dello stipendio e al 35 per cento degli assegni per carichi di famiglia percepiti dai segretari stessi”.

(6) Art. 27 d.P.R. 749/1972 “la quota massima dei diritti di segreteria annualmente spettante ai segretari comunali titolari o reggenti della sede è commisurata ad un terzo dello stipendio e degli assegni per carichi di famiglia percepiti dagli stessi” (comma 2). “Nessuna quota di diritti di segreteria compete ai segretari ai quali è esteso il trattamento economico previsto per i dirigenti delle amministrazioni dello Stato” (comma 5).

(7) Ministero dell’interno – Albo nazionale dei segretari comunali e provinciali, circolare n. 10572 (P) del 18.3.2013 “Aggiornamento istruzioni relative al versamento dei diritti di segreteria ecc.”.

(8) Sulla natura tributaria cfr. Corte costituzionale 4.4.1990, n. 156.

(9) “Qualora in un solo contratto intervengano più persone l’ammontare dei diritti di segreteria dovuti in relazione al valore complessivo del contratto è ripartito fra gli interessati in proporzione del rispettivo interesse”.

(10) “3. Sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i quali, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente: c) la stipulazione di contratti”.

(11) “2. Nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all’articolo 107, commi 2 e 3, […] possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga ad ogni altra diversa disposizione”.

(12) “omissis. Il segretario inoltre: c) può rogare tutti i contratti nei quali l’ente è parte ed autenticare scritture private ed atti unilaterali nell’interesse dell’ente” (art. 97, comma 4, lett. c), t.u.e.l.).

(13) “Nei contratti non si può convenire esenzione da qualsiasi specie di imposte o tasse vigenti all’epoca della loro stipulazione” (art. 49, r.d. 23.5.1924, n. 827).

(14) Lucca M., La funzione rogatoria del segretario comunale, CEL, Gorle (BG), 2003, pp. 16, 17, 295 e ss.

(15) Corte costituzionale n. 156/1990 cit.

(16) Cons. Stato, sez. IV, 13.2.1989, n. 79: “La funzione rogante dei segretari comunali può essere esercitata nei limiti tassativamente indicati dall’art. 87 t.u. 3 marzo 1934 n. 383 e si configura come obbligatoria per il solo segretario comunale che, in ragione del rapporto di servizio che lo lega all’amministrazione comunale, è tenuto a prestarla qualora essa venga richiesta; è, pertanto, legittima la deliberazione comunale che stabilisce di conferire a un notaio la redazione di una transazione, attesa la complessità dell’atto da porre in essere”.

(17) Art. 97 t.u.e.l. “Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere un vicesegretario per coadiuvare il segretario e sostituirlo nei casi di vacanza, assenza o impedimento” (comma 5).

(18) TAR Lazio, sez. II, 3.7.1992, 1566: “Per la previsione di più figure di vicesegretario generale con funzioni di coadiuzione e sostituzione del segretario non è necessario alcun preventivo intervento del legislatore, essendo la materia interamente devoluta all’autonomia dell’ente locale”.

(19) Cons. Stato, sez. IV, n. 79/1989 cit.: “L’art. 89, t.u.l.c.p. (r.d. 3 marzo 1934 n. 383), che prevede le ipotesi contrattuali rogabili dal segretario comunale, non configura un obbligo dell’amministrazione comunale di avvalersi sempre e necessariamente dell’attività del predetto funzionario, allorquando si versi in ipotesi di esercizio consentito dalla funzione rogante, ma configura, di contro, una mera facoltà; legittimamente, pertanto, l’autorità comunale può, opportunamente motivando la propria scelta discrezionale, affidare l’incarico di stipulare un contratto d’interesse del comune a un ufficiale rogante esterno, quale istituzionalmente è il notaio”.

(20) TAR Sicilia, Catania, sez. III, 5.4.1994, n. 490: “Quella del vicesegretario, che è figura organica agli enti con funzioni di natura esclusivamente vicaria, è una carica, che non costituisce una autonoma posizione di inquadramento ma rileva quale funzione esplicata di norma dal dirigente di una struttura di massima dimensione dell’ente”.

(21) Art. 97 t.u.e.l. “Il sindaco e il presidente della provincia, ove si avvalgano della facoltà prevista dal comma 1 dell’articolo 108, contestualmente al provvedimento di nomina del direttore generale disciplinano, secondo l’ordinamento dell’ente e nel rispetto dei loro distinti ed autonomi ruoli, i rapporti tra il segretario e il vicesegretario” (comma 3).

(22) TAR Lazio, sez. II, 19.2.1997, n. 338. “nell’ambito del riassetto ordinamentale degli enti locali […], si è voluta garantire la continuità nell’espletamento delle funzioni di segretario comunale, non solo ai casi di assenza o di impedimento del titolare (della sede), ma anche qualora ricorra l’ipotesi di un suo trasferimento ad altra sede o di cessazione dal servizio o dall’incarico, cosa (quella) che è possibile solamente per il tramite della figura del vicesegretario all’interno dell’ente locale, che abbia identici requisiti e analoga professionalità, assicurata dalle disposizioni regolamentari dell’ente, alle quali è fatto obbligo di prevedere la corrispondente figura professionale e i relativi requisiti”.

(23) Art. 222 t.u.l.c.p. 3.3.1934, n. 383: “Per la nomina a vicesegretario provinciale è richiesta la laurea in giurisprudenza o ad altra riconosciuta equipollente agli effetti dell’ammissione ai concorsi per le carriere amministrative dello Stato” (comma 1).

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