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Si applica la riforma dell’articolo 18 al pubblico impiego?

Inserito il 6 dicembre 2015
 
 

La questione riguarda tre milioni di lavoratori pubblici italiani: si applicano a loro le disposizioni normative di cui all’articolo 3 decreto legislativo n. 23 del 4 marzo 2015 (vedi qui) che hanno sostituito l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (Legge 300/1970 – vedi qui)? La norma in questione ha introdotto la facoltà del giudice di dichiarare estinto il rapporto di lavoro con la condanna del datore di lavoro al solo pagamento di un’indennità. Tale facoltà del giudice, peraltro, é preclusa nei casi in cui il giudice accerti che il licenziamento sia avvenuto con atto discriminatorio e/o senza giustificato motivo oggettivo e soggettivo o per giusta causa, con successivo ordine di reintegro del lavoratore licenziato.

Sulla questione dell’applicabilità all’impiego pubblico è intervenuta la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 24157/2015, che pubblichiamo qui sotto, che affermato “l’applicabilità (al pubblico impiego -n.d.r.) del nuovo testo dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori” (peraltro il testo cui si fa riferimento nella sentenza è quello della precedente “legge Fornero” del 2012, non dell’ultimo decreto legislativo di quest’anno). Tale sentenza ha riportato agli onori delle cronache una polemica mai sopita, della quale diamo conto con i pareri di Pietro Ichino (vedi qui) e di Umberto Romagnoli (vedi qui) – ambedue sostenitori dell’applicabilità del Jobs act ai lavoratori pubblici – e del Ministro Marianna Madia (vedi qui) che annuncia un chiarimento definitivo della questione in occasione dell’emanazione del testo unico del pubblico impiego.

Vale, infine, la pena di ricordare che nell’impiego pubblico l’ipotesi di licenziamento per “soprannumero ed eccedenze di personale ” è  minutamente regolata dall’articolo 33 del d. lgs. n. 165/2001 (vedi qui).

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