21.04.2015 – Le indicazioni dell’ANAC sull’applicazione delle norme anticorruzione

Le indicazioni dell’ANAC sull’applicazione delle norme anticorruzione

 

di Arturo Bianco

La incompatibilità tra l’essere responsabile anticorruzione e dell’ufficio disciplinare sussiste solamente nel caso in cui occorra avviare un procedimento disciplinare nei confronti di tale soggetto. Gli enti locali devono procedere alla irrogazione delle sanzioni a carico degli amministratori, compresi quelli delle società, che non comunicano le informazioni sui propri redditi. Le amministrazioni pubbliche possono inserire nei bandi di gara delle clausole con cui impongono alle società di dichiarare se hanno rapporti con i dipendenti dell’ente che adottano atti che li riguardano e se utilizzano con contratti di lavoro subordinato o autonomo ex dipendenti dell’ente che nei 3 anni precedenti la cessazione hanno esercitato nei confronti delle stesse società poteri autoritativi o negoziali. Sono queste alcune delle più recenti indicazioni formulate dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) sull’applicazione delle disposizioni dettate dalla legge n. 190/2012 e dai suoi provvedimenti attuativi, in particolare i DLgs n. 33 e 39/2013, in materia di prevenzione della corruzione, di trasparenza e di inconferibilità ed incompatibilità degli amministratori e dei dirigenti. Siamo in presenza di indicazioni assai utili sul terreno operativo, perché consentono di dare risposta ad alcuni dei tanti problemi applicativi posti da tale disposizioni.

IL RESPONSABILE ANTICORRUZIONE

Sussiste incompatibilità tra l’incarico di responsabile anticorruzione e quello di presidente l’ufficio per i procedimenti disciplinari, ci dice l’orientamento n. 111/2014, “nel solo caso in cui lo stesso Responsabile per la Prevenzione della Corruzione sia interessato dal procedimento disciplinare”. Per i segretari il problema è di facile soluzione, posto che le azioni disciplinari nei loro confronti spettano alla ex Agenzia autonoma per la gestione dell’albo; “mentre nel caso di Comuni in cui il RPC non sia individuato nel Segretario Generale o nel caso di altre amministrazioni in cui il RPC è identificato con figure apicali o dirigenziali, dovrà essere costituito e convocato ad hoc un organismo straordinario con competenze disciplinari nei confronti del RPC, al fine di salvaguardare l’indipendenza e la terzietà di quest’ultimo”.

Le amministrazioni possono (orientamento n. 9/2015) conferire l’incarico di responsabile anticorruzione a dipendenti in comando o a tempo determinato, ma devono dimostrare quali sono le ragioni per cui derogano al principio di carattere generale per il quale questo incarico presuppone un rapporto stabile. Analoghe indicazioni sono dettate per il conferimento di questo incarico ad un dipendente di categoria C: l’orientamento n. 121/2014 ci dice che occorre una adeguata motivazione “non solo in riferimento alle competenze professionali maturate, ma anche all’assoluta impossibilità o alle gravi difficoltà in cui incorrerebbe l’amministrazione procedendo all’attribuzione dell’incarico ad altro dipendente di categoria D”.

Se il responsabile anticorruzione è rinviato a giudizio per l’orientamento n. 120/2014 l’amministrazione deve “considerare la possibilità” di conferire tale incarico ad un altro soggetto: siamo quindi in presenza di un chiaro stimolo a procedere in questa direzione.

LE SANZIONI PER LA VIOLAZIONE DELLE REGOLE SULLE TRASPARENZA

Sulla base delle disposizioni dettate dal DLgs n. 33/2013 le amministrazioni devono irrogare sanzioni pecuniarie, in una misura compresa tra 500 e 10.000 euro, agli amministratori dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti che non rendono noti i dati sul proprio patrimonio e reddito, nonché a quelli delle società partecipate che non pubblicano tali informazioni. La deliberazione Anac n. 10/2015 ci ricorda che le amministrazioni devono darsi un regolamento ed individuare il soggetto competente alla irrogazione delle sanzioni. Fino ad allora il soggetto cui compete l’istruttoria è il Responsabile della prevenzione della corruzione e quello cui compete l’irrogazione delle sanzioni è il Responsabile dell’ufficio per i procedimenti disciplinare. Tale procedimento “è avviato a seguito della segnalazione della mancata pubblicazione da parte dell’ANAC o dell’OIV e/o del Responsabile della trasparenza”. E “gli OIV, ovvero le strutture o i soggetti con funzioni analoghe, in attuazione del potere di attestazione sull’assolvimento degli obblighi di pubblicazione previsto dall’art. 14, co. 4, lett. g), d.lgs. 150/2009, e anche in relazione alle segnalazioni ricevute dai Responsabili della trasparenza, ai sensi dell’art. 43, co. 1 e 5, del d.lgs. 33/2013, comunicano ad ANAC le irregolarità riscontrate in relazione agli adempimenti di cui al citato articolo 47 co. 1 e 2.

IL PANTOUFLAGE

Con questo termine di intende il passaggio di un alto funzionario pubblico alle dipendenze di una azienda privata. Il nuovo testo dell’articolo 53, comma 16 ter, del DLgs n. 165/2001 introdotto dalla legge anticorruzione vieta ai dipendenti pubblici che cessano dal servizio di instaurare rapporti di lavoro subordinato o autonomo con i privati nei cui confronti abbiano esercitato negli ultimi anni atti prerogative gestionali o sanzionatorie. Il parere ANAC n. 8/2015, ed in precedenza quello n. 111/2014, chiarisce che le amministrazioni “hanno la facoltà di chiedere, anche ai soggetti con i quali sono stati stipulati contratti .. una dichiarazione in cui attestare l’inesistenza di rapporti di parentela o affinità con funzionari o dipendenti della PA”. Ricordiamo che il legislatore vieta ai privati che violano questa disposizione di contrattare con le amministrazioni per un triennio. I dipendenti interessati, ci dice il parere n. 2/2015, “sono i soggetti che esercitano concretamente ed effettivamente, per conto della PA, i predetti poteri e, dunque, i soggetti che emanano provvedimenti amministrativi per conto dell’amministrazione e perfezionano negozi giuridici attraverso la stipula di contratti in rappresentanza giuridica ed economica dell’ente”. Il parere n. 1/2015 comprende anche “i soggetti titolari di uno degli incarichi di cui al d.lgs. 39/2013, ivi inclusi i soggetti esterni con i quali l’amministrazione, l’ente pubblico o l’ente di diritto privato in controllo pubblico stabilisca un rapporto di lavoro subordinato o autonomo”.

Inoltre, scelta per molti aspetti strettamente connessa, le amministrazioni hanno il dovere di “verificare la sussistenza di situazioni di conflitto di interesse ed, eventualmente, adottare i necessari provvedimenti per rimuoverla“. Infatti, rientra “nella loro discrezionalità vigilare sulla fondatezza delle dichiarazioni ricevute attraverso richieste di informazioni, certificazioni da parte di altre amministrazioni, accesso ad archivi pubblici”. Questa possibilità, parere n. 4/2015, si estende anche alle società straniere e, per il parere n. 3/2015, si applica “anche ai soggetti formalmente privati ma partecipati o controllati da una pubblica amministrazione”.

 

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