Che differenza può fare un mese

Che differenza può fare un mese

SUNDAY, 14 SEPTEMBER, 2014

E quindi, il nostro premier ci informa che “l’Italia non è ancora ripartita“. Santi numi. Chi l’avrebbe mai detto? Di certo non lo avrebbe detto il Matteo Renzi che, a inizio agosto, proclamava spavaldo: “L’Italia è già ripartita”. E dov’è il problema?, sentiamo già commentare i più renzisti (o solamente illusi) tra voi.

Persino il buon John Maynard Keynes, in situazioni simili, aveva la risposta pronta: “Quando i fatti cambiano, io cambio idea. Lei che fa, signore?”. Non fa una piega. Invece molte, moltissime pieghe sono impietosamente mostrate dallo stazzonato comportamento di Renzi. Semplicemente perché un mese fa, quando il premier sentenziava sulla “ripartenza”, era del tutto chiaro che la ripartenza medesima esisteva solo nella sua fantasiosa mente. Mente? Voce del verbo mentire?

Esiste una precisa valenza politica, di questa malattia infantile che spinge ossessivamente ad inventarsi una realtà che non esiste, miscelando questi proclami con altri messaggi mirati, ad esempio la lotta parolaia ed assai furbetta ad una non meglio specificata “tecnocrazia” che avrebbe scippato la politica del proprio primato. E quindi, dàgli al tecnocrate Cottarelli, rimesso al suo posto per aver in realtà proposto un menù da cui la “politica” doveva scegliere. Ed ora, via coi tagli lineari, la scelta è compiuta. Ma qui Renzi sbaglia tutto, come gli accade sempre più spesso, e confonde “tecnocrazia” con “realtà”. A meno che il premier non sia intimamente convinto che “primato della politica” significhi battere i piedi come bimbi a cui sia appena stato sottratto il giocattolo preferito, o a cui sia stato detto che non possono ottenere ciò che vogliono. L’erba voglio non cresce neppure nel giardino della politica, caro Matteo.

Abbiamo il crescente timore che il processo di ringiovanimento della politica italiana abbia subito, con la persona di Renzi, una accelerazione a ritroso nel tempo, ed ora ci troviamo a combattere con i capricci ed i comportamenti tipici delle frustrazioni infantili. Come andare a dire ad una Commissione europea che si insedierà solo tra un mese e mezzo, e nel mezzo di negoziati tra paesi: “Dove sono i 300 miliardi promessi? Tirateli fuori!”, e via a pestare i piedini. Ma non funziona così, caro Renzi. O meglio, funziona così solo nei primi anni di vita di un essere umano, non di un governo.

Il mondo e l’Europa devono dare passo a questo grande statista, arrivato sul proscenio per porre fine al “piagnisteo” declinista (che in realtà spesso è pura e semplice descrizione della realtà), perché noi siamo l’Italia, che diamine. L’uomo che scaglia tweet come fossero saette dall’Olimpo, intimamente convinto che ogni cinguettio sia una riforma già fatta, perché “ce lo chiede il popolo”, “dagli spalti fanno il tifo per noi”, e via plebiscitando.

Se questo fosse un paese con uno straccio di propensione al riscontro della realtà, sia nel suo elettorato che nei suoi cosiddetti mezzi di informazione, in molti avrebbero già alzato la manina facendo al premier un discorsetto di questo tipo: “Ma che stai dicendo, figliolo? Non vedi che la situazione del paese, oggi, è esattamente uguale a quella di un mese fa, e l’unico a non essersene accorto sei tu?” E questa è l’interpretazione benevola verso Renzi, perché se lo prendessimo alla lettera dovremmo dirgli: “Senti, figliolo, nell’ultimo mese siamo stati informati che la situazione del paese è drasticamente peggiorata, e che siamo praticamente gli unici in Europa a subire questo deterioramento; dire che tutti sono in crisi è una simpatica boutade. Non è che le tue chiacchiere senza costrutto stanno finendo col nuocerci?”. Poi ci sarebbe la versione più ruvida ma sconsigliata dagli psicologi dell’età evolutiva: “Non vedi che finora non hai combinato un c. se non chiacchiere? Quando diventerai adulto?”

Invece, nulla di tutto questo. Dai media continuano a prevalere maggiordomi gorgoglianti, pasionarie dell’onomatopea e ragazzotti/e che salmodiano “Renzi tira dritto”. Beh si, Renzi tira dritto perché sa che può permetterselo, dato l’elettorato di questo paese e le alternative che il medesimo produce. Ad un elettorato assai poco adulto corrisponde una leadership omogenea. La verità è che il signor Renzi sta facendo esattamente quello che ogni leader politico italiano ha sempre fatto, per arrivare nella stanza dei bottoni e cercare di restarvi: del populismo. E le vie del populismo portano i paesi alla dannazione, come i più svegli tra voi avranno notato.

Per chi è irrimediabilmente affetto dal vizio della memoria, ecco quello che diceva il premier ad inizio agosto:

 

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