No all’abolizione dei Segretari comunali e provinciali, presidi di legalità e responsabili anti corruzione

No all’abolizione dei Segretari comunali e provinciali, presidi di legalità e responsabili anti corruzione

di Salvatore Sfrecola

 

Il Governo ha manifestato, fin dalle prime indicazioni in materia di riforma delle pubbliche amministrazioni, l’intenzione di abolire la figura del Segretario comunale.

Il punto 13 della lettera ai dipendenti della pubblica amministrazione, inviata dal premier Matteo Renzi e dal Ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, recita, infatti, “abolire la figura del segretario comunale”. Sei parole sei per una figura centrale e storica per il mondo delle autonomie, coeva alla nascita dei comuni. Sarebbe stato meglio cogliere la potenzialità di questo ruolo rafforzandolo in relazione ai compiti di collaborazione e alle funzioni di assistenza giuridico amministrativa, in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti. Per non dire della funzione anticorruzione da ultimo prevista dalla legge 190/2012.

È facile dire che il sindaco di Firenze, divenuto Presidente del consiglio, si vuol togliere il classico sassolino dalla scarpa. E si vendica del segretario comunale, dei giudici amministrativi, a giorni alterni additati come responsabili dei ritardi nella realizzazione di importanti opere pubbliche (come a Genova alluvionata in questi giorni per i mancati interventi a tutela del territorio) e delle soprintendenze che in più occasioni gli hanno detto di no. È una linea di politica amministrativa che dimostrava scarsa conoscenza delle istituzioni e minore sensibilità alle esigenze di legalità e trasparenza in un contesto e in un momento storico nel quale sale dall’opinione pubblica imperativa la richiesta di maggiore legalità ed efficienza.

Non è quindi il momento più opportuno per proporre limitazioni degli strumenti di garanzia che l’ordinamento ha apprestato nel corso degli anni a tutela degli interessi generali alla corretta gestione delle risorse pubbliche. Questo non vuol dire che gli istituti che abbiamo richiamato non possano essere oggetto di una riforma, purché essa sia indirizzata ad assicurare maggiore efficienza a tutela dei bilanci e dei patrimoni pubblici.

Questo vale soprattutto per i Segretari comunali, dirigenti pubblici presenti in tutti i Comuni italiani, dal più piccolo e sperduto al più grande, impegnati nello svolgimento delle funzioni di direzione e coordinamento dell’organizzazione amministrativa dell’ente locale, per garantire la conformità degli atti alle leggi, ai regolamenti ed alle buone pratiche amministrative. Negli ultimi anni il loro ruolo di garanzia è stato rafforzato dal legislatore ponendo in capo agli stessi la responsabilità del sistema dei controlli interni, nonché e della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’azione amministrativa.

La legge 190, all’articolo 1, comma 7, definisce le modalità di attuazione del sistema organizzativo anticorruzione nell’ambito del “comparto enti locali” prevedendo che l’incarico di responsabile anticorruzione sia “di norma” ricoperto dal segretario comunale con una chiara indicazione di favor per questa figura di funzionario pubblico professionale, tradizionale “garante della imparzialità” nelle amministrazioni locali.

“Sentinelle della legalità”, sono stati definiti i segretari comunali, immediati collaboratori del Sindaco con un ruolo di primo piano nel perseguire l’efficacia e l’efficienza del lavoro nei Comuni. Sicché la loro cancellazione priverebbe gli enti più vicini al cittadino del dirigente di vertice che opera affinché il programma consegnato nell’indirizzo politico-amministrativo scaturito dalla elezioni sia realizzato al meglio, tenuto conto dei mezzi a disposizione e nel rispetto della normativa vigente.

Si tratta dell’unica professione nella Pubblica Amministrazione locale in cui non solo l’accesso all’impiego ma anche la progressione in carriera (dai Comuni più piccoli ai Comuni più grandi) è condizionata al superamento di concorsi severi che richiedono un alto livello di conoscenza del diritto amministrativo e anche del diritto civile, finanziario e penale.

Figura essenziale, altresì, a fronte di una insufficiente dotazione organica di professionalità giuridiche che caratterizza la maggior parte dei comuni italiani, soprattutto dei più piccoli, assicura una competenza variegata ed una professionalità elevata in tutti i settori di competenza dell’amministrazione comunale.

Posso affermare questo con cognizione di causa in quanto, nell’esercizio delle mie funzioni di magistrato della Corte dei conti, a lungo assegnato a funzioni requirenti, nelle indagini a carico di molti comuni ho trovato segretari comunali di grande preparazione che sono stati utilissimi nel chiarire le situazioni oggetto degli accertamenti, sia per individuare le responsabilità per danno erariale, sia per comprendere, invece, le ragioni per le quali l’amministrazione aveva agito nell’interesse pubblico magari con qualche innocua forzatura di leggi o regolamenti. Dotati di elevato senso dello Stato, pronti a dire di no al politico che, per ignoranza o prepotenza, abbia voluto scegliere la strada sbagliata. In questo contesto i segretari comunali hanno garantito la corretta applicazione delle leggi mettendolo al riparo l’amministrazione e gli amministratori da eventuali azioni giudiziarie di soggetti danneggiati, per non dire di azioni penali o risarcitorie da parte delle Procure regionali della Corte dei conti. In questo senso il Segretario comunale è anche una polizza di assicurazione per sindaco e assessori, ma anche per i dirigenti comunali sui quali vigila.

La proposta di abolire il segretario comunale è, dunque, frutto di scarsa conoscenza delle sue funzioni, di inadeguata valutazione degli effetti negativi che essa produrrebbe sull’amministrazione e si inserisce in un filone di “riforme”, necessariamente tra virgolette, che trae origine dal pensiero di coloro i quali, guidati dall’allora ministro Bassanini, si sono dedicati alla riduzione delle garanzie assicurate dai controlli, a cominciare da quelli che sugli enti locali erano affidati ai Comitati regionali di controllo (Co.Re.Co.).

Ricordo in quel periodo storico il dibattito nel quale si manifestavano ostilità nei confronti dei controlli preventivi perché si affermava che essi erano “deresponsabilizzanti”, quasi che il funzionario, fidando nell’attività di revisione del controllore, ponesse minore attenzione nell’esercizio delle sue funzioni. Facemmo anche allora osservazioni negative sulla riduzione dei controlli ma fummo anche scherniti dai “Soloni” di Palazzo Vidoni che ci accusavano di essere conservatori e formalisti perché, dicevano, si deve passare dai controlli preventivi a quelli consuntivi e sulla gestione, dai controlli esterni a quelli interni, non convinti neanche dalla lucida analisi di Beniamino Finocchiaro il quale insisteva nel dire, su “Politica e Mezzogiorno”, che i controlli o sono esterni o non sono ed hanno scarsa efficacia. Affermazione dimostratasi vera nell’esperienza per la pressoché inutilità dei controlli interni i quali dovrebbero verificare quello che fanno altri colleghi, in attesa che costoro prendano il loro posto per controllarli a loro volta.

Una dimostrazione della inutilità del nuovo sistema sta nel fatto che, soppressi i Co.Re.Co., è precipitato il numero delle denunce di danno erariale alle Procure della Corte dei conti. La ragione è evidente: venuto meno il controllore che in sede di verifica della legalità degli atti poteva rilevare un pagamento non dovuto o effettuato a titolo di risarcimento di un danno e denunciarlo, amministratori e funzionari si sono sentiti tranquilli che il Pubblico Ministero contabile non ne avrebbe avuta notizia. E così puntualmente è avvenuto.

Difendendo il ruolo del Segretario comunale, come ho già fatto cenno, non difendiamo soltanto una attività di verifica degli atti all’interno dell’amministrazione effettuata da un funzionario di elevata professionalità, ma possiamo ragionevolmente ritenere che nella maggior parte dei casi un atto illegittimo sia tempestivamente bloccato, mettendo il Comune al riparo di azioni di annullamento dinanzi al giudice amministrativo o di risarcimento davanti al giudice civile.

Comunque la si veda dunque, la figura del Segretario comunale ha un ruolo di garanzia apprezzato dagli amministratori seri che intendono rispettare la legge e trovano nel loro primo collaboratore una guida all’azione amministrativa, sia nella gestione del bilancio che del personale e della contrattualistica che negli enti locali come in tutte le pubbliche amministrazioni è di particolare rilevanza.

Per questo motivo ho aderito di buon grado alla petizione con la quale si chiede di non abbandonare questo antico istituto e con questo articolo ho intenso dare testimonianza della mia lunga esperienza maturata nell’attività requirente quale Pubblico Ministero presso la Corte dei conti, giudice della responsabilità amministrativa e contabile, infine di Presidente di una Sezione regionale di controllo.

La conclusione è quella che si trae dall’esperienza. Questo Paese come ripete spesso il Presidente del consiglio, Matteo Renzi, ha una amministrazione che, a livello centrale e locale, ha bisogno di molte modifiche, nell’ordinamento e nell’attività, evitando adempimenti inutili e duplicazioni di competenze, per offrire ai cittadini ed alle imprese servizi adeguati. Questo va fatto e va fatto rapidamente. Ho dubbi che il governo con i decreti legge 90 e 91 del 2014 e con la legge di delega in corso di esame parlamentare abbia scelto in tutti i casi la strada giusta. Probabilmente ha giocato un ruolo negativo la fretta perché non si doveva procedere a sciabolate a destra e a manca ma ad una oculata revisione delle procedure eliminando subito tutto ciò che non è necessario, al fine di venire incontro a coloro i quali entrano in contatto con le pubbliche amministrazioni per ottenere un’autorizzazione o un altro adempimento per loro necessario. Questo si poteva fare rapidamente affidando alle amministrazioni in molti casi compiti esclusivamente di controllo, oggi più agevoli anche per l’ampio uso di attività informatizzate, considerato che l’Italia è pur sempre il Paese dove abbonda la dichiarazione falsa, come spesso raccontano i giornali, di recente a proposito di esenzioni di tasse universitarie per appartenenti a famiglie abbienti che attestavano falsamente condizioni economiche tali da assicurare l’esenzione.

Quella che Renzi chiama “rivoluzione” si è vista esclusivamente nel taglio dei vertici dell’amministrazione civile e militare e della magistratura e non in quella semplificazione che ovunque, nei paesi più moderni, caratterizza le pubbliche amministrazioni.

Chiudo con un episodio che mi è stato narrato da un mio amico avvocato che assiste un imprenditore il quale ha avviato un’attività di produzione di pneumatici in Canada. Mi raccontava che il governo di quel paese, avendo valutato positivamente l’iniziativa dell’imprenditore, gli ha messo a disposizione gratuitamente un terreno per costruire la fabbrica, lo ha esentato dalle imposte per cinque anni e ha messo a sua disposizione un funzionario incaricato del disbrigo dei vari adempimenti richiesti dalla normativa canadese. Il Canada, un paese lontano migliaia di kilometri!

13 ottobre 2014

 

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