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#dirigenti #spoilsystem La scandalosa rimozione della Faraldi #Liguria #alluvione

Pubblicato il 22 novembre 2014 di rilievoaiaceblogliveri

Per lo spoil system senza regole, come è facile capire, non servono regole. Infatti, la regione Liguria non è fatta scrupolo alcuno di cambiare incarico dirigenziale su due piedi alla dottoressa Nicoletta Faraldi, spostandola dal settore Valutazione impatto ambientale all’ufficio Sanità animale.

La notizia è apparsa la settimana scorsa sui quotidiani. I fatti sono noti. La dottoressa Faraldi, a pochissimi giorni dalla disastrosa esondazione del Bisagno che è costata la vita ad una persona oltre agli ennesimi disastri per Genova, ha denegato una variante urbanistica per la realizzazione di un mega centro commerciale con annesso grattacielo di 35 piani in una zona ad elevatissimo rischio, indoviniamo di cosa? Di alluvioni.

Il provvedimento della Faraldi è del 21 ottobre. Il 6 novembre, la giunta regionale della Liguria trasferisce la Faraldi all’ufficio Sanità animale, materia della quale la Faraldi stessa ha ammesso di non conoscere nulla; sembra, oltre tutto, che per attivare il trasferimento sia stata creata al volo una posizione dirigenziale prima inesistente.

Le valutazioni sul merito della questione si possono tralasciare, anche se salta all’evidenza che la regione Liguria abbia posto in essere una modifica di incarico di chiaro stampo punitivo nei confronti di una dirigente che ha negato la cementificazione di una zona a rischio alluvionale proprio mentre a Genova ancora si spalava il fango e si celebravano i funerali della vittima.

Sul piano tecnico, appare di maggiore evidenza ancora l’intento manifesto e determinatissimo della politica di riappropriarsi della competenza a gestire concretamente le procedure se non per via diretta, almeno in via mediata, con dirigenti possibilmente cooptati tra tesserati di partito o, comunque, espliciti sostenitori di lungo corso, o, quanto meno, indotti da pressioni morali molto forti, come il fulmineo trasferimento della Faraldi. Che, oltre ad essere una rappresaglia evidente contro la dirigente è un ancor più chiaro avvertimento a tutti gli altri dirigenti.

La regione Liguria ha agito secondo le regole? Come detto sopra, si tratta di un eclatante (non isolato) caso di spoil system selvaggio.

Non si tratta di una sanzione disciplinare, come del resto dimostra la circostanza che la regione non ha adottato la decisione di modificare l’incarico ad esito di un procedimento disciplinare. Per altro, non è contemplata dalla normativa contrattuale la sanzione della modifica dell’incarico.

In effetti, una norma che prevede la modifica dell’incarico come sanzione esiste: è l’articolo 21 del d.lgs 165/2001. Esso stabilisce che:

1.       a) il mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso il sistema di valutazione;

2.       b) oppure l’inosservanza delle direttive imputabili al dirigente

abbiano come conseguenza, previa contestazione e ferma restando l’eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo:

1.       l’impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale;

2.       oppure, in relazione alla gravità dei casi, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, la revocare l’incarico con la collocazione del dirigente a disposizione nei ruoli;

3.       oppure, il recesso dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo.

Ma, nel caso di specie, le disposizioni citate non sono state rispettate. Vi è solo la conseguenza della modifica dell’incarico.

Tuttavia, per giungere a ciò, che corrisponde all’ipotesi di revoca di cui al precedente punto 2, si sarebbe dovuto accertare il mancato raggiungimento degli obiettivi; ma, manca totalmente un pronunciamento degli organismi preposti alla valutazione, che, per altro, non può riguardare un singolo procedimento, ma l’intera gestione annuale. Oppure, si sarebbero dovute contestare violazioni a specifiche direttive, dolosamente poste in essere dal dirigente con intenti manifestamente boicottatori dell’azione politica; ma, non risulta contestata alcuna violazione a direttive, né i giornali hanno dato conto dell’avvio di un contraddittorio a questo fine.

Insomma, è perfettamente evidente che lo spoil system cui punta la “nuova” stagione di riforme vuol fare totalmente a meno delle regole formali, tendenti a salvaguardare l’autonomia della dirigenza, posta a garanzia del contemperamento del dovere di attuare direttive politico amministrative con l’interesse generale al buon andamento.

Oggettivamente, appare ben difficile che un dirigente pubblico possa esprimere un parere favorevole di valutazione ambientale ad una colata di cemento in zona alluvionale. Ma, per quanto difficile, ciò non è certamente impossibile. Lo dimostrano i fatti: se interi quartieri sorgono in zone ad elevatissimo rischio di alluvione, perché esposte al ritorno delle acque nelle loro sedi, è evidente che questo avviene perché qualcuno che mette la firma sul parere favorevole, sia perché ne sia convinto, sia per errore, sia per rispondere a pressioni esterne, evidentemente c’è. E’ indimenticabile la frana che pochissimi mesi fa, nei pressi di Imperia, travolse un treno (per fortuna senza danni), a causa della costruzione, proprio sopra la linea ferroviaria, di una villona sulla friabilissima mezza collina ligure. Qualcuno evidentemente firmò fior di provvedimenti favorevoli a tale costruzione. Non risulta che sia stato rimosso dall’incarico per questa ragione.

Le rimozioni, adottate per altro in palese contrasto con le disposizioni normative, come si vede fioccano per tutt’altro motivo: per adempiere al dovere di denegare progetti, anche se molto, in astratto, utili, se anche solo potenzialmente dannosi per l’interesse pubblico.

L’obiezione che a questo punto viene fatta è che il dirigente deve meritare la “fiducia” del politico. A parte che la Corte costituzionale ha negato a più riprese l’esistenza di un legame fiduciario, comunque la fiducia non può che essere tecnica: cioè, gli organi politici, sulla base della valutazione delle competenze e dei risultati dei dirigenti, li incarica di svolgere azioni concrete di attuazione dei loro piani, in modo che essi risultino utili e non dannosi. Un “no”, se motivato sul piano tecnico dalla rilevazione di pericoli per l’interesse pubblico di una certa scelta politica, non deve essere motivo di rimozione del dirigente, bensì spunto per il riesame della scelta, in modo che essa oltre ad apportare alcuni benefici, si emendi dalla potenziale dannosità.

E’ chiaro che i fatti siano spesso molto lontani dal modo di concepire il rapporto tra politica e dirigenza imposto dalla Costituzione e dalle leggi, come accertato dalla giurisprudenza costituzionale ed amministrativa. Il caso della regione Liguria ne è la clamorosa conferma. Che giunge in una stagione particolare, quella della presentazione del ddl di riforma della pubblica amministrazione, inteso proprio ad incrementare all’estremo lo spoil system, facilitando la decapitazione dei dirigenti slegandola anche solo formalmente dall’obbligo di revocare gli incarichi anzitempo a seguito del processo di valutazione dei risultati o dell’accertamento di violazioni intenzionali alle direttive.

Basterà appunto non riattribuire l’incarico, senza nemmeno doversi prendere la briga di costruirne uno ad hoc, come nel caso della regione Liguria, non solo per sbarazzarsi del dirigente non “fiduciario”, ma addirittura per eliminarlo proprio dall’amministrazione, poichè l’assenza di un incarico comporterà automaticamente, decorso un certo tempo ancora da definire, il recesso dal rapporto di lavoro.

Il disegno di legge di riforma della pubblica amministrazione, lungi dal rafforzare il processo di regolazione del rapporto tra politica e dirigenza, finisce per legittimare e formalizzare comportamenti extra ordinem come quelli della regione Liguria, istituzionalizzando, sostanzialmente, la “pressione” sul dirigente, sulla base di un rapporto di “non fiducia”, laddove, ovviamente, si tratti di dirigenza di ruolo, assunta per concorso (come prevede la Costituzione, tuttavia) e non assunta a contratto per cooptazione, per vicinanza (o connessione) politica.

Sicchè, qualsiasi dirigente, essendo al governo una coalizione estremamente vicina ad un certo mondo imprenditoriale, come nel caso di specie della regione (promotori del progetto edilizio erano aziende dell’universo delle cooperative “rosse”) deve sapere che adottare scelte tecniche non in linea con le aspettative della combinazione tra interessi imprenditoriali e politici, implica di per sé una reazione che oggi è senza regole o, nella realtà, fuori dalle regole, ma domani potrebbe finire per essere, invece, espressamente ammessa proprio dalla legge.

E’ bene chiarire che il risultato nefasto non riguarderebbe solo la situazione della dirigenza di ruolo, posta alla mercè della politica e trasformata, volutamente, da apparato “servente” in apparato “servile”, ma i cittadini. Come quelli che già oggi hanno le proprie case, i propri capannoni, le strutture nelle quali vivono, dormono, lavorano, studiano, in territori ad altissimo rischio idrogeologico; o quelli che, domani, esautorata la dottoressa Faraldi, andranno a mettere la propria vita e i propri beni nelle mani del destino, in attesa non del “se” un’alluvione in un territorio alluvionale si verificherà, ma del “quando”. Il tutto, nel nome della “fiduciarietà” tra politica e dirigenza, che cancella la fiduciarietà che dovrebbe legare politica e cittadini, basata sulla fiducia di questi ultimi nella volontà della prima di perseguire davvero l’interesse comune.

 

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