abolizione – le considerazioni di Udeschini, segretario comunale a riposo

Abolizione della figura del Segretario Comunale. Commenti, osservazioni e proposta alternativa.

 

Nella ricerca condotta dall’Istituto di Diritto Pubblico della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pavia, su incarico della Giunta Regionale della Lombardia, per un progetto di riforma della legge comunale e provinciale (pubblicata nell’ottobre del 1976 – coordinatore Prof. Umberto Pototschnig), si sostenevano le seguenti tesi:

Punto 7- Unità amministrative e di gestione (pagg. 50, 51, 52).

“Nello schema è stato sostanzialmente accolto…. quel modello di organizzazione che è stato chiamato stellare, nel senso che al centro dell’organizzazione del comune o della provincia sono stati posti gli organi di governo, cui competono tutte le scelte politiche della rispettiva amministrazione, mentre attorno ad essi ruotano tutti gli  altri elementi del sistema (unità amministrative e unità di gestione), ciascuno entro l’orbita dell’attività per la quale è specializzato……………………………………………………….

Questo significa, tra l’altro, che non è possibile mantenere l’ufficio del segretario comunale e provinciale come vertice della struttura burocratica e diaframma tra questa e la dirigenza politica……………………………………………..

 

…………………per evitare il rischio del ripresentarsi sotto nuove spoglie della figura del segretario, il gruppo di lavoro ha ritenuto opportuno affermare esplicitamente che spetta alla Giunta la responsabilità della gestione organizzativa delle unità amministrative per il raggiungimento degli obiettivi programmatici, situazione questa che, soprattutto negli enti maggiori, può realizzarsi ……………solo se l’organo collegiale affida specificamente la cura di questi aspetti ad uno dei propri componenti”.

In sostanza lo studio formulava la proposta di affidare la direzione operativa degli enti a politici professionisti (organizzazione stellare con la Giunta al centro) sostituendo la figura del segretario o, comunque di un dirigente coordinatore (dipendente comunale), con un politico.

All’opposto dalla filosofia della riforma della P.A. illustrata dal Presidente del Consiglio emerge  una forte contrarietà  ad una ingerenza da parte di politici di professione nella gestione operativa di enti pubblici e di società pubbliche.  

Quindi l’abolizione è una provocazione lanciata per avviare un dibattito sull’organizzazione e sul funzionamento degli enti locali.

Purtroppo questa provocazione causa uno sgradevole effetto collaterale indiretto:

i segretari comunali sono ingiustamente additati all’opinione pubblica come i principali responsabili delle pastoie burocratiche che “intasano” gli enti locali e, talvolta, del funzionamento non soddisfacente dei medesimi.

Tutti gli addetti ai lavori sanno che l’attuale situazione  è il frutto acido ed indigesto dell’ enorme e contradditoria produzione legislativa italiana, caratterizzata da un’evidente frammentazione e da un’insidiosa disomogeneità unita  alla confusione nella gerarchia delle fonti normative (leggi statali e regionali, regolamenti e direttive) .

 Quindi la principale (anche se non unica) responsabilità dell’attuale intricatissima situazione burocratica  è  di chi approva le regole del gioco: i parlamenti ed i governi.

Può funzionare correttamente ed assolvere efficacemente i propri compiti un’organizzazione privata o pubblica, un ente locale con organi di governo elettivi  senza una direzione operativa o almeno un coordinamento fra uffici e servizi?

IL sistema della regole documentate e dinamiche previste dalla cosiddetta VISION 2000 (coppia coerente di STANDARDS PER LA QUALITA’ ISO:9001 ISO:9004 ) applicate finora volontariamente e consensualmente per lo svolgimento delle attività, soprattutto nel campo privato, ma che si stanno lentamente diffondendo nel mondo della pubblica amministrazione italiana nell’ambito dei servizi, sanità ed enti locali,  pongono l’accento, fra l’altro, su alcuni concetti chiave fondamentali:

 

a)    Sull’approccio organizzativo sistemico  basato sui processi per rendere possibile sia una visione d’insieme delle attività dell’apparato, sia la definizione degli elementi in entrata ed uscita dei processi stessi ed il loro monitoraggio.

b)     L’esigenza di orientare l’apparato verso il cliente-utente, poiché le organizzazioni dipendono dai clienti-utenti medesimi e dovrebbero quindi capire le loro necessità presenti e future, rispettare i requisiti richiesti ed auspicati e mirare a superare le loro stesse aspettative.

c)    Sulla necessità di una leadership che stabilisca  e sostenga  l’unità di intenti e la focalizzazione  di tutta l’organizzazione verso gli obiettivi  stabiliti; quindi sul coinvolgimento del personale per favorire la partecipazione degli addetti ai lavori nella definizione e nel perseguimento degli obiettivi stabiliti, poiché le persone, a tutti i livelli,  costituiscono l’essenza dell’organizzazione ed il loro pieno coinvolgimento consente di mettere le loro abilità al servizio dell’organizzazione stessa.

d)    Sul miglioramento continuo che deve essere un obiettivo permanente dell’organizzazione per fare meglio ciò che si ritiene di fare già bene. In sostanza per imparare dagli errori facendo tesoro delle esperienze maturate ed utilizzarle in modo costruttivo.

Secondo i principi organizzativi più consolidati e seguiti a livello nazionale ed internazionale non è consigliabile (anche se è certamente possibile)  progettare o far funzionare adeguatamente (in riferimento alle esigenze dei clienti – utenti) un’organizzazione privata o pubblica in assenza di una leadership, ovvero di una figura direttiva o dirigenziale autorevole e professionalmente preparata o, comunque, di un gruppo dirigente coeso.

Pertanto invito il governo ad accantonare la provocazione e propongo di puntare ad una nuova figura di segretario comunale che ritengo si possa chiamare direttore comunale ( per sottolineare anche con il cambio del nome il contenuto diverso) idonea per la formazione innovativa, il ruolo e le capacità gestionali ed organizzative ad operare nel comune del futuro, delineato dalla Costituzione e dal Codice dell’Amministrazione Digitale come illustrerò dettagliatamente di seguito.

Infatti, con l’articolo 118, primo comma, della Costituzione (mai attuato dal 2001 e non toccato dalla proposta di riforma costituzionale recentemente avviata) le funzioni amministrative vengono, in via generale, assegnate ai comuni, salvo che per assicurarne l’esercizio unitario non siano conferite ad altri enti sovraccomunali sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

Quindi viene abbandonato il criterio della connessione stretta tra la potestà legislativa e l’esercizio delle funzioni amministrative, anzi il nuovo testo porta ad una completa separazione tra la titolarità della potestà legislativa, appartenente esclusivamente  a Stato e Regioni ed esercizio delle funzioni amministrative, attribuite in via originaria e generale ai comuni. Pertanto i comuni essenzialmente (e  le città metropolitane per ambiti più vasti) sono individuati come i terminali privilegiati di tutta l’attività amministrativa statale e regionale.

Inoltre Il PIANO DI AZIONE di e_government , pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri -Dipartimento della Funzione Pubblica  il 22 giugno 2000, ampliato ed integrato con le LINEE GUIDA per l’attuazione del Programma di Governo risalente al giugno 2002 e le direttive dei vari governi succedutisi negli ultimi dodici anni,  sostanzialmente hanno individuato gli enti locali come gli attori principali della intermediazione tra cittadini, imprese ed amministrazione pubblica, con la finalità di superare una visione settoriale limitata, da parte dei comuni, all’esercizio dei propri compiti istituzionali ed alla erogazione dei propri servizi .

Gli obiettivi ed i metodi delineati dai piani nazionali per l’attuazione del governo elettronico, aggiornati con programmi ed iniziative successive, sono stati inseriti nel CODICE DELL’AMMINISTRAZIONE DIGITALE – C.A.D – decreto  legislativo  7.3.2005, n.82 e successive importanti modifiche ed integrazioni (è stato profondamente revisionato tre volte in nove anni).

Tale codice mira a diffondere l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione non solo  nell’ambito della P.A., ma anche fra cittadini ed imprese, perseguendo questa finalità con le modalità seguenti:

– disciplinando sul piano giuridico in modo organico ed aggiornato l’uso dei fondamentali strumenti informatici  e dei vari tipi di firme elettroniche;

– attribuendo un vero e proprio diritto a cittadini ed imprese ad ottenere l’uso delle nuove tecnologie nei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni;

– obbligando le pubbliche amministrazioni a riorganizzare ed aggiornare i servizi resi sulla  base di una  preventiva  analisi delle reali esigenze dei cittadini e delle imprese, anche utilizzando strumenti per la valutazione del grado di soddisfazione degli utenti (art.7).

In sostanza viene resa obbligatoria l’innovazione nella P.A. nel modo più naturale: da una parte offrendo ai cittadini il diritto di interagire sempre, dovunque e verso qualsiasi amministrazione attraverso Internet, posta elettronica, reti; dall’altra stabilendo che le amministrazioni pubbliche devono organizzarsi in modo da rendere sempre e comunque disponibili le informazioni ed i servizi in modalità digitale, tenendo conto del gradimento dei cittadini e delle imprese, quindi, applicando principi e metodi dei moderni sistemi di gestione per la qualità.

Quando il C.A.D. verrà effettivamente attuato in maniera generalizzata sarà in grado, a pieno regime, di operare come strumento di raccordo fra i vari livelli di governo e costituirà il mezzo fondamentale di attuazione del principio costituzionale di sussidiarietà verticale .

 

Perciò l’attuazione sia dell’art. 118, primo comma, della Costituzione, sia  del C.A.D con l’effettiva diffusione dei sistemi di gestione per la qualità, comporterà l’avvio di una rivoluzione amministrativa, digitale ed organizzativa che farà nascere un “NUOVO ENTE LOCALE”,  terminale dei servizi pubblici non solo locali, ma anche regionali e statali,  al quale si potranno rivolgere prioritariamente (ma non esclusivamente) gli utenti. 

 

In questo contesto in forte evoluzione è indispensabile nel nuovo ente una funzione apicale per il raccordo tecnico – operativo territoriale ed istituzionale fra i vari livelli di governo, che sappia contemperare tradizione ed innovazione: è la naturale evoluzione dell’attuale ruolo del segretario comunale, trasformato in direttore comunale.

 

 Si tratta di un ruolo rinnovato ed ampliato per un funzionario (a mio avviso per gli enti fino a 5.000 abitanti) o dirigente (per enti oltre 5.000 abitanti ed unioni di comuni) che deve essere in grado di supportare gli enti stessi nella gestione delle complessità funzionali in arrivo,  comportanti la coesistenza di atti e servizi provenienti da tutte le amministrazioni pubbliche, coniugando la legalità dell’azione amministrativa con i criteri di efficacia, efficienza ed economicità, mediante un’elevata professionalità interdisciplinare derivante dal reclutamento iniziale, dalla formazione continua e da esperienze di respiro nazionale.

 

Per realizzare tale progetto  è indispensabile un intervento normativo in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p della Costituzione  (in corso di modifica)  utilizzando la possibilità di emanare norme esclusive statali nelle seguenti materie:

p) ordinamento, organi di governo, legislazione elettorale e funzioni fondamentali dei Comuni, comprese le loro forme associative, e delle Città metropolitane; ordinamento degli enti di area vasta.

Perciò tramite una legge di riforma dell’ordinamento degli enti locali dovrebbe essere previsto il direttore comunale (nominato dal sindaco e funzionalmente dipendente dal medesimo) come organo apicale per la gestione organizzativa e tecnico – giuridica dell’ente, allo scopo di supportare necessariamente gli organi di governo dell’ente stesso.

 La legge, in sostanza, dovrebbe ribadire l’obbligatoria presenza in ogni ente, in stretto collegamento ed a supporto degli organi di governo, del direttore comunale  formato a livello nazionale, ma reclutato a livello regionale e disciplinarne le modalità di nomina.

Un corso di specializzazione innovativo della nuova scuola superiore della P.A. (con l’obbligatorio approfondimento dei sistemi di gestione per la qualità) unito ad un breve tirocinio, dovrebbe garantire l’accesso diretto ad Albi regionali, gestiti dalle regioni stesse, dai quali i comuni  dovrebbero attingere il direttore.

 L’attuale normativa prevede per il segretario comunale un incredibile “spoils system”: tale figura decade automaticamente (senza obbligo di motivazione) dal rapporto di servizio con l’ente con il cambio del sindaco.

 Si tratta di un gravissimo punto critico: l’esatta corrispondenza fra la durata del mandato del Sindaco ed il servizio del segretario nell’ente ha aperto la strada ad un’insopportabile politicizzazione della categoria.

Propongo che il nuovo stato giuridico del direttore comunale preveda la nomina a tempo non corrispondente al mandato del Sindaco: tre anni e mezzo confermabili una sola volta per sette anni complessivamente, perciò spostando la valutazione dall’appartenenza (politica) alla professionalità.

Infine un’ultima importante considerazione e proposta.

Ritengo debba essere riesaminata criticamente l’attuale utilità della figura del Direttore Generale, che ha un costo elevatissimo, anche alla luce della volontà preannunciata dal governo di eliminare i doppioni.

In una visione sistemica di un ente (Vision 2000) l’esistenza di un doppio vertice, come prevede la normativa attuale per  i comuni superiori a 150.000 abitanti (segretario gen. /direttore gen.), è controproducente ed irrazionale, quindi ingiustificata. Si tratta di una soluzione artificiosa, basata sull’organizzazione dell’attività per atti e procedimenti invece che per  “processi”. (N.B.: il “duale” per funzionare ad un livello accettabile richiede una strettissima collaborazione e sintonia fra segretario e direttore generale).  Il presupposto indispensabile per  fornire servizi efficienti e di qualità all’utenza è l’adeguato funzionamento dei “processi” che li producono, non la perfezione di singoli atti ed il controllo di legittimità addirittura successivo sui medesimi, quindi a cose fatte. I “processi” devono essere progettati da un vertice unico o da un management coeso e funzionare correttamente ed efficacemente secondo gli spazi di manovra consentiti dalle norme vigenti.

Pertanto i singoli atti e provvedimenti devono nascere legittimi ed essere approvati ed esplicare i propri effetti solo se l’azione amministrativa è conforme alle leggi ed i risultati finali opportuni ed adeguati alle esigenze dell’utenza.

In conclusione la nuova figura sopra delineata del “direttore comunale” ritengo debba assorbire le vecchie funzioni e competenze sia del segretario comunale – generale sia del direttore generale e, conseguentemente, debba essere l’unico vertice previsto per consentire un efficace ed innovativo funzionamento degli enti locali.

 Brescia 25 maggio 2014.

Beniamino Udeschini già segretario generale della città di Brescia dall’agosto 2002 al giugno 2008 , ora in pensione.

 

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