riforma P.A. – Quirinale, Napolitano non firma

INDISCREZIONE DAL COLLE

Quirinale, Napolitano non firma il decreto di Renzi: furioso per le “norme Farinetti”

18 giugno 2014

E’ stata una vocina, sfuggita dal sen del Consiglio dei ministri e approdata sul Colle a provocare il primo vero incidente diplomatico fra Matteo Renzi e Giorgio Napolitano. Qualcuno aveva fatto arrivare al Quirinale la bozza originaria del decreto legge sulla pubblica amministrazione approvato poi dal consiglio dei ministri venerdì 13 giugno. Un testo monstre, di 123 articoli che affrontava lo scibile in 98 pagine e portava in testa la data «12 giugno 2014 ore 24,00». Il plico arrivato venerdì mattina sul Colle prima che si riunisse il Consiglio dei ministri portava scritto: «12 giugno 2014 – ore 24,00». E un bigliettino vergato a mano per il presidente da un membro del governo segnalava gli articoli 105- 110 con una battuta di accompagnamento: «Questa parte è il cosiddetto decreto Eataly, scritto da Oscar Farinetti». 

Il testo segnalato al Quirinale è comunque approdato in Consiglio dei ministri, dove nessuno ha osato sollevare appunti. Ma il misterioso messaggero ha sortito l’effetto voluto. È bastata un’occhiata ai tecnici di Napolitano per cassare buona parte del testo voluto da Renzi. E senza mezzi termini il presidente della Repubblica ha informato il capo del governo che la sua firma non poteva essere messa sotto un testo omnibus con parti eccessivamente eterogenee fra loro e numerose perplessità anche su alcune norme proposte. Non ultime quelle sull’agricoltura e la difesa anche finanziaria dell’alimentare made in Italy: che c’azzeccava con la riforma della pubblica amministrazione? Renzi ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco e alla fine ha fatto espungere dal testo non solo quella parte ribattezzata «decreto Eataly», ma anche numerose altre norme che sollevavano le perplessità del capo dello Stato. Una cura dimagrante di rapidità tale da fare invidia perfino aa uno specialista come Pierre Dukan: da 123 a 39 articoli, da 98 a 35 pagine.

Nel testo originario c’erano norme di ogni tipo, ma quelle che hanno stupito gli stessi ministri a cui il testo è stato sottoposto sono proprio quelle la cui paternità è stata attribuita dal vox di palazzo Chigi al patron di Eataly, l’imprenditore Oscar Farinetti, da sempre grande amico e sponsor di Renzi. Difficile dimostrare che le abbia scritte lui, mentre non c’è dubbio sul fatto che se Napolitano non avesse imposto lo stop e gli articoli fossero entrati in vigore, Farinetti e le sue società ne avrebbero beneficiato.

Il primo articolo era titolato «Disposizioni urgenti per il rilancio del settore vitivinicolo», che in effetti sembra titolo piuttosto estraneo alla riforma della pubblica amministrazione (dove sicuramente ci saranno enologi sopraffini e cultori dei tre bicchieri. Ma per hobby, non per mestiere). Dentro norme tecniche che favoriscano la produzione dimosto cotto «denominato anche saba, sapa e similiare», e ne allentino gli attuali controlli. La Saba della Dispensa di Amerigo è proprio uno dei prodotti più amati da Farinetti e dal primissimo momento fiore all’occhiello degli store di Eataly. Secondo la norma Renzi avrebbe dovuto venire sottratta anche ai rigorosi controlli degli ispettorati antifrode non avendo più bisogno di autorizzazione preventiva alla produzione, sostituita da una banale comunicazione di inizio attività.

Il secondo articolo del «decreto Farinetti» portava il titolo «Interventi per il sostegno del Made in Italy», e garantiva per ogni società che produce prodotti agricoli (come tante del gruppo Eataly) «un credito di imposta nella misura del 40 per cento delle spese per nuovi investimenti sostenuti, e comunque non superiore a 50mila euro, nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2014 e nei due successivi, per la realizzazione e l’ampliamento di infrastrutture informatiche finalizzate al potenziamento del commercio elettronico». Altro credito di imposta previsto fino al 40 per cento delle spese «per i nuovi investimenti sostenuti per lo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie, nonché per la cooperazione di filiera, e comunque non superiore a 400mila euro», anche qui nel 2014, nel 2015 e nel 2016. Altri articoli riguardavano il sostegno alla produzione di mozzarella di bufala campana dop e alla riduzione del costo del lavoro nelle aziende agricole oltre ad alcune misure fiscali per favorire l’affitto di terreni agricoli. Ora il decreto Farinetti è uscito dalla porta per estraneità della materia. C’è da scommettere che presto rientrerà dalla finestra di palazzo Chigi.

di Franco Bechis

 

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