relazione finale #anticorruzione: inno alla #burocrazia #corruzione #Anac

relazione finale #anticorruzione: inno alla #burocrazia #corruzione #Anac

Pubblicato il 14 dicembre 2014 di rilievoaiaceblogliveri

Chi ha memoria storica, si ricorderà del famoso “740 lunare” di circa una ventina di anni fa, quando il Ministero delle finanze varò il più complesso, farraginoso e assurdo modello di dichiarazione dei redditi.

Con la “Scheda standard per la Predisposizione della Relazione annuale del Responsabile della prevenzione della corruzione” l’Anac, l’autorità anticorruzione, cerca di avvicinarsi alle vette di burocrazia ed imperscrutabilità raggiunte a suo tempo.

Si tratta del modello di relazione finale (all’indirizzo http://www.anticorruzione.it/wp-content/uploads/RELAZIONE-DEI-RESPONSABILI-DELLA-PREVENZIONE-DELLA-CORRUZIONE_Finale.xlsx) sull’attuazione del programma anticorruzione per l’anno 2014, elaborata nell’intento di standardizzare le informazioni da rilevare.

Il prodotto è, oggettivamente, un inno alla burocrazia ed alla sommarietà. Basti pensare che la scheda “Misure_anticorruzione” è composta dalla bellezza di 243 righe di foglio elettronico. Ci sbagliamo. L’Anac, nel pervicace intento di rendere la lotta alla corruzione affare burocratico e non di sostanza, non ha elaborato la scheda in un formato “aperto”, come imporrebbe il codice dell’amministrazione digitale e lo stesso d.lgs 33/2013. No: la scheda è in formato *.docx e auguri a chi non possieda il connesso programma informatico di gestione.

Di burocrazia borbonico-prefettizia odora anche la prescrizione contenuta sul sito dell’Anac relativa alle modalità di invio: “La Relazione dovrà essere pubblicata esclusivamente sul sito istituzionale di ogni ente, entro il 31 dicembre 2014, nella sezione Amministrazione trasparente, sottosezione “Altri contenuti – Corruzione”.

Si sottolinea che la scheda contenente la Relazione dovrà essere pubblicata, nello stesso formato rilasciato dall’Autorità e non scannerizzato, in modo da permettere all’Autorità l’elaborazione dei dati.

Dati e documenti relativi alla Relazione annuale del Responsabile della prevenzione della corruzione inviati all’Autorità via mail, per posta elettronica certificata o per posta ordinaria ovvero schede contenenti le Relazioni pubblicate in formato scannerizzato non saranno presi in considerazione dall’Autorità e si considereranno come non predisposti”.

Due rilievi. Non solo la relazione è stata elaborata in formato non aperto, ma si pretende che venga pubblicata sui siti delle amministrazioni nel medesimo formato non aperto, completando così la violazione aperta alle disposizioni del d.lgs 33/2013.

Sarà, evidentemente vero, che il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, come raccontano i giornali, è dotato di superpoteri: infatti, oltre al superpotere di violare la disciplina sul formato dei dati da pubblicare, può anche indicare, con un provvedimento amministrativo, una data per la pubblicazione della relazione, diversa da quella che stabilisce la legge. Infatti, ai sensi dell’articolo 1, comma 14, della legge 190/2012, il responsabile della prevenzione della corruzione deve pubblicare nel sito web dell’amministrazione di appartenenza la relazione entro il 15 dicembre di ogni anno. I superpoteri miracolosi del presidente dell’Anac, invece, consentono di spostare l’adempimento al 31 dicembre, vai a capire perché.

Ma, le curiosità non finiscono qui. Ostinandosi nella sua curiosa concezione del principio di separazione tra politica e gestione, già mostrato con gli strani pareri in merito alla ripartizione delle competenze circa l’adozione del programma triennale anticorruzione, l’Anac si produce in un’acrobazia giuridica davvero spericolata, nel cercare di risolvere il problema dell’eventuale assenza del responsabile anticorruzione. Sulla pagina del portale Anac dedicata alla relazione, si legge: “Qualora all’interno dell’ente manchi temporaneamente, per qualunque motivo, il Responsabile della prevenzione della corruzione, la Relazione dovrà essere comunque predisposta e pubblicata a cura dell’organo competente all’adozione del Piano triennale di prevenzione della corruzione che, come previsto dall’art. 1, comma 8, della legge n. 190/2012 è l’organo di indirizzo politico”.

Cioè, si attribuisce ad un soggetto, l’organo di indirizzo politico (da intendere la giunta negli enti locali, salvo per le province, nelle quali è da considerare il presidente), il compito di svolgere un’attività che nulla ha a che vedere con la funzione di indirizzo e controllo propria della sfera politico-amministrativa, visto che la relazione rende esclusivamente conto di attività a loro volta esclusivamente gestionali, molte delle quali, per altro, connesse col piano della performance.

Si tratta di una forzatura giuridica che ammette, illegittimamente, lo sforamento della barriera che separa politica dalla gestione, senza l’ombra di una disposizione normativa della legge 190/2012 che lo autorizzi ma, soprattutto, in assenza totale di qualsiasi logica, dal momento che la giunta comunale non dispone ovviamente di alcun elemento concreto per poter redigere la relazione. La realtà è che il responsabile anticorruzione non può e non deve mancare e alla sua assenza si deve sopperire con un sostituto, sempre da individuare nell’apparato amministrativo.

Dunque, accanto al profluvio di adempimenti dal sapore molto bizantino, per altro totalmente slegati dalla redazione dei piani triennali anticorruzione, si vedono forzature normative non di poco conto.

Sarà che il sistema anticorruzione è solo al suo primo anno di vita e, dunque, molti elementi sono ancora da limare.

Tuttavia, resta forte la sensazione da un lato di improvvisazione, dall’altro che la lotta alla corruzione venga presa troppo come sequenza infinita di atti, adempimenti, righe da compilare, crocette da inserire in quadratini, e troppo poco come strumento di controllo contro la corruzione. Del resto, purtroppo, fatti come quelli di Roma confermano la sgradevole sensazione.

Eppure, il presidente Cantone, non da solo, aveva rilevato l’eccesso di adempimenti burocratici che caratterizza il sistema anticorruzione, promovendone la semplificazione in vista di una maggiore efficacia. Solo a parole, la legge 190/2012 ed il sistema anticorruziuone vuole superare “la cultura dell’adempimento”; nei fatti, invece, ne è pervasa e incrementa ad ogni occasione il sapore di burocrazia, l’odore di polvere, la sensazione di stantio, mentre il mondo, fuori, vive secondo dinamiche che una relazione non può certo fermare.

 

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