Diritti di rogito, nuova occasione di confusione normativa

tratto da La Settimana degli enti locali del 02.12.2014

 

Diritti di rogito, nuova occasione di confusione normativa

di Arturo Bianco

Cominciano a diradarsi i molteplici dubbi interpretativi sulla percezione della indennità di rogito da parte dei segretari comunali, in particolare per il diritto alla percezione di tali compensi nei comuni privi di dirigenti.

Ma i problemi interpretativi legati alla confusione ed incompletezza del dettato normativo non sono affatto fugati, anzi non è azzardato ritenere che le interpretazioni presto divergeranno, creando ulteriori difficoltà nella concreta applicazione. In particolare ciò potrebbe determinarsi per la definizione della misura dei compensi da attribuire ai segretari.

Ricordiamo che i dubbi nascono dalle previsioni dettate dal DL n. 90/2010. Il testo iniziale del provvedimento aveva seccamente disposto la loro abrogazione. In sede di conversione è stata trovata una soluzione diversa: determinazione di nuove regole per la definizione della misura di tali compensi, abbassamento della soglia delle erogazioni che possono essere disposte a favore dei segretari ed esclusione dei segretari degli enti di maggiore dimensione. La redazione tecnica di tali modifiche lascia però molto a desiderare.

 

I dubbi

L’incerta formulazione legislativa ha sollevato numerosi dubbi. In primo luogo, se i segretari che sono assimilati ai dirigenti possano percepire i diritti di rogito. Ed ancora quale sia la quota spettante ai segretari nel caso di erogazione dei diritti di rogito e da chi essa debba essere determinata.

Ed ancora le regole per i segretari dei comuni in convenzione nel caso in cui uno degli enti abbia i dirigenti.

Ed inoltre, quali sono le regole da applicare per il periodo compreso tra la data di entrata in vigore del d.l., quindi il 25 giugno, e quello di entrata in vigore della legge di conversione, la metà del mese di agosto.

A parere di chi scrive questo dubbio può essere agevolmente risolto, stante la chiarezza del dettato legislativo: le nuove regole si applicano dalla data di entrata in vigore del d.l. n. 90/2014.

L’ampiezza e la complessità di questi dubbi ha spinto molte amministrazioni a calcolare questi compensi e ad accantonarli.

 

I segretari destinatari

Si deve considerare chiarito che i diritti di rogito possono essere corrisposti ai segretari nei comuni e negli altri enti locali privi di dirigenti.

In questo senso vanno le deliberazioni della sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Lombardia n. 297 e n. 275/2014 e della Corte dei conti della Sicilia n. 194/2014.

Per i giudici contabili milanesi, “nel caso di comuni del tutto privi di personale con qualifica dirigenziale, è possibile attribuire, ai sensi del nuovo art. 10, comma 2-bis, del d.l. n. 90/2014, quota dei diritti di rogito, a prescindere dalla fascia professionale in cui è inquadrato, in concreto, il segretario preposto”. Di conseguenza, non è “rilevante, ai fini della corretta applicazione della disciplina, la dibattuta questione dell’assimilazione dei segretari comunali e provinciali al personale con qualifica dirigenziale, operazione ermeneutica da condurre secondo la disciplina posta dalla vigente contrattazione collettiva nazionale”.

I pareri della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Lombardia ci ricordano infine che, sulla base delle previsioni dei d.l. n. 90/2014, vi sono due distinte ipotesi da applicare: “la prima, quella dei segretari preposti a comuni privi di personale con qualifica dirigenziale, fattispecie in cui non ritiene rilevante la fascia professionale in cui è inquadrato il segretario preposto. La seconda, quella dei segretari che non possiedono qualifica dirigenziale, in cui àncora l’attribuzione di quota dei diritti di rogito allo status professionale del segretario preposto, prescindendo dalla classe demografica del comune di assegnazione”.

Sulla stessa linea le indicazioni della Corte dei conti della Sicilia che spiega la scelta legislativa con la constatazione che negli enti privi di dirigenti il trattamento economico accessorio dei segretari è più ridotto rispetto a quello dei segretari che svolgono la loro attività nei comuni con la dirigenza, in quanto essi non possono “galleggiare” – avere cioè come minimo lo stesso compenso di posizione – rispetto al salario accessorio dei dirigenti, ma solamente su quello delle posizioni organizzative, il cui tetto massimo ricordiamo è di poco superiore a 12.900 euro, che diventano 16.000 nel caso di alte professionalità.

Espressamente viene detto che “la ratio della disposizione si rinviene in una esigenza perequativa del complessivo trattamento retributivo spettante ai segretari che operano presso enti privi di personale con qualifica dirigenziale, i quali non fruiscono della cd clausola di galleggiamento”, il che è però vero solo in parte.

Da evidenziare che i giudici contabili siciliani accedono, sulla base del dettato del C.c.n.l. 16.5.2001, che lo prevede per la mobilità volontaria, alla tesi per cui possono essere considerati assimilati ai dirigenti i segretari di fascia A e B, mentre non lo sono quelli inquadrati nella fascia C.

 

La quota dei diritti di rogito

Il d.l. n. 90/2014 ha esplicitamente abrogato le disposizioni che stabilivano le modalità di calcolo di questo compenso, quindi il 75% del 90% di quanto incassato, cioè il 67,5% del totale.

Sulla base delle nuove regole i proventi derivanti dai diritti di rogito sono attribuiti interamente al comune. La stessa disposizione, per la Corte dei conti della Lombardia, “dopo averne sancito la confluenza nel bilancio dell’ente di riferimento facoltizza l’attribuzione di una quota del provento annuale previsto dall’art.30, comma 2, della legge n. 734/1973, come modificato dallo stesso decreto legge n. 90/2014, in misura non superiore al quinto dello stipendio in godimento”.

Aggiunge la sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Sicilia “l’espressione adottata dal legislatore induce a ritenere che gli importi dei diritti di segreteria e di rogito vadano introitati integralmente al bilancio dell’ente locale, per essere erogati, al termine dell’esercizio, in una quota calcolata in misura non superiore al quinto dello stipendio in godimento.

Pertanto, nel silenzio della legge ed in assenza di regolamentazione nell’ambito del C.c.n.l. di categoria successivo alla novella, i proventi in esame sono attribuiti integralmente al segretario comunale, laddove gli importi riscossi dal comune non eccedano i limiti della quota del quinto delle retribuzione in godimento”.

L’effetto del parere della sezione siciliana della Corte dei conti, nonché –anche se in modo meno esplicito- della Corte dei conti della Lombardia, è che la gran parte dei segretari comunali vedrà lievitare i compensi; infatti nei piccoli comuni difficilmente veniva raggiunto il tetto annuo, mentre la misura riferita ai singoli atti aumenta.

Altra tesi sostenuta da altri, tra cui chi scrive, è che la erogazione di tali compensi richiede che l’ente determini la quota spettante al segretario. Si deve ritenere che la competenza a fissare tale misura spetti alle singole amministrazioni, in quanto trattasi di risorse dell’ente e non vi sono previsioni legislative che vadano in una direzione diversa.

All’interno dell’ente, si deve ritenere che la competenza possa essere fissata in capo alla giunta, in virtù della sua competenza residuale generale. E che non si debbano determinare oneri aggiuntivi, neppure indiretti, per le amministrazioni.

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