25/09/2020 – Costituisce danno erariale assumere nello staff del sindaco un dipendente

Costituisce danno erariale assumere nello staff del sindaco un dipendente
di Luigi Oliveri

Costituisce danno erariale assumere a tempo indeterminato nello staff del sindaco un lavoratore già dipendente dello stesso comune, ponendolo in aspettativa ed attribuendogli maggiorazioni stipendiali.

La sentenza della Corte dei conti, Terza sezione giurisdizionale d’appello 26/2/2020, n. 76 accoglie l’appello proposto dal Procuratore contro la sentenza di prime cure, e chiarisce che l’emolumento particolare previsto dall’articolo 90, comma 3, del dlgs 267/2000 si applica solo a personale proveniente dall’esterno, che non abbia, quindi, in corso un rapporto di lavoro col comune.
Per comprendere meglio la questione, occorre ricordare le previsioni dell’articolo 90 citato prima, che consente la costituzione di uffici di staff agli organi di governo locale. Questi uffici possono essere composti da chi sia già dipendente del comune (come ovvio), o, «da collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, i quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione, sono collocati in aspettativa senza assegni».
Non ci si lasci ingannare dal sostantivo «collaboratori»: si tratta di lavoratori subordinati. Il successivo comma 2 spiega che a questi dipendenti assunti con contratto a tempo determinato si applica la contrattazione collettiva del comparto funzioni locali.
Ed entra in ballo il comma 3, ai sensi del quale «con provvedimento motivato della giunta, al personale di cui al comma 2 il trattamento economico accessorio previsto dai contratti collettivi può essere sostituito da un unico emolumento comprensivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale».
L’emolumento unico è particolarmente interessante, perché consente un trattamento economico superiore all’ordinario e la comprensività della produttività ne forfettizza il valore, sottraendo la valutazione alle verifiche dell’organismo indipendente di valutazione o del nucleo di valutazione.
La tentazione, quindi, di molti sindaci di rafforzare il rapporto di fiducia con i componenti dello staff assicurando loro trattamenti economici vantaggiosi è forte. Nel caso di specie, quindi, si è ricorsi a un espediente: per consentire al dipendente comunale individuato come componente dello staff di godere dell’emolumento unico, lo si è fatto porre in aspettativa e lo si è assunto con contratto a tempo determinato. Dando così la forma e l’apparenza della sussistenza dei presupposti per l’attribuzione dell’emolumento unico.
Ma, la magistratura contabile non accoglie l’espediente. La sentenza della Terza Sezione d’appello è drastica nel rilevare che «l’assunzione con contratto di lavoro subordinato riguardava solo il personale esterno», aggiungendo che le disposizioni dell’articolo 90 del Tuel concernenti l’emolumento unico sono «da riferire ai dipendenti di una pubblica amministrazione diversa da quella che ne dispone l’assunzione temporanea».
La sentenza indirettamente evidenzia l’assurdità della pratica molto diffusa di consentire a un medesimo dipendente pubblico di condurre con lo stesso datore di lavoro due rapporti di lavoro: uno quiescente, grazie all’aspettativa; un altro attivo, meglio remunerato, connesso ad un rapporto a tempo indeterminato.
Si tratta di una modalità oggettivamente irrazionale e paradossale di gestione del rapporto di lavoro, che aggira in modo chiaro le regole normative e contrattuali sulla percezione del trattamento economico e sulle progressioni di carriera.
È da sottolineare che questo paradosso tecnico-giuridico è in parte ammesso dall’articolo 19, comma 6, del dlgs 165/2001, a proposito degli incarichi dirigenziali a contratto. Essi sono consentiti, infatti, anche a persone «che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post universitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi».
Di questa previsione, moltissime amministrazioni hanno preso in considerazione solo l’ultima parte, volta a consentire gli incarichi dirigenziali a contratto a chi già sia dipendente della amministrazione conferente, previa aspettativa. Trascurando, spessissimo, invece, la verifica dei requisiti di elevata professionalità richiesta, che dovrebbe porre un limite molto ristretto al paradosso della contemporanea conduzione di due rapporti di lavoro con lo stesso ente.

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