30/10/2020 – Urbanistica. Piano regolatore quale atto discrezionale

Urbanistica. Piano regolatore quale atto discrezionale
Pubblicato: 29 Ottobre 2020
TAR Sicilia (CT) Sez. I n. 2347 del 30 settembre 2020

Il Piano regolatore è atto generale discrezionale, sindacabile soltanto per macroscopica illogicità o irragionevolezza, infatti, non sussiste la necessità di particolari motivazioni a sostegno delle scelte urbanistiche del Comune essendo sufficiente il mero richiamo ai criteri e principii ispiratori del piano. Tale principio trova eccezione nell’ipotesi in cui sussista un’aspettativa qualificata del proprietario o una specifica destinazione urbanistica. A fronte di destinazioni urbanistiche diverse e più sfavorevoli rispetto a quelle impresse con il nuovo strumento urbanistico, l’esigenza di una specifica motivazione a sostegno della nuova destinazione sussiste solo quando quelle indicazioni avevano assunto una prima concretizzazione in uno strumento urbanistico esecutivo (piano di lottizzazione, piano particolareggiato, piano attuativo), approvato o convenzionato, o quantomeno adottato, e tale quindi da aver ingenerato un’aspettativa qualificata alla conservazione della precedente destinazione

Pubblicato il 30/09/2020

N. 02347/2020 REG.PROV.COLL.

N. 03993/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3993 del 2002, proposto da

S.Antonio Naxos S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandro Vaccaro, con domicilio eletto presso il suo studio in Messina, Segreteria;

contro

Comune di Giardini Naxos (Me), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ignazio Scuderi, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via V. Giuffrida, 37;

per l’annullamento

adozione prg – regolamento edilizio – norme tecniche di attuazione – richiesta risarcimento danni

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Giardini Naxos (Me);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 13 luglio 2020 la dott.ssa Silvia Piemonte, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.La Società ricorrente, proprietaria di un’area sulla quale sorge un campeggio, ha impugnato, con ricorso notificato il 12 novembre 2002 all’Amministrazione comunale, la deliberazione del Consiglio comunale del Comune di Giardini Naxos del 25 giugno 2002 n. 36 di adozione del Piano regolatore generale, chiedendo altresì il risarcimento del danno.

Adduce sia motivi di illegittimità in generale del procedimento di adozione del Piano (violazione art. 176 d.lgs. del P. Reg. siciliana n. 6 del 1955, disciplinato dalla L.R. n. 16 del 1963 e art. 16 della L.R. 30 del 2000 sull’obbligo di astensione dei consiglieri comunali nel caso di conflitto di interessi; violazione art. 184 d.lgs. n. 267 del P. Reg. siciliana n. 6 del 1955, disciplinato dalla L.R. n. 16 del 1963 sul calcolo del quorum deliberativo; violazione art. 186 d.lgs. n. 267 del P. Reg. siciliana n. 6 del 1955, disciplinato dalla L.R. n. 16 del 1963 poiché il verbale della seduta è privo della sottoscrizione del consigliere più anziano; violazione artt. 2 e 9 l.r. n. 71 del 1978 in quanto adottato senza le prescrizioni esecutive), sia un motivo più specifico relativo alla violazione di legge, eccesso di potere per difetto di istruttoria e altre figure sintomatiche, difetto di motivazione per non avere, l’Amministrazione, tenuto conto che l’area era destinata a campeggio

Con atto di stile del 5 dicembre 2002 si è costituito il Comune chiedendo il rigetto del ricorso.

Da ultimo parte ricorrente ha depositato in data 11 giugno 2020 memoria con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

All’udienza del 13 luglio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Preliminarmente il Collegio ritiene che, nel caso di specie, l’omessa impugnazione del successivo provvedimento di approvazione del Piano regolatore generale non determina l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto d’interesse, poiché da quanto sembrerebbe emergere dagli atti la previsione relativa destinazione urbanistica che si contesta è rimasta invariata anche in sede di approvazione del Piano.

Sul punto si richiama la giurisprudenza relativa “ai rapporti tra impugnazione della delibera di adozione del PRG e impugnazione della approvazione del PRG, per cui se l’omessa impugnazione della deliberazione approvativa della variante di un piano regolatore generale non determina l’improcedibilità del ricorso proposto contro la delibera comunale di adozione, in quanto l’eventuale annullamento di quest’ultima esplica effetti automaticamente caducanti, e non meramente vizianti, sul successivo provvedimento di approvazione, ciò riguarda la parte in cui la delibera di approvazione abbia confermato le previsioni già contenute nel piano adottato e fatto oggetto di impugnativa (Consiglio di Stato sez. IV, 14 luglio 2014 n. 3654; Consiglio di Stato, sez. IV, 15 febbraio 2013, n. 921). Ove dette previsioni fossero state modificate, è evidente che detto effetto caducante non possa verificarsi. Ciò deriva dall’applicazione del principio generale relativo ad ogni fattispecie in cui, nel corso di un procedimento giurisdizionale già avviato, sopravvenga una nuova statuizione amministrativa. Se quest’ultima in nulla abbia modificato/innovato con riferimento alla fattispecie controversa, sarebbe inutile e senza ragione onerare il ricorrente della impugnazione dell’atto sopravvenuto, che in nulla immuta la res controversa, per cui la sentenza è idonea a produrre effetti anche in pregiudizio della nuova statuizione amministrativa, in parte qua rimasta immutata. A diverse conclusioni, deve giungersi allorché, invece, l’atto sopravvenuto muti il preesistente regime giuridico che aveva dato atto al contenzioso: il mezzo originario dovrebbe essere dichiarato improcedibile, in ipotesi di omessa tempestiva impugnazione di quello superveniens che ha determinato un assetto di interessi diverso, ed in ogni caso la sentenza pronunciata in relazione all’atto pregresso, superato da quello successivo non potrebbe spiegare effetti nei confronti di quest’ultimo” (Consiglio di Stato, sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2499 e da ultimo (Consiglio di Stato, sez. II, 20 gennaio 2020, n. 456).

3. Tanto premesso il Collegio ritiene l’infondatezza nel merito del ricorso.

3.1 Con il primo motivo la Società ricorrente sostiene l’illegittimità dell’adozione del Piano perché taluni consiglieri comunali avrebbero partecipato ai lavori del Consiglio e votato nonostante si trovassero in una condizione di conflitto di interessi.

La censura si appalesa inammissibile per carenza di interesse e comunque infondata.

Parte ricorrente rivolge le censure nei confronti di due consiglieri, pur tuttavia essa omette completamente di provare quale sarebbe stato l’effetto di siffatto asserito conflitto d’interessi sul regime giuridico previsto nel Piano adottato per l’area di sua proprietà.

Al riguardo, per condivisa giurisprudenza amministrativa, “il proprietario di aree comprese nello strumento urbanistico ha interesse a denunciare la violazione dell’art. 78, t.u. 18 agosto 2000 n. 267, laddove provi che l’interesse personale del consigliere, che avrebbe dovuto imporre a quest’ultimo l’astensione, ha arrecato un diretto pregiudizio anche ai propri fondi. In caso contrario, qualora l’intervento in Consiglio dell’amministratore in conflitto di interessi non abbia avuto alcun effetto sul regime giuridico delle aree dell’esponente, non esiste interesse di quest’ultimo alla denuncia della violazione dell’art. 78, visto che l’eventuale accoglimento del gravame avrebbe conseguenze soltanto su fondi non di proprietà del ricorrente, che non vedrebbe pertanto mutato il regime giuridico dei propri immobili” (TAR Basilicata, sez. I, 15 dicembre 2011, n. 584; Tar Puglia, Lecce, Sez.I, 6 marzo 2013, n. 481).

In termini ancora più specifici, si è condivisibilmente chiarito che: “la circostanza che alla seduta consiliare di approvazione di uno strumento urbanistico abbiano partecipato consiglieri comunali in conflitto di interessi può comportare soltanto l’annullamento delle previsioni dello strumento urbanistico in relazione alle quali si configura il conflitto d’interesse; di conseguenza la relativa censura è inammissibile per carenza d’interesse, se il ricorrente non dimostri che tale annullamento comporterebbe per lui un vantaggio” (Tar Lombardia, Milano, II, 17.5.2010, n. 1526).

Ad ogni buon conto nel merito la censura appare infondata.

Ritiene il Collegio di aderire all’orientamento giurisprudenziale in base al quale “ai sensi dell’art. 78 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nel testo applicabile ratione temporis, l’obbligo di astensione “…dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado…non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado.ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici” (Consiglio di Stato, sez. IV, 29 aprile 2019 n. 2701).

La disposizione è informata all’esigenza di evitare che l’amministratore (sindaco, componente della giunta, consigliere comunale) possa interferire e condizionare, anche solo potenzialmente, la libera formazione della volontà dell’organo collegiale in relazione all’esercizio di poteri discrezionali, e impone che la situazione conflittuale sia correlata a presupposti di fatto certi e obiettivi (Cons. Stato, Sez. IV, 25 settembre 2014, n. 4806).

Nel caso di specie parte ricorrente rivolge genericamente le censure nei confronti di due consiglieri, ma non fornisce alcun elemento di prova in ordine al concreto interesse dei consiglieri, né tantomeno sulle modifiche rispetto alla situazione precedente che il piano adottato avrebbe determinato.

Al riguardo il collegio rileva che in materia di pianificazione urbanistica la disposizione di cui all’art. 176 dell’ordinamento amministrativo degli enti locali della Regione siciliana trova un’applicazione più circoscritta e limita. Recita infatti l’art. 1 della L.R. 10 agosto 1995, n. 57 che “In materia di pianificazione urbanistica, l’obbligo di astensione di cui all’articolo 176 dell’ordinamento amministrativo degli enti locali, approvato con legge regionale 15 marzo 1963, n. 16, e successive modifiche ed integrazioni, sussiste solo per i componenti degli organi deliberanti che abbiano un concreto interesse economico, proprio o di parenti o affini entro il quarto grado ovvero di imprese o enti con i quali abbiano rapporto di amministrazione, vigilanza o prestazione d’opera e la deliberazione comporti modifiche alla situazione precedente”.

Risulta allo stato degli atti palesemente carente la prova su concreti e congruenti elementi relativamente all’interesse all’emanazione dell’atto che deve essere immediato, diretto, attuale, concreto (cfr.: Cons. Stato, Sez. IV, 26 gennaio 2012, n. 351)

3.2 Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente lamenta l’errato calcolo della maggioranza qualificata, poiché secondo la sua prospettazione si sarebbe dovuto tener conto nel calcolo del numero dei consiglieri in aula e quindi della maggioranza qualificata, di un consigliere che si è astenuto.

La censura è infondata.

Le modalità di calcolo dei quorum deliberativi e in particolare dell’eventuale rilevanza a tali fini degli astenuti è demandata ai singoli regolamenti degli organi collegiali.

Nel caso di specie il regolamento comunale (art. 77 co. 5 e 6) prevede espressamente che la scheda bianca sia computata nel calcolo delle maggioranze, mentre per l’astensione dalla votazione dispone che il consigliere la comunichi prima della votazione. Una tale preventiva comunicazione appare logicamente funzionale ad evitare che venga calcolata la presenza del consigliere in aula ai fini delle maggioranze per il quorum deliberativo.

3.3 Con il terzo motivo di ricorso parte ricorrente censura la mancata sottoscrizione da parte del Consigliere più anziano. Sarebbe stata in particolare violata la disposizione di cui all’art. 186 del d.lgs. del P. Reg. siciliana n. 6 del 1955 in base al quale “Alle adunanze assiste il segretario dell’ente, il quale redige i verbali delle deliberazioni.

Nel verbale debbono essere indicati gli intervenuti ed i punti principali delle discussioni nonché il numero dei voti espressi a favore e contro ogni proposta. I verbali sono letti nella successiva adunanza del Collegio e da questo approvati. Sono firmati dal Presidente del Collegio stesso, dal componente anziano fra i presenti e dal segretario”.

Le sottoscrizioni da porre in calce al verbale hanno la funzione di attestare la effettiva corrispondenza tra quanto in esso riportato e quanto avvenuto nella realtà.

Nel caso di specie, risulta in atti, che la mancata sottoscrizione da parte del consigliere più anziano “scaturisce da una ben precisa volontà del diretto interessato, il consigliere Salvatore Sterrantino, che, nel corso della sua dichiarazione di voto, ha pubblicamente lamentato di non aver potuto completare il suo intervento e, conseguentemente, di non aver avuto risposta alle osservazioni formulate, perché “non era mai successo che mentre chiedevo spiegazioni ai progettisti, il Vice Presidente del Consiglio mi intimava di sedermi, altrimenti mi avrebbe mandato fuori”. Alla fine si è riservato di sottoscrivere il verbale, che poi non ha sottoscritto”.

Pertanto nel caso di specie alla mancata sottoscrizione può attribuirsi una valenza politica, ma non certamente di disconoscimento della veridicità del verbale, tale da determinare l’invalidità della deliberazione comunale.

Diversamente argomentando si attribuirebbe al consigliere più anziano (come anche al Presidente) un potere di veto atto ad inficiare tutte le deliberazioni dell’organo consiliare.

3.4 Con il quarto motivo censura la mancanza delle prescrizioni esecutive in violazione dell’art. 2 comma 1, della L.R. n. 57 del 1978.

In disparte l’inammissibilità della censura per difetto d’interesse in quanto è oltremodo generica l’affermazione di parte ricorrente secondo la quale le previsioni esecutive, dando precise indicazioni in merito alla struttura ricettiva in questione, ne avrebbero determinato una diversa destinazione urbanistica, il motivo è comunque palesemente infondato.

Sul punto l’art. 102 della L.R. 16 aprile 2003 n. 4 nel fornire l’interpretazione autentica (e pertanto retroattiva) della previsione di cui al richiamato art. 2, comma 1, ha affermato che “è da interpretarsi nel senso che non è obbligatoria la contestuale adozione del Piano regolatore generale e delle relative prescrizioni esecutive”.

3.5 Con il quinto motivo deduce eccesso di potere e violazione di legge perché la destinazione urbanistica dell’area sulla quale insiste il campeggio non è conforme allo stato dei luoghi e perché l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto delle osservazioni inviate da parte ricorrente.

Tutta l’area anziché essere destinata a zona ALe – edilizia turistico alberghiera – struttura ricettiva all’area aperta, è stata secondo la prospettazione di parte ricorrente arbitrariamente destinata a verde agricolo marginale ed in parte a parcheggi pubblici.

Sostiene parte ricorrente che il Comune avrebbe modificato così il relativo indice di lottizzazione (atteso che i campeggi ed i complessi ricettivi all’area aperta, ai sensi dell’art. 2 L.R. n. 14/1982, ai fini urbanistici, hanno la medesima rilevanza dei piani di lottizzazione).

La censura è infondata, il Piano regolatore è atto generale discrezionale, sindacabile soltanto per macroscopica illogicità o irragionevolezza.

Secondo il pacifico (e risalente, ma immutato) orientamento giurisprudenziale, infatti, non sussiste la necessità di particolari motivazioni a sostegno delle scelte urbanistiche del Comune

essendo sufficiente il mero richiamo ai criteri e principii ispiratori del piano.

Tale principio “…trova eccezione nell’ipotesi in cui sussista un’aspettativa qualificata del proprietario o una specifica destinazione urbanistica” (C.S., IV^, 28.9.2009 n.5834).

“A fronte di destinazioni urbanistiche diverse e più sfavorevoli rispetto a quelle impresse con il nuovo strumento urbanistico, l’esigenza di una specifica motivazione a sostegno della nuova destinazione sussiste solo quando quelle indicazioni avevano assunto una prima concretizzazione in uno strumento urbanistico esecutivo (piano di lottizzazione, piano particolareggiato, piano attuativo), approvato o convenzionato, o quantomeno adottato, e tale quindi da aver ingenerato un’aspettativa qualificata alla conservazione della precedente destinazione.( T.A.R. , Milano , sez. II , 15/04/2020 , n. 632).

La normativa (art. 1 della L.R. 13 marzo 1982 n. 14) sui campeggi prevede che i campeggi debbano essere realizzati “nelle aree appositamente indicate negli strumenti urbanistici generali comunali”.

“2. Qualora lo strumento urbanistico generale non preveda aree destinate a campeggi, il comune provvede, nei modi e forme di legge, a mezzo di variante senza la preventiva autorizzazione dell’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente. Nei campeggi esistenti e regolarmente autorizzati si possono insediare tutte le strutture previste dalla presente legge (Inciso omesso in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell’art. 28 dello Statuto)”.

3. I campeggi di cui al precedente articolo costituiscono lottizzazioni per complessi insediativi chiusi ad uso colletttivo ai sensi dell’art. 15 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 7.

4. L’approvazione dei suddetti piani di lottizzazione è regolata dall’art. 14 della sopra richiamata legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71.

5. È vietata la realizzazione di nuovi campeggi nelle fasce di rispetto indicate nell’articolo 15 della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78 (Inciso omesso in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell’art. 28 dello Statuto).

6. Gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria nonché i servizi e gli impianti necessari all’insediamento sono a totale carico del lottizzante non sussistendo l’obbligo della cessione degli stessi al comune ai sensi dell’art. 15 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71.

7. Il lottizzante è tenuto a corrispondere al comune il contributo sul costo di costruzione determinato dal decreto assessoriale n. 67 del 10 marzo 1980”.

Nel caso di specie, con l’adozione del piano l’area destinata a campeggio non è stata ignorata tanto è vero che la destinazione a verde agricolo marginale e a parcheggi pubblici ha riguardato solo una parte dell’area occupata dal campeggio.

In particolare, da quanto riportato in atti, sono stati interessati dalle previsioni del Piano le zone destinate alla reception e ai servizi igienici, risultando l’area del campeggio più ridimensionata rispetto al passato.

Al riguardo pertanto se da un lato non può ritenersi fondata la censura sul difetto d’istruttoria, atteso che il Comune non ha “cancellato” il campeggio, ma lo ha solo ridimensionato, dimostrando con ciò di aver piena conoscenza dell’esistenza dello stesso, dall’altro neppure può ritenersi al riguardo formata una situazione di legittimo affidamento in ordine allo stato dei luoghi.

Dagli atti infatti risulta che pur essendo stata ottenuta l’autorizzazione comunale all’esercizio del campeggio, non era tuttavia intervenuta alcuna approvazione di piano di lottizzazione ai sensi dall’art. 14 della richiamata legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, tale da aver ingenerato una aspettativa qualificata nel ricorrente e di contro rendere al contempo edotta l’Amministrazione del fatto che sull’area insistevano la reception e i servizi igienici destinati al campeggio.

In conclusione anche tale censura non può essere accolta.

4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessivi euro 1.000,00 (mille/00), a favore del Comune resistente, oltre al pagamento di I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2020 con l’intervento dei magistrati:

Daniele Burzichelli, Presidente

Silvia Piemonte, Referendario, Estensore

Giovanni Giardino, Referendario

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