28/10/2020 – Spesa per le sedi convenzionati di segreteria: il trionfo dell’irrazionalità

Spesa per le sedi convenzionati di segreteria: il trionfo dell’irrazionalità
 
La seduta della Conferenza Stato – città enti locali 609_II (SC).8 è l’ennesima inspiegabile iniziativa di complicazione del già astruso quadro delle assunzioni. 
Essa ha dato il via libera ad uno schema di decreto del Ministro dell’interno finalizzato a computare la spesa per i segretari titolari di sedi convenzionati in quota parte per i comuni, senza tenere conto delle entrate acquisite a seguito dei rimborsi per l’ente capofila. 
 
Si ponga che il comune capofila spende per il segretario comunale poniamo 85.000 euro. I comuni convenzionati, ne spendono poniamo 20.000 ciascuno. 
Che per i comuni convenzionati la spesa riferita al segretario comunale sia di 20.000 euro non appare messo in discussione da nessuno e anche nello schema di decreto ministeriale si evince, nel momento in cui si introduce la previsione secondo la quale “ai fini del rispetto dei valori soglia di cui articolo 33, comma 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, ciascun comune computa nella spesa di personale la quota a proprio carico e, per il comune capofila, non rilevano le entrate correnti derivanti dai rimborsi effettuati dai comuni convenzionati a seguito del riparto della predetta spesa”. 
L’indicazione dello schema di decreto, quindi, rimedia ad una grave lacuna della circolare 13.5.2020, esplicativa delle previsioni del DM 17.30.2020 sulle assunzioni: non aver preso in considerazione nella spesa di personale i trasferimenti, ad esempio derivanti proprio dai versamenti da parte dei comuni convenzionati della quota parte di spesa del personale al comune capofila. La circolare si è limitata ad indicare le seguenti voci del macroaggregato BDAP: U.1.01.00.00.000 (redditi da lavoro dipendente) per i codici spesa: 
U1.03.02.12.001 (Acquisto di servizi da agenzie di lavoro interinale);  
U1.03.02.12.002 (Quota LSU in carico all’ente); 
U1.03.02.12.003 (Collaborazioni coordinate e a progetto); 
U1.03.02.12.999 (Altre forme di lavoro flessibile n.a.c., cioè non altrimenti considerate). 
Manca la qualificazione come spesa di personale appunto dei trasferimenti nel caso di servizi in convenzione. 
A questa grave lacuna ha posto, però, rimedio la Sezione regionale di controllo per la Lombardia, col parere 23 settembre 2020, n. 125, che oltre a ricordare il valore non certo cogente delle circolari, invita a riferirsi al principio della prevalenza della sostanza sulla forma. 
Gli enti convenzionati, anche se erogano al capofila trasferimenti finanziari, nella sostanza pongono in essere una spesa che è da considerare riferita al personale e, secondo il parere, come tale dovrà essere considerata, anche se la circolare sciaguratamente non la contempla. 
Per altro verso, la circolare considera, invece, tra le fonti di entrata da mettere in rapporto con la spesa di personale anche le entrate del Titolo 2 “Trasferimenti correnti”, tra le quali rientrano “Tipologia 101: Trasferimenti correnti da Amministrazioni pubbliche”. 
Quindi, l’ente capofila di una convenzione mette in rapporto alla spesa di personale le entrate ad esso trasferite dagli enti convenzionati per la quota parte di spesa a loro carico. 
Dunque, il comune capofila spende, sì, 85.000 euro, ma ne introita 40.000 e questi vanno nell’insieme delle entrate correnti che danno da denominatore nel rapporto con la spesa di personale. 
Pertanto, se ne dovrebbe dedurre l’assenza di un senso logico e contabile ad una previsione, come quella che la Conferenza Stato – città e autonomie locali ha validato, finalizzata a far sì che i comuni convenzionati per la sede della segreteria computino nella spesa di personale la quota a loro carico (cosa necessaria, anche se non esplicitata dalla circolare), ma al contempo non far rilevare le entrate correnti derivanti dai rimborsi per il capofila. 
Se l’intento è rimediare alla mancata neutralizzazione della spesa del segretario comunale, è un fine paradossale ed erroneo: l’ente capofila comunque deve farsi carico della quota del trattamento stipendiale del segretario a proprio carico, che costituisce spesa di personale a tutti gli effetti. 
L’intento del decreto, in sostanza, è di estrapolare dal complesso della spesa del personale (e delle entrate) la spesa per i segretari in convenzione, creando un insieme, quindi, distinto e specifico, da non mettere in connessione col resto. 
Una scelta che appare sciagurata, contraria al principio di sostenibilità della spesa di personale con le entrate e volta a complicare la gestione, introducendo disaggregazioni degli insiemi da tenere in considerazione. 

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