tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
L’interesse nell’accesso difensivo deve essere verificato in concreto
di Massimo Asaro – Specialista in Scienza delle autonomie costituzionali, funzionario universitario Responsabile affari legali e istituzionali
 
La tematica che si affronterà nel presente lavoro riguarda l’accesso documentale “endoprocedimentale”, cioè quello richiesto da uno dei partecipanti alla procedura di assegnazione di un contratto pubblico, per cui è applicabile la disciplina contenuta nell’art. 53 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016 e s.m.i.). Pur trovandoci nell’ambito dei contratti pubblici, la tematica è diversa da quella trattata e decisa dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza 2 aprile 2020 n. 10, che ha dettato principi di diritto relativi all’accesso documentale e/o civico agli atti relativi alla fase di esecuzione del contratto pubblico e non alla fase di assegnazione. L’Adunanza Plenaria ha affermato che «è ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell’art. 22L. n. 241 del 1990, e una conseguente legittimazione, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell’aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché tale istanza non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale».
Nella recente sentenza, la III Sezione, confermando l’orientamento, identifica alcuni punti fermi in materia di accesso documentale in materia di contratti pubblici.
Innanzi tutto viene affermato che la previsione di particolari limiti oggettivi e soggettivi all’accessibilità degli atti concernenti le procedure di affidamento e l’introduzione di veri e propri divieti di divulgazione del contenuto di determinati atti, si pongono come regole destinate a disciplinare in modo completo tutti gli aspetti relativi alla conoscibilità degli atti e dei documenti rilevanti nelle diverse fasi di formazione ed esecuzione dei contratti pubblici. L’art. 53 del Codice dei contratti reca una sorta di «microsistema normativo», in ragione delle peculiarità del settore considerato, pur all’interno delle coordinate generali tracciate dalla L. n. 241/1990 (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. II, sent. 16 aprile 2019, n. 4945 che richiama Cons. Stato, Sez. V, sent. 17 giugno 2014, n. 3079). Il Codice detta previsioni molto più restrittive di quelle contenute nell’art. 24 della citata L. n. 241/1990 dato che nel regime ordinario l’accesso è consentito ove necessario per la tutela della posizione giuridica del richiedente senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. 27 giugno 2018, n. 3953 e Cons. Stato, Sez. V 18 ottobre 2017, n. 4813).
Per l’attività amministrativa in generale, nella L. n. 241/1990 la nozione di strumentalità va intesa in senso ampio, in termini di utilità per la difesa di un interesse giuridicamente rilevante, dovendo la domanda ostensiva essere finalizzata alla cura di un interesse diretto, concreto, attuale e non meramente emulativo o potenziale, connesso alla disponibilità dell’atto o del documento del quale si richiede l’accesso (Cons. Stato Sez. III, sent. 16 maggio 2016, n. 1978Cons. Stato, Sez. VI, sent. 15 maggio 2017, n. 2269Cons. Stato, sent. 6 agosto 2014, n. 4209). Il carattere strumentale dell’accesso non ne implica però la riduzione a una situazione meramente servente rispetto alla difesa in giudizio della situazione sottostante, assumendo in particolare l’accesso una valenza autonoma in relazione alla sorte del processo principale e della domanda giudiziale (Cons. Stato, Sez. IV, sent. 19 ottobre 2017, n. 4838). L’accesso “difensivo” ai documenti deve essere consentito senza che sia possibile operare alcun apprezzamento in ordine alla ammissibilità ovvero alla fondatezza della domanda o della censura che sia stata proposta o che si intenda proporre, la cui valutazione spetta soltanto al giudice chiamato a decidere (cfr. T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 13 gennaio 2020, sent. n. 62T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-ter, sent. 7 luglio 2015, n. 9034Cons. Stato, Sez. VI, sent. 21 settembre 2006, n. 5569 e Cons. Stato, sent. 28 settembre 2010, n. 7183).
Invece, nel regime costruito per i contratti pubblici (prima dal D.Lgs. n. 163/2006 e oggi, in continuità sul tema, dal D.Lgs. n. 50/2016) l’art. 53 richiede un accurato controllo in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta allo specifico fine di verificare la sussistenza del concreto nesso di strumentalità tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e la tutela difesa in giudizio degli interessi della stessa impresa ricorrente, quale partecipante alla procedura di gara pubblica il cui esito è controverso (cfr. Cons. Stato, Sez. III, sent. 26 ottobre 2018, n. 6083). La mera intenzione di verificare e sondare l’eventuale opportunità di proporre ricorso giurisdizionale (anche da parte di chi vi abbia, come l’impresa seconda graduata, concreto e obiettivo interesse) non legittima un accesso meramente esplorativo a informazioni riservate, perché difetta la dimostrazione della specifica e concreta indispensabilità a fini di giustizia (Cons. Stato, Sez. V, sent. 7 gennaio 2020, n. 64). L’accesso agli atti di gara delle procedure di appalto non è pacificamente sempre integrale nel caso siano addotte esigenze di difesa (accesso difensivo), essendo sempre necessario, nel bilanciamento tra il diritto alla tutela dei segreti industriali e commerciali e il diritto all’esercizio dell’accesso, l’accertamento dell’eventuale nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e le censure formulate. Al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la stretta indispensabilità della documentazione in uno specifico giudizio (Cons. Stato, Sez. V, sent. 1 luglio 2020, n. 4220).
Qualora, in relazione alla medesima procedura di assegnazione di contratto pubblico, sia proposto un ricorso giurisdizionale avverso il diniego, anche parziale, di accesso alla documentazione di gara (ex art. 116 del C.p.a.) e sia proposto anche un autonomo ricorso giurisdizionale avverso gli esiti della procedura (ex. artt. 119 e 120 del C.p.a.), nei casi in cui non operi la previsione di cui all’art. 116, comma 2, del C.p.a., la pronuncia giudiziale che dichiara, con sentenza passata in giudicato, la tardività del ricorso sugli esiti della gara produce effetti impedienti nel ricorso sull’ostensione degli atti determinandone il venir meno dell’interesse a ricorrere e, di conseguenza, la pronuncia di improcedibilità dell’azione (art. 35, comma 1, lett. c del C.p.a.) atteso che dall’invocato accesso «la parte non potrebbe trarre alcuna utilità ai fini della sua difesa in giudizio». Questo è il punto nodale.
In via conclusiva, per il Consiglio di Stato l’accesso documentale agli atti di gara da parte del concorrente non aggiudicatario è funzione dell’interesse a ricorrere avverso gli esiti della procedura.
Vi è un orientamento minoritario difforme che invece ritiene accessibile la documentazione di gara anche in caso di mancata impugnazione degli esiti della stessa, con consolidamento degli stessi (TAR Lazio, Roma, Sez. III, 23 marzo 2020, n. 3579), adducendo che l’interesse difensivo debba essere valutato in astratto e comunque in senso ampio e comprensivo di qualsivoglia mezzo di tutela (tra cui l’azione risarcitoria).
La sentenza in commento è riconducibile però all’orientamento prevalente secondo cui, come accennato all’inizio, in materia di contratti pubblici l’accesso è correlato alla sola esigenza di difesa in giudizio, diversamente da quanto stabilito dall’art. 24, comma 7, L. n. 241/1990. Il criterio normativo del bilanciamento dei contrapposti interessi, di cui all’art. 53, comma 6, del Codice dei contratti richiede, da parte dell’istante, la prova dell’indispensabilità dei documenti ai quali è chiesto l’accesso, affinché possa difendersi in un determinato giudizio; il che equivale ad affermare che l’interesse difensivo all’accesso agli atti di gara va verificato in concreto (Cons. Stato, Sez. V, sent. 21 agosto 2020, n. 5167)

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