20/10/2020 – Inconferibilità ed incompatibilità degli incarichi pubblici. L’applicazione della disciplina ed il ruolo del RPCT

Inconferibilità ed incompatibilità degli incarichi pubblici. L’applicazione della disciplina ed il ruolo del RPCT
di Antonio Lamanna – 19 ottobre 2020
 
A cura del Segretario generale del Comune di Massafra, Avv. Dott.ssa Francesca Perrone e da Avv. Antonio Lamanna.
 
Sommario: 1 La Legge n. 190/2012.  Premessa. – 2. Struttura e contenuti fondamentali del d. lgs. n. 39/2013 – 3. Attuazione pratica della normativa anticorruzione in materia di inconferibilità ed incompatibilità – 4 Attuazione pratica dell’art. 53 comma 16 ter del d. lgs. n. 165/2001 –5. Conclusioni. – 6. Proposta di Regolamento sulla procedura interna per il conferimento in via sostitutiva degli incarichi: contenuto.
 
  1. La Legge n. 190/2012. Premessa
Nella legge n. 190 del 2012 le disposizioni di delega in materia di inconferibilità e incompatibilità sono inserite in una politica volta a garantire l’imparzialità soggettiva del funzionario amministrativo che comprende anche la riscrittura dei doveri di comportamento dei dipendenti pubblici. Sotto quest’ultimo profilo la legge ha previsto l’adozione di un nuovo codice nazionale di comportamento, cui dovranno aggiungersi i codici di comportamento che ciascuna amministrazione adotterà. Al complesso dei nuovi codici è finalmente attribuito un sicuro valore giuridico: esso è fonte di responsabilità disciplinare. I codici si fondano sull’idea di dare una nuova tipizzazione ai comportamenti corretti e a quelli vietati, presupponendo un funzionario in carica che non sia in gravi posizioni di conflitto di interessi. Lievi conflitti di interesse possono essere superati con il dovere di dichiarazione preventiva e di astensione. Quanto, invece, all’accesso e alla permanenza negli incarichi amministrativi, la legge n. 190 sceglie di innovare radicalmente la precedente disciplina che, sia per i funzionari onorari (soprattutto i componenti di organi politici) sia per i funzionari amministrativi che presentava limiti evidenti, ampiamente segnalati. In sostanza si interveniva sullo status dei soli dipendenti pubblici, in un approccio generale e quindi ad applicazione indifferenziata (tutti i dipendenti), che non permetteva di distinguere la particolare posizione dei titolari di incarichi amministrativi. Il regime si fondava, poi, sulla strutturale incompatibilità tra rapporto di lavoro subordinato con l’amministrazione e assunzione di interessi privati esterni, per la dedicazione esclusiva del dipendente ai compiti presso l’amministrazione, salvo che l’amministrazione non consideri alcuni incarichi esterni (presso altri soggetti pubblici e privati) come compatibili, perché non costituenti un rischio per la prestazione di lavoro da fornire all’amministrazione. Un regime di incompatibilità non orientato a valutare se l’incarico esterno presenti altri rischi, soprattutto quanto alla possibile compromissione della posizione di imparzialità del funzionario. La scelta di fondo della legge n. 190 è di intervenire su questo regime in tre modi: a) con una revisione del sistema dell’autorizzazione degli incarichi esterni; b) con la nuova ‘‘incompatibilità successiva’’ (detta anche ‘‘pantouflage’’), cioè il divieto di assumere cariche in imprese private successivamente alla cessazione del servizio svolto presso le amministrazioni pubbliche che possano far dubitare, retrospettivamente, dell’imparzialità del funzionario nell’esercizio delle funzioni affidate; c) con una riscrittura del regime di incompatibilità, questa volta calibrato non più con riferimento alla condizione generale del dipendente pubblico (per il quale il regime di dedicazione esclusiva al lavoro per l’amministrazione è mantenuto), ma agli incarichi dirigenziali. Con l’introduzione del principio di distinzione tra le competenze degli organi di indirizzo politico e gli organi amministrativi, è su questi ultimi che ricade la responsabilità principale per l’adozione degli atti amministrativi e di gestione. L’imparzialità non può più essere un carattere del solo atto amministrativo in sede di azione, ne´ un carattere genericamente riferito all’intera amministrazione: deve essere garantito specificamente agli incarichi amministrativi (ai titolari degli incarichi e, spesso, di organi delle amministrazioni pubbliche). Ricordiamo qui le scelte essenziali compiute già in sede di delega.
 
  1. Struttura e contenuti fondamentali del d. lgs. n. 39/2013
La legge delega ha avuto attuazione con l’emanazione del d. lgs. n. 39/2013 “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190” pubblicato in G.U. n. 92 del 19.04.2013, in vigore dal 4 maggio 2013. Il Decreto (articolato in VIII Capi e 23 articoli) disciplina le ipotesi di inconferibilità di incarichi in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione (Capo II), di Inconferibilità di incarichi a soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati dalle pubbliche amministrazioni (Capo III), di Inconferibilità di incarichi a componenti di organi di indirizzo politico (Capo IV), di Incompatibilità tra incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalle pubbliche amministrazioni nonché lo svolgimento di attività professionale (Capo V), di Incompatibilità tra incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico e cariche di componenti di organi di indirizzo politico (Capo VI), Vigilanza e sanzioni (Capo VII) e Norme finali e transitorie (Capo VIII).
 
  1. Attuazione pratica della normativa anticorruzione in materia di inconferibilità ed incompatibilità
A livello decentrato le “amministrazioni pubbliche”, richiamate dall’art. 1. 1 comma 2 lett. a) del d.lgs. n. 39/2013, che rinvia all’art. 1 comma 2 del D. Lgs. n. 165/2001, sono tenute, ai sensi dell’art. 18 comma 3 del decreto, “entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente decreto ad adeguare i propri ordinamenti individuando le procedure interne e gli organi che in via sostitutiva possono procedere al conferimento degli incarichi nel periodo di interdizione degli organi titolari”. Essendo tale misura attuativa della legge anticorruzione n. 190/2012, e rientrando, pertanto, tale regolamento, nell’alveo delle misure anticorruzione poste in essere dall’ente, con espliciti richiami posti in essere dal Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione e Trasparenza che ogni ente deve adottare entro il 31 gennaio di ogni anno[1], si ritiene che il Regolamento in questione debba essere approvato, per gli enti locali, dalla Giunta Comunale, al quale spetta il potere di determinare le politiche di prevenzione della corruzione. Invero, vi sono anche sporadici casi di approvazione dello stesso, da parte dei Consigli Comunali. Perno del procedimento di rilevazione della sussistenza di una causa di inconferibilità ovvero di incompatibilità, nell’assunzione di funzioni o incarichi nell’Ente è il  Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e Trasparenza (d’ora in poi anche solo RPCT) che negli enti locali, salvo rare e motivate eccezioni, è rinvenibile nella figura del Segretario Comunale. Il RPCT è tenuto a segnalare i casi di violazione delle disposizioni del D. Lgs. n. 39/2013, all’Autorità Nazionale AntiCorruzione (d’ora in poi anche solo ANAC o Autorità), nonché all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ai fini dell’esercizio delle funzioni di cui alla legge 20 luglio 2004, n. 215, alla Corte dei Conti, per l’accertamento di eventuali responsabilità amministrative, nonché per le violazioni commesse dai Dirigenti, all’ufficio per i Procedimenti Disciplinari ai fini dell’accertamento di una eventuale responsabilità disciplinare. Nel procedimento, volto a tutelare l’imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione, momento fondamentale rappresenta la presentazione, da parte del soggetto individuato dall’organo conferente a ricoprire l’incarico, di una apposita dichiarazione, prima dell’assunzione dell’incarico, di inesistenza di cause di inconferibilità di cui agli artt. 3,4 e 7 del D. Lgs. n. 39/2013 e incompatibilità di cui agli artt. 9, 11, 12 e 13 dello stesso decreto, in quanto applicabili. E’ bene che il Regolamento preveda che, unitamente a tale dichiarazione resa ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. n. 445/2000, il soggetto a cui l’incarico sarà conferito, alleghi anche Curriculum vitae al fine di consentire gli opportuni controlli. Della avvenuta presentazione della dichiarazione si deve dare atto nel provvedimento definitivo dell’incarico e la stessa deve essere pubblicata sul sito istituzionale dell’Ente nell’apposita sezione Amministrazione Trasparente. Tale dichiarazione è valida anche ai fini di quanto previsto dall’art. 35 bis del D. Lgs. n. 165/2001[2], altra norma di pregnante rilevanza in tema di conferimento e svolgimento di incarichi dirigenziali nel nostro ordinamento, introdotta dall’art. 1 comma 36 della L. n. 190/2012. La presentazione della dichiarazione suddetta, da ripetersi da parte del soggetto incaricato ogni anno, è condizione per l’acquisizione dell’efficacia dell’incarico. (art. 20 comma 4). Esaurita la fase di presentazione delle dichiarazioni, segue tra gli obblighi successivi al conferimento di incarichi, quello di trasmettere, a cura del soggetto che ha provveduto all’adozione, il provvedimento di nomina unitamente alle dichiarazioni presentate dal soggetto incaricato e della relazione posta in essere dall’ufficio preposto alla istruttoria, accertativa della insussistenza di cause di inconferibilità e/o incompatibilità. Il regolamento, tuttavia, è chiamato a regolare i casi patologici di conferimento degli incarichi, laddove sussistano casi di inconferibilità originaria o anche sopravvenuta. Pertanto, come previsto dall’art. 18 del d. lgs. n. 39/2013, bisogna minuziosamente disciplinare la procedura per la dichiarazione di nullità e decadenza degli incarichi conferiti in violazione del decreto legislativo n. 39/2013. In questi casi, qualora il RPCT abbia conoscenza, anche su segnalazione di terzi, dell’esistenza al momento del conferimento dell’incarico o dell’insorgere nel corso dello stesso di cause di inconferibilità o incompatibilità o dell’art. 35 bis del d. lgs. n. 165/2001, ovvero di una dichiarazione mendace, ferma restando ogni altra responsabilità, accertata dalla stessa amministrazione, nel rispetto di diritto di difesa e del contraddittorio, provvede con immediatezza a contestare tali situazioni agli interessati ed invia copia della contestazione al soggetto che ha conferito l’incarico. La contestazione deve essere adeguatamente motivata (v. art. 3 legge n. 241/1990) nonché notificata a norma di legge, all’interessato. In essa si deve assegnare un termine perentorio, da prevedere nel regolamento comunale, per presentare le deduzioni alla contestazione, anche con eventuale richiesta di audizione. Decorso inutilmente il termine di cui al capoverso precedente, ovvero qualora le difese presentate siano ritenute non idonee per ritenere infondata la contestazione, il RPCT provvede,con apposito decreto motivato, a dichiarare secondo le diverse fattispecie accertate:
  • La nullità dell’atto di conferimento dell’incarico e del relativo contratto (con eventuale recupero delle somme erogate);
  • La decadenza dall’incarico e la risoluzione del relativo contratto di lavoro subordinato o autonomo;
  • La inconferibilità di qualsivoglia incarico per la durata di cinque anni, decorrenti dalla data di notifica dello stesso decreto al soggetto interessato.
Il decreto, da notificarsi a norma di legge all’interessato e all’organo conferente l’incarico, deve indicare i rimedi amministrativi eo giurisdizionali esperibili contro lo stesso ed i relativi termini di attivazione. Dalla data di notifica del decreto all’organo che ha conferito l’incarico dichiarato nullo decorre il periodo di tre mesi durante il quale allo stesso organo è precluso l’esercizio del potere di conferire tutti gli incarichi di sua competenza, a norma dell’art. 18 comma 2 del d. lgs. n. 39/2013. Naturalmente il Regolamento deve recepire le ipotesi di esenzione di responsabilità dei componenti degli organi titolari del potere di nomina previsti dall’art. 18, comma 1, secondo periodo del d. lgs. n. 39/2013, da rinvenirsi nei componenti che erano assenti al momento della votazione, nonché i dissenzienti e gli astenuti. Il RPCT è tenuto a segnalare i casi di violazione delle disposizioni del d. lgs. n. 39/2013, all’Autorità Nazionale AntiCorruzione, nonché all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ai fini dell’esercizio delle funzioni di cui alla legge 20 luglio 2004, n. 215, alla Corte dei Conti, per l’accertamento di eventuali responsabilità amministrative, nonchè per le violazioni commesse dai Dirigenti, all’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari ai fini dell’accertamento di una eventuale responsabilità disciplinare. Il Regolamento, poi, deve prevedere gli organi surroganti. Essi negli enti locali sono di norma così individuati:
  • Nel Consiglio Comunale se l’affidamento nullo sia stato operato dalla Giunta Comunale;
  • Nella Giunta Comunale se l’affidamento nullo sia stato operato dal Consiglio Comunale;
  • Nel Vicesindaco se l’affidamento nullo sia stato operato dal Sindaco. E’ bene prevedere, anche, nel caso in cui il Vicesindaco sia assente o sia in posizione di conflitto di interessi, la competenza in capo al primo degli Assessori in carica nell’ordine in cui sono elencati nel decreto di nomina della Giunta, ovvero nell’assessore più anziano di età;
  • In un dirigente, individuato dal Segretario Comunale, se l’affidamento nullo sia stato operato da altro dirigente;
  • Nel Sindaco se l’affidamento nullo sia stato operato dal Segretario Comunale.
Il regolamento deve, altresì, procedere a regolamentare la procedura surrogatoria. Entro un periodo di tempo previsto dallo stesso regolamento di accertamento della nullità dell’incarico, il RPCT invita l’organo surrogante a valutare la necessità di affidare nuovamente l’incarico di cui è stata accertata la nullità. Se l’organo surrogante valuta che sussista, per disposizione di legge o di regolamento l’obbligo giuridico di procedere alla nomina, procede ad attivare la procedura di nomina da concludersi entro i termini stabiliti, salvo norme che impongano termini più ampi. L’organo che procede in via sostitutiva comunica le decisioni assunte al RPCT e trasmette i relativi provvedimenti. Il regolamento conterrà, infine, anche l’obbligo di comunicazione dell’insorgere di cause di inconferibilità ed incompatibilità. In questi casi i titolari degli incarichi amministrativi di vertice o dirigenziali interni ed esterni dell’Ente, hanno l’obbligo di dare tempestivamente comunicazione all’organo che ha conferito l’incarico nonché al RPCT:
  1. del provvedimento di rinvio a giudizio e della eventuale sentenza di condanna, anche non passata in giudicato, per uno dei reati previsti dal Capo I del Titolo II del Libro II del codice penale;
  2. del provvedimento amministrativo o giurisdizionale da cui consegua una delle cause di inconferibilità o incompatibilità previste dal D. Lgs. n. 39/2013 con una carica o un incarico ricoperti presso l’Ente per il quale svolge il proprio servizio.
I dati giudiziari contenuti nei provvedimenti di cui alla lettera e), del comma 1 dell’art. 4 del d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, devono essere trattati nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 21 e 22 dello stesso decreto.
 
  1. Attuazione pratica dell’art. 53 comma 16 ter del d. lgs. n. 165/2001
Il decreto legislativo n. 39/2013, all’art. 21 disciplina anche l’applicazione dei divieti di cui all’art.  53 comma 16 ter del D. Lgs. n. 165/2001. Introdotto dall’art. 1 comma 42 della L. n. 190/2012, avente finalità di contenimento del rischio di situazioni di corruzione connesse all’impiego del dipendente successivo alla cessazione del rapporto di lavoro, il comma 16 ter prevede “i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti”. In particolare, come chiarito dal PNA 2013 (All. 1), «il rischio valutato dalla norma è che durante il periodo di servizio il dipendente possa artatamente precostituirsi delle situazioni lavorative vantaggiose e così sfruttare a proprio fine la sua posizione e il suo potere all’interno dell’amministrazione per ottenere un lavoro per lui attraente presso l’impresa o il soggetto privato con cui entra in contatto. La norma prevede quindi una limitazione della libertà negoziale del dipendente per un determinato periodo successivo alla cessazione del rapporto per eliminare la “convenienza” di accordi fraudolenti». L’ambito della norma è, dunque, riferito a quei dipendenti che nel corso degli ultimi tre anni di servizio hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto dell’amministrazione, con riferimento allo svolgimento di attività presso i soggetti privati che sono stati destinatari di provvedimenti, contratti o accordi. Il PNA (All. 1) precisa al riguardo che i “dipendenti” interessati sono coloro che per il ruolo e la posizione ricoperti nell’amministrazione hanno avuto il potere di incidere in maniera determinante sulla decisione oggetto dell’atto e, quindi, coloro che hanno esercitato la potestà o il potere negoziale con riguardo allo specifico procedimento o procedura (dirigenti, funzionari titolari di funzioni dirigenziali, responsabile del procedimento nel caso previsto dall’art. 125, commi 8 e 11, del d.lgs. n. 163 del 2006). I predetti soggetti nel triennio successivo alla cessazione del rapporto con l’amministrazione, qualunque sia la causa di cessazione (e quindi anche in caso di collocamento in quiescenza per raggiungimento dei requisiti di accesso alla pensione), non possono avere alcun rapporto di lavoro autonomo o subordinato con i soggetti privati che sono stati destinatari di provvedimenti, contratti o accordi. La disposizione prevede, al riguardo, in caso di violazione del divieto ivi previsto, le specifiche sanzioni della nullità del contratto e del divieto per i soggetti privati che l’hanno concluso o conferito, di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni, con contestuale obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti ed accertati ad essi riferiti. Al fine di chiarire alcuni aspetti dell’istituto del pantouflage, previsto dalla norma in esame, l’Autorità ha adottato i pareri sulla normativa AG2 del 4 febbraio 2015 ed AG8 del 18 febbraio 2015, nonché gli orientamenti nn. da 1) a 4) del 2015, nei quali ha affermato (per quanto di interesse) quanto segue:
  • In primo luogo, l’Autorità ha osservato che l’applicazione dell’art. 53, comma 16-ter ai soli dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni non appare in linea con le finalità di prevenzione della corruzione perseguite dalla norma; tali finalità richiedono infatti un’interpretazione ampia della stessa, con estensione della sua applicazione anche ai soggetti legati alla PA da un rapporto di lavoro a tempo determinato o autonomo. Ciò anche sulla base di quanto disposto dall’art. 21 del d.lgs. 39/2013 a tenore del quale, ai fini dell’applicazione dei divieti di cui al comma 16-ter dell’articolo 53, sono considerati dipendenti delle PA anche i soggetti titolari di uno degli incarichi di cui al predetto d.lgs. 39/2013, ivi compresi i soggetti esterni con i quali l’amministrazione, l’ente pubblico o l’ente di diritto privato in controllo pubblico stabilisce un rapporto di lavoro, subordinato o autonomo. Dunque, ai fini dell’art. 53, comma 16-ter del d.lgs. 165/2001, devono considerarsi dipendenti della PA anche i soggetti titolari di uno degli incarichi di cui al citato decreto 39/2013, ivi compresi i soggetti esterni con i quali l’amministrazione, l’ente pubblico o l’ente di diritto privato in controllo pubblico stabilisce un rapporto di lavoro, subordinato o autonomo.
  • Con riferimento ai dipendenti con poteri autoritativi e negoziali, cui fa riferimento la norma in esame, l’Autorità ha affermato che tale definizione è riferita a coloro che esercitano concretamente ed effettivamente, per conto della PA, i poteri sopra descritti. Si tratta, nella specie, di coloro che emanano provvedimenti amministrativi per conto dell’amministrazione e perfezionano negozi giuridici attraverso la stipula di contratti in rappresentanza giuridica ed economica dell’ente. Possono rientrare in tale categoria, a titolo esemplificativo, i dirigenti e coloro i quali svolgono incarichi dirigenziali, ad esempio, ai sensi dell’art. 19, comma 6 del d.lgs. 165/2001 o ai sensi dell’art. 110 del d.lgs. 267/200 (TUEL), nonché coloro i quali esercitano funzioni apicali o ai quali sono stati conferite specifiche deleghe di rappresentanza all’esterno dell’ente.
  • L’Autorità, inoltre, ha evidenziato la necessità di dare un’interpretazione ampia della definizione dei soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri (autoritativi e negoziali), presso i quali i dipendenti, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, non possono svolgere attività lavorativa o professionale. Occorre ricomprendere in tale novero anche i soggetti formalmente privati ma partecipati o in controllo pubblico, nonché i soggetti che potenzialmente avrebbero potuto essere destinatari dei predetti poteri e che avrebbero realizzato il proprio interesse proprio nell’omesso esercizio degli stessi;
  • Infine, in relazione al limite temporale fissato per il divieto contemplato nella norma de qua, l’Autorità ha osservato che esso concerne solo i poteri autoritativi e negoziali esercitati nei tre anni precedenti alla cessazione del servizio, ed opera solo nei tre anni successivi a detta cessazione. Tale previsione si basa su due ordini di ragioni: da una parte, prevedere una soglia temporale che consenta di contemperare le esigenze di imparzialità del servizio con l’interesse dei soggetti di intrattenere rapporti di impiego e professionali, tenuto conto che il divieto, peraltro, opera una volta che il rapporto di servizio è venuto meno; dall’altra parte, prevedere una soglia temporale adeguata a ritenere non più idonea l’eventuale posizione di interesse creatasi nel periodo di svolgimento delle funzioni pubbliche a recare pregiudizio all’imparzialità della PA. L’Ente loca, nella predisposizione del proprio PTPCT deve assumere tale divieto disciplinandolo compiutamente. Il Comune di Massafra, ad esempio, in attuazione di detta normativa, quale misura generale attuativa in materia di prevenzione della corruzione, ha espressamente disposto che:
  • nei contratti di assunzione del personale sia inserita la clausola che preveda il divieto di prestare attività lavorativa (a titolo di lavoro subordinato o di lavoro autonomo) per i tre anni successivi alla cessazione del rapporto, nei confronti dei destinatari di provvedimenti adottati o di contratti conclusi con l’apporto decisionale del dipendente;
  • per dipendenti, in ossequio al dettato normativo, sono equiparati al dipendente pubblico anche i soggetti esterni con cui la PA stipula contratti di diritto privato ai sensi del citato d. lgs. n. 39/2013, per i quali vigono gli stessi obblighi e doveri;
  • nei bandi di gara, o negli atti relativi agli affidamenti, anche mediante procedura negoziata, venga inserita la condizione soggettiva (verificabile mediante autocertificazione) che il soggetto aggiudicatario non abbia attribuito incarichi ad ex dipendenti che hanno esercitato nei loro confronti poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni, per il triennio successivo alla cessazione del rapporto. Si evidenzia, altresì, che per i soggetti per i quali sia emersa tale situazione, dovrà essere disposta l’esclusione dalle procedure di affidamento. A tal fine si allega apposito modello di autocertificazione che i responsabili del procedimento, unitamente ai responsabili del provvedimento, avranno cura di inserire nella predisposizione degli atti interessati (e. bandi di gara, lettere di invito, contratti, ecc.).
Successivamente a tale misura attuativa in materia di pantouflage, secondo un’ottica di aggiornamento continuo in materia di prevenzione della corruzione, con direttiva del RPCT, in attuazione di quanto previsto dal PNA 2018,  e dall’art. 16 del PTPCT dell’Ente di appartenenza, è stata predisposta una autodichiarazione di impegno da far sottoscrivere ai dipendenti, prima della cessazione del rapporto di servizio, con la quale gli stessi si impegnano, successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro con l’Ente, al rispetto del divieto di pantouflage, così come previsto dalla normativa vigente ed allo scopo di evitare eventuali contestazioni in ordine alla conoscibilità della norma, che si intende, con detta dichiarazione, conosciuta e compresa.
Data la complessità della normativa descritta e prevista dal d. lgs. n. 39/2013 e la sua attuazione, le difficoltà applicative della stessa risultano ad oggi plurime, tanto che si è creato notevole contenzioso amministrativo sul decreto legislativo 39/2013. Anche in ragione di tali difficoltà, l’ANAC è intervenuta, in più riprese, emanando Linee Guida che hanno come scopo primario quello di superare i dubbi interpretativi e le difficoltà applicative della normativa sulle inconferibilità ed incompatibilità, emerse sia nello svolgimento dell’attività di vigilanza sull’osservanza delle misure anticorruzione proprie dell’Autorità, sia a seguito dei numerosi quesiti pervenuti ad essa da parte dei soggetti tenuti all’osservanza delle norme in esso contenute. Sono state, pertanto approvate da ANAC, Le “Linee Guida in materia di accertamento delle inconferibilità e delle incompatibilità degli incarichi amministrativi da parte del responsabile della prevenzione della corruzione. Attività di vigilanza e poteri di accertamento dell’ANAC in caso di incarichi inconferibili ed incompatibili” (con Delibera n. 833 del 3 agosto 2016) e, per ultimo, “Le Linee guida in materia di applicazione della misura della rotazione straordinaria di cui all’art. 16, comma 1, lettera l- quater, del d. lgs. n. 165 del 2001” (con Delibera n. 215 del 26 marzo 2019). Mentre le prime attengono specificamente l’attuazione pratica del d. lgs. n. 39/2013, definendo meglio (anche se il tentativo non può dirsi perfettamente riuscito) il ruolo e le funzioni del RPCT nel procedimento di accertamento delle inconferibilità e delle incompatibilità; l’attività di verifica del RPCT sulle dichiarazioni concernenti la insussistenza di cause di inconferibilità o incompatibilità; l’attività di vigilanza e poteri di accertamento dell’ANAC in caso di incarichi inconferibili ed incompatibili e per finire il mancato adeguamento da parte del RPCT all’accertamento dell’ANAC e il potere di ordine dell’autorità[3], le seconde Linee Guida si pronunciano sul tema della rotazione straordinaria, tema che più volte l’Autorità ha affrontato, nei PNA 2016-2017 e 2018, soffermandosi, in un suo paragrafo sull’art. 3 del d. lgs. n. 39/2013 “Inconferibilità di incarichi in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione. Le inconferibilità di cui all’art. 3 rispetto a quelle previste dall’art 35 bis del d.. lgs. n. 165/2001 hanno durata determinata e graduata: più lunga se la condanna è intervenuta per i reati previsti dall’art. 3 comma 1 della legge n. 97/2001, meno lunga se intervenuta per tutti gli altri reati contro la P.A. Tale misura rientra tra quelle previste di natura preventiva (a tutela dell’immagine di imparzialità dell’amministrazione) e non sanzionatoria. In proposito ANAC ha segnalato al Governo e al Parlamento la non coerenza tra la individuazione dei reati presupposto nelle diverse discipline con particolare riferimento alla discrasia tra il d. lgs. n. 39/2013 e il d. lgs. n. 235/2012. Per l’individuazione dei reati presupposto, atteso che il testo normativo è lacunoso e manca di individuare le fattispecie di illecito che l’amministrazione è chiamata a tenere in conto ai fini della decisione di far scattare o meno la misura della rotazione straordinaria, l’Autorità ha concluso di poter ritenere potenzialmente integranti le condotte corruttive anche i reati contro ola Pubblica Amministrazione e, in particolare, almeno quelli richiamati dal d. lgs. n. 39/2013 che fanno riferimento al Titolo II, Capo I del codice penale, nonché quelli indicati nel d. lgs. n. 235/2012, lasciando comunque alle amministrazioni la possibilità di considerare anche altre fattispecie di reati. Per tali reati, in materia di rotazione straordinaria, si ritiene obbligatoria l’adozione di detto provvedimento laddove venga valutata positivamente la condotta corruttiva del dipendente.
 
  1. Conclusioni
Le misure poste in essere dall’Ente locale, in attuazione della disciplina prevista dal legislatore alla L. n. 190/2012m al d. lgs. n. 39/2013 e ai Piani Nazionali Anticorruzione che anno per anno si susseguono e che contengono misure attuative, indicazioni, direttive e nuovi obblighi in materia di prevenzione della corruzione, vedono nei Piani Triennale per la Prevenzione della Corruzione e Trasparenza, adottati nei singoli enti, il centro decisivo per la riuscita di tutte le politiche tese alla prevenzione dei casi di corruzione e all’affermarsi di buone pratiche amministrative e di condotta. Suddetti Piani, a differenza dei primi anni, avvertiti come novità negli enti tenuti all’applicazione della normativa, se non addirittura come elementi disturbanti l’agire amministrativo, sono oggi realizzati in piena condivisione con i dirigenti dell’Ente, pubblicati sul sito Amministrazione Trasparente unitamente a tutti i documenti attuativi delle misure anticorruzione. Sul sito Amministrazione Trasparente, pertanto è pubblicato il Codice Etico e comportamentale die dipendenti dell’Ente. Esso annualmente è inviato in modalità “everyone” a tutti i dipendenti dell’Ente perché ne prendano conoscenza e assumano gli obblighi previsti. Il Segretario Generale – RPCT dell’Ente, nell’esercizio delle Sue funzion,i periodicamente invia ai Dirigenti delle Ripartizioni costituenti l’ente locale, email e circolari di attuazione e adempimento della normativa. Una particolare attenzione pone in riferimento all’Ufficio Contratti dell’Ente, affinché i contratti pubblici dal Segretario Comunale rogati in funzione di notaio, abbiano i requisiti minimi previsti dalla normativa di settore. E’ evidente, pertanto, l’importanza dell’attività di monitoraggio che sta a valle della disciplina di prevenzione della corruzione prevista e che necessita di personale qualificato, quale struttura di supporto, nell’accertamento delle possibili violazioni alla stessa e nell’attivazione dei provvedimenti consequenziali. Non sfugga che la normativa di settore è ampia e trasversale, atteso che non esiste un Codice dell’Anticorruzione, ma la L. n. 190/2012 è una legge in parte di delega e in parte modificativa di norme del codice penale, (ad es. del d. lgs. n. 165/2001, della l. n. 241/1990)[4]. In tema di procedimento di accertamento della esistenza di cause di inconferibilità ed incompatibilità, l’adozione della proposta di Regolamento di cui al paragrafo 6 (non regolamentata in suddetto modo dalla maggioranza degli enti che attuano la disciplina al proprio interno) è da intendersi quale intervento di miglioramento tesa ad una corretta attuazione in materia di prevenzione della corruzione e quale best practice da proporre a tutte le amministrazioni.
 
  1. Proposta di Regolamento sulla procedura interna per il conferimento in via sostitutiva degli incarichi: contenuto
Si riporta, in calce una possibile proposta di Regolamento sulla Procedura Interna per il conferimento in via sostitutiva degli incarichi, alla luce di quanto esposto:
 
Art. 1
Oggetto e finalità
 
  1. Il presente regolamento contiene la disciplina finalizzata a dare attuazione alle “Disposizioni in materia di inconferibilità ed incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico” di cui al D. lgs. 8 aprile 2013 n. 39.
  2. Le disposizioni contenute nel presente regolamento disciplinano:
  3. a) l’individuazione dei soggetti deputati ad esercitare la potestà di conferire gli incarichi di cui al D. lgs n.39 /2013 di competenza di questo Ente, in sostituzione degli organi titolari i quali si trovano in posizione di interdizione per il periodo di tre mesi per effetto dell’art.18, comma 2, del D. lgs n. 39 /2013;
  4. b) le procedure interne al conferimento dei predetti incarichi in via sostitutiva.
  5. Nell’ipotesi in cui un organo del comune conferisca un incarico in violazione alle disposizioni di cui al D.lgs. n. 39/2013, il medesimo affidamento è nullo e l’organo stesso, per un periodo di tre mesi decorrenti dalla data di comunicazione della nullità, non può conferire incarichi di sua competenza.
 
Art. 2 Dichiarazioni
 
  1. Prima di assumere un incarico attribuito dal Comune, l’interessato è tenuto a presentare una dichiarazione sulla insussistenza di una delle cause di inconferibilità o di incompatibilità indicate nel D.lgs. 39/2013, unitamente alla elencazione di tutti gli incarichi ricoperti dal soggetto che si vuole nominare, nonché delle eventuali condanne da questi subite per i reati contro la pubblica amministrazione.
  2. La dichiarazione è ricevuta dalla Struttura di supporto dell’organo conferente l’incarico da individuarsi nell’Ufficio Personale.
  3. La Struttura di supporto verifica, sulla base della elencazione degli incarichi ricoperti dal soggetto che si vuole nominare e anche dei fatti notori comunque acquisiti o acquisibili, la veridicità della dichiarazione resa dal soggetto interessato e trasmette apposita Relazione all’organo conferente l’incarico
  4. L’organo conferente l’incarico, acquisita la Relazione procede al conferimento dello stesso. In caso di Relazione ostativa al conferimento dell’incarico, qualora l’Organo conferente si discosti dalle risultanze fatte proprie nella Relazione e volesse decidere di conferire ugualmente l’incarico deve dare adeguata motivazione dello stesso.
  5. La presentazione della dichiarazione è condizione per l’acquisizione dell’efficacia dell’incarico.
  6. L’organo che conferisce trasmette tempestivamente al Responsabile della prevenzione della corruzione l’atto di conferimento unitamente alla Relazione redatta dalla Struttura di supporto.
  7. La dichiarazione falsa, accertata dalla amministrazione comunale, comporta la inconferibilità di qualsiasi incarico di cui al D. Lgs. 39/2013 per un periodo di cinque anni, fermo restando ogni altra responsabilità.
  8. La dichiarazione deve essere presentata anche nel corso dell’incarico con cadenza annuale, entro il 30 settembre di ogni anno.
  9. Le dichiarazioni sono pubblicate sul sito web istituzionale dell’ente in apposita voce della sezione “Amministrazione Trasparente”;
 
Art. 3 Obblighi successivi al conferimento di incarichi
 
  1. Tutti i provvedimenti di conferimento di incarichi dirigenziali e di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico, così come definiti dal D. Lgs. 39/2013, assunti dagli organi o dai dirigenti del Comune, unitamente all’attività istruttoria posta in essere dalla Struttura di supporto, debbono essere trasmessi entro sette giorni dalla loro adozione al Responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza.
 
Art. 4
Contestazione nullità incarichi
 
  1. Al Responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza è attribuita la funzione di contestazione dell’esistenza di eventuali cause di inconferibilità o di incompatibilità nell’assunzione di funzioni o incarichi e il correlato potere di denuncia alle competenti autorità.
  2. Nel caso venga accertata la violazione delle disposizioni richiamate al precedente articolo 1, il Responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza, dopo avere accertato la nullità, comunica la circostanza all’organo conferente e al soggetto incaricato.
  3. Entro sette giorni dalla comunicazione l’organo conferente può inviare eventuali note controdeduttive, rispetto alle quali il Responsabile della prevenzione della corruzione dovrà esprimersi entro i successivi cinque giorni.
  4. Il Responsabile della prevenzione della corruzione dà avvio, nel caso di conferma della contestazione di nullità, alla procedura di recupero delle eventuali somme indebitamente percepite, nonché alla procedura sostitutiva di cui al seguente articolo 5.
  5. L’atto di accertamento della violazione delle disposizioni sul conferimento delle nomine viene pubblicato sul sito web istituzionale dell’ente.
 
Art. 5
Organi surroganti
 
  1. Gli organi surroganti sono individuati:
  2. nel Consiglio Comunale, se l’affidamento nullo sia stato operato dalla Giunta Comunale;
  3. nella Giunta Comunale se l’affidamento nullo sia stato operato dal Consiglio Comunale;
  4. nel Vice Sindaco se l’affidamento nullo sia stato operato dal Sindaco;
  5. un Dirigente individuato dal Segretario Generale, se l’affidamento nullo sia stato operato da altro Dirigente;
 
Art. 6
Procedura sostitutiva
 
  1. Entro dieci giorni dall’accertamento della nullità dell’incarico, il Responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza invita l’organo surrogante a valutare la necessità di affidare nuovamente l’incarico di cui è stata accertata la nullità.
  2. Se l’organo surrogante valuta che sussista, per disposizione di legge o di regolamento, l’obbligo giuridico di procedere alla nomina, ovvero se, comunque, ritenga opportuno affidare l’incarico, procede entro dieci giorni ad attivare la procedura di nomina da concludersi entro i successivi dieci giorni.
  3. L’organo che procede in via sostitutiva comunica le decisioni assunte al Responsabile della prevenzione della corruzione e trasmette i relativi provvedimenti.
  4. Le comunicazioni di nullità degli incarichi e i provvedimenti sostitutivi sono comunicati al Sindaco, ai Capigruppo consiliari, al Revisore dei Conti, al Nucleo di Valutazione.
 
Art. 7
Entrata in vigore e rinvio dinamico
 
  1. Il presente regolamento entra in vigore dalla data di esecutività della deliberazione con la quale è approvato.
  2. Le norme sopravvenute, se di rango superiore, si intendono immediatamente applicabili, qualora disciplinino materie oggetto del presente regolamento e si configurino ipotesi di incompatibilità.
  3. Nel caso in cui si faccia riferimento a disposizioni normative espressamente abrogate da norme di rango superiore, il riferimento si intende alle corrispondenti disposizioni in vigore.
  4. Il presente regolamento è pubblicato sul sito internet del Comune nella sotto sezione “Disposizioni Generale” “Atti amministrativi generali” della sezione “Amministrazione Trasparente”.
 
 
 
 
[1] Ai sensi dell’art. 15 comma 1 del d. lgs. n. 39/2013 “Vigilanza sul rispetto delle disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto privato in controllo pubblico”, “Il responsabile del piano anticorruzione di ciascuna amministrazione pubblica (omissis), di seguito denominato “responsabile”, cura, anche attraverso le disposizioni del piano anticorruzione (omissis) che siano rispettate le disposizioni del presente decreto sulla inconferibilità e incompatibilità degli incarichi.
[2] L’art. 35 bis del D. Lgs. n. 165/2001 rubricato “Prevenzione del fenomeno della corruzione nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici” prevede: 1. Coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale: a) non possono fare parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l’accesso o la selezione a pubblici impieghi; b) non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all’acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché’ alla concessione o all’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati; c) non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché’ per l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere. 2. La disposizione prevista al comma 1 integra le leggi e regolamenti che disciplinano la formazione di commissioni e la nomina dei relativi segretari)).
 
 
[3] potere d’ordine che, tuttavia, la giurisprudenza amministrativa non riconosce ad ANAC (ndA).
[4] La L. n. 190/2012, quale legge delega, aveva previsto n. 6 deleghe al Governo. Di queste sono state realizzate quella di cui all’art. 1 comma 35 (con approvazione del d. lgs. n. 33/2013); quella di cui all’art. 1 comma 49 (con approvazione del d. lgs. n. 39/2013); quella di cui all’art. 1 comma 63 (con approvazione del d. lgs. n. 235/2012),

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