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Tar Salerno. Illegittimo esprimere il diniego alla SCIA decorsi trenta giorni
 
I giudici del Tar Salerno (1276/2020) prendono in esame il caso di un proprietario di un immobile titolare del permesso di un costruire, nonché dell’autorizzazione paesaggistica che dopo avere presentato, il 27.11.2019, un progetto di SCIA in variante in data 13.02.2020, riceve la comunicazione di preavviso di diniego, formalizzata in data 14.04.2020.
Il ricorso del proprietario è ritenuto manifestamente fondato e, come tale, meritevole di accoglimento, stante il vizio assorbente di tipo procedimentale, che inficia l’atto gravato in termini di illegittimità, adottato in violazione dei termini procedimentali legalmente prescritti in materia di SCIA, precisando:
-l’art. 19, comma 6 bis, della L. 241/1990 così dispone: “nei casi di SCIA in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni; fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 4 ed al comma 6, restano altresì ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico- edilizia, alle responsabilità ed alle sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e delle leggi regionali”;
-la giurisprudenza interpreta l’inciso normativo in modo rigoroso, ritenendo che il decorso dei termini previsti per l’esercizio del potere inibitorio circa i lavori oggetto di SCIA o di DIA, ovvero 30 giorni dalla presentazione della medesima, comporta la definitiva consumazione del potere inibitorio stesso e il consolidamento della situazione soggettiva del dichiarante/segnalante, residuando in capo all’amministrazione, a fronte di un’attività avviata al di fuori delle condizioni normativamente previste, i soli poteri di autotutela, indipendentemente dal fatto che il privato abbia o meno dato inizio ai lavori, applicandosi in tal caso la regola, prevista in generale per i titoli edilizi, di validità annuale dal rilascio o dalla formazione degli stessi (T.A.R. Firenze, Sez. III, 07/02/2020, n.177;T.A.R. Cagliari, Sez. II, 31/07/2017, n.517);
– è parimenti illegittimo l’operato dell’Amministrazione comunale che, in presenza di SCIA per la realizzazione di un intervento edilizio, adotti provvedimenti di diffida a non proseguire le opere, di sospensione dei lavori o di demolizione dopo che sia decorso il termine di trenta giorni previsto per il consolidamento del titolo, senza fare previo ricorso all’adozione di poteri in autotutela e senza alcuna motivazione in punto di interesse pubblico alla rimozione del titolo annullato e di necessaria comparazione tra interesse pubblico e interesse privato e di prevalenza del primo sul secondo; diversamente opinando, si finirebbe per negare ogni rilevanza alla prescrizione di legge secondo cui l’Amministrazione può e deve inibire i lavori entro trenta giorni e si introdurrebbe nel sistema un elemento di profonda incertezza, rendendo necessario individuare, nel silenzio della legge, quale possa essere il “termine ragionevole” entro il quale l’Amministrazione può annullare senza motivare sull’interesse pubblico (T.A.R. Latina, Sez. I, 06/06/2018, n.290; T.A.R. Milano, Sez. I, 29/12/2016, n.2488);
In conclusione, ribadiscono i giudici, l’Amministrazione procedente ha esercitato i suoi poteri repressivi oltre il termine di legge, comunicando, in buona sostanza, il preavviso di diniego oltre il termine di trenta giorni e formalizzando il diniego stesso in un tempo addirittura maggiore. Il Comune, pur avendo esercitato il potere repressivo oltre il termine summenzionato, non ha comunque osservato le necessarie garanzie partecipative di cui all’art. 21 nonies, con l’inevitabile conseguenza del consolidamento della posizione giuridica già previamente intestata ai ricorrenti;

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