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Concorsi per cercare professionalità e non posti da coprire e programmazione sintetica, per non morire di programmi
 
Ha ragione Francesco Verbaro col suo articolo su Il Sole 24 Ore del 5 ottobre 2020 titolato “Così concorsoni e buste paga alimentano la cattiva burocrazia“: di programmi la PA può morire. E gli enti locali non fanno eccezione: c’è il Dup, il Pad, il Pd, il programma delle opere pubbliche, il programma delle forniture e dei servizi, il ptpc, la new entry POLA, il piano delle azioni positive, il piano della transizione digitale, il programma per la privacy, il programma dei pagamenti, il programma dei fabbisogni e delle assunzioni e ne omettiamo molti altri. 
 
Per lo più si tratta di atti illeggibili, ridondanti, che gli organi di governo di volta in volta chiamati ad approvarli non comprendono, rispetto ai quali mostrano assoluta indifferenza e proprio per questo ne demandano la stesura ed il controllo agli organi tecnici. Né i programmi siffatti hanno utilità alcuna ai fini della funzione di indirizzo. Poiché i politici non conoscono i contenuti di questi programmi e, comunque, li soffrono, non impartiscono direttive con essi coerenti, ma continuano ad indirizzare e provare a gestire e solo con la logica del giorno per giorno o del consenso elettorale. 
Ha ragione, inoltre, Verbaro, nel deprecare la logica del mega concorsone che, al di là dei fondati dubbi sull’effettiva idoneità a velocizzare le prove, si presenta di per sé del tutto inefficace per selezionare professionalità specifiche, connesse a precisi profili professionali, anche perché le pubbliche amministrazioni non sono capaci e non vogliono definire mansioni, abilità, attitudini e competenze, ma si limitano da sempre a definire i profili con terminologie del tutto generiche ed insufficienti, come “istruttore amministrativo”. 
 La digitalizzazione dei procedimenti concorsuali, certo necessaria e finalmente prevista con ampio ritardo, è utile, ma non basta. Occorre agire disboscando i troppi e contraddittori vincoli alle assunzioni ed istituendo strutture tecniche provinciali o regionali di controllo sui bandi e l’effettiva presenza di tratti distintivi di offerte di impiego realmente in grado di determinare profili professionali concreti ed identificabili. La determinazione di profili veri è, ricordiamolo, la grande predica caduta nel vuoto, della riforma Madia, il d.lgs 75/2017.  

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