01/10/2020 – Stretta sulle esenzioni Imu ai coniugi

Stretta sulle esenzioni Imu ai coniugi
di Sergio Trovato

Decisiva presa di posizione della Cassazione sull’agevolazione prima casa, che smentisce le tesi dei giudici di merito e del Ministero dell’economia e delle finanze. L’esenzione Imu per l’immobile adibito a abitazione principale non spetta a entrambi i coniugi anche se vivono in comuni diversi. L’impedimento a fruire dell’agevolazione, quindi, non è legato solo al fatto che gli immobili siano ubicati nello stesso comune. Il cambio di residenza per esigenze lavorative non giustifica il beneficio fiscale. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l’ordinanza 20130 del 24 settembre 2020. I giudici di legittimità chiariscono il significato dell’equivoca norma di legge che disciplina l’agevolazione Imu. Nel caso di specie un coniuge, non legalmente separato, aveva la residenza in un comune diverso rispetto a quello di dimora abituale del nucleo familiare. Secondo la Cassazione, c’è «la necessità che in riferimento alla stessa unità immobiliare tanto il possessore quanto il suo nucleo familiare non solo vi dimorino stabilmente, ma vi risiedano anche anagraficamente». Non importa che gli immobili in cui viene fissata la residenza dei coniugi siano ubicati in comuni diversi, per avere diritto all’esenzione, giustificata da esigenze lavorative. La pronuncia della Cassazione consente agli enti di recuperare l’imposta non pagata sulle seconde case e sugli immobili in cui è stata stabilita la residenza dai coniugi per fini elusivi. La tesi della Cassazione contrasta con l’interpretazione fornita dal ministero dell’economia e delle finanze (circolare 3/2012), secondo cui spetta la doppia agevolazione a entrambi i coniugi che risiedono in comuni diversi. Residenza e dimora abituale dei coniugi devono coesistere. Solo la separazione legale consente a moglie e marito di fruire dei benefici fiscali su due immobili diversi utilizzati come prima casa. Dunque, Non rileva più che gli immobili utilizzati dai coniugi come prima casa siano ubicati nello stesso comune o in comuni diversi. Per abitazione principale s’intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Sono esenti gli immobili adibiti a prima casa, tranne quelli iscritti nelle categorie catastali A1, A8 e A9, vale a dire immobili di lusso, ville e castelli, per i quali il trattamento agevolato è limitato all’aliquota e alla detrazione. L’agevolazione si estende anche alle pertinenze, che ex lege devono essere classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7.

Molte sentenze dei giudici di merito non sono in linea con il principio enunciato dalla Suprema corte. Di recente, la commissione tributaria provinciale di Lecce, con la sentenza 945 del 15 luglio 2020, ha sostenuto che l’esenzione spetta a entrambi i coniugi che hanno la residenza in comuni diversi, specialmente se ciò è giustificato da esigenze lavorative (si veda Italia Oggi di mercoledì 16 settembre 2020). Anche la commissione tributaria regionale di Firenze (sentenza 1493/2018) ha riconosciuto l’esenzione, nonostante l’immobile non fosse stato utilizzato da tutto il nucleo familiare, ma solo da uno dei coniugi. Nello stesso modo si è pronunciata la commissione tributaria regionale dell’Abruzzo (sentenza 692/2017), la quale ha ritenuto che se uno dei coniugi risiede, per motivi di lavoro, in un comune diverso da quello in cui dimorano i propri familiari non perde il diritto all’esenzione. Gli impegni di lavoro giustificano una frattura della convivenza abituale all’interno della stessa casa, ma non fanno venir meno la destinazione a abitazione principale della famiglia dell’unità immobiliare.

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