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Sono in discussione in questi giorni le “Linee Guida su POLA e Indicatori di performance”, in applicazione della L. 77/2020. Si tratta di un documento – al momento in cui si scrive circola in modalità “bozza” – che fornisce alcune indicazioni utili su come impostare la transizione verso il lavoro agile nella PA. L’occhio mi cade inevitabilmente sul paragrafo dedicato alla performance dove si dice che “a fronte di questi potenziali benefici è però necessario valutare l’effetto del lavoro agile sulle performance dei singoli dipendenti”. Mi viene in mente, al proposito, il recente ottimo commento di un nostro ex allievo al DM del 19 ottobre scorso sul lavoro agile che all’art. 6 stabilisce di “rafforzare i metodi di valutazione improntati al raggiungimento dei risultati”: come se senza lavoro agile se ne potesse fare a meno. Ma vado avanti a leggere.

Dopo accurate classificazioni di indicatori per monitorare efficienza ed efficacia, il documento stabilisce: “gli indicatori di efficacia ed efficienza devono essere misurati dai sistemi di controllo di gestione”. Accidenti che colpo di scena! E chi l’avrebbe mai detto? Beh, ora sì che è tutto può chiaro. Cosa dite? Che non vi sembra nuovo? Mmm… Vediamo… Devo avere una collezione di cose simili da qualche parte… Eccola!!

Archeologia delle misure di prestazione

La produttività nelle pubbliche amministrazioni va direttamente collegata ad una programmazione per obiettivi da raggiungere in un certo tempo e con determinate risorse e ad una valutazione sperimentale degli standards medi di esecuzione, tenendo conto della peculiarità di taluni servizi. (art. 12, comma 1, DPR n. 13/1986)

 

Con l’utilizzazione del fondo di cui al precedente comma, obiettivo primario degli enti è quello di incentivare la programmazione del lavoro delle singole strutture e di tendere al coinvolgimento dei lavoratori nel processo di riorganizzazione del lavoro (…) finalizzando l’attività amministrativa anche alla verifica dei risultati ed al controllo di gestione (art. 8, comma 2, DPR n. 268/1987)

 

(…) verificare lo stato di attuazione degli obiettivi programmati e, attraverso l’analisi delle risorse acquisite e della comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti, la funzionalità dell’organizzazione dell’ente, l’efficacia, l’efficienza ed il livello di economicità nell’attività di realizzazione dei predetti obiettivi (art. 39. Comma 2, DLgs n. 77/1995)

 

Le pubbliche amministrazioni, sulla base anche dei risultati del controllo di gestione, valutano (…) le prestazioni dei propri dirigenti (…). La valutazione delle prestazioni e delle competenze organizzative dei dirigenti tiene particolarmente conto dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione. (art. 5, commi 1 e 2, DLgs. 286/1999)

 

Ogni amministrazione pubblica è tenuta a misurare ed a valutare la performance con riferimento all’amministrazione nel suo complesso, alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola e ai singoli dipendenti (Art.3, comma 2, DLgs 150/2009)

Come vincere a questo perfido Gioco dell’Oca?

No, non sono una disfattista. Anzi. Penso che il lavoro agile possa essere un’opportunità e che senza dati di realtà che aiutino a capire quale valore si genera e per chi, si è destinati all’autoreferenzialità più ottusa. Proprio per questo mi sorprende che si finisca col riproporre sempre lo stesso – scarsamente efficace – schema, già descritto nel post “Liberare le performance della PA. Dai premi.” E dal POLA, verrebbe da aggiungere oggi. Nils Brunsson, studioso svedese della stessa scuola neo-istituzionale scandinava del novergese Johan P. Olsen (proprio lo stesso Olsen che scrive con March Rediscovering institutions nel 1989) ha dedicato gran parte della sua carriera a spiegare perché le riforme si assomigliano un po’ tutte e producono esiti modesti. Nel suo libro del 2006 “Mechanisms of Hope: Maintaining the Dream of the Rational Organization” spiega che le riforme sono la promessa “che questa sarà la volta buona”. Che si ripete sempre, uguale a se stessa nel tempo. Almeno finché non si cambia diagnosi.

Per vincere a questo crudele gioco dell’oca delle riforme manageriali nella PA che spingono i concorrenti sempre al punto di partenza, occorre cambiare strategia. Per esempio, potremmo provare a rispondere a questa domanda: se non ci fossero né POLA, né piani della performance, né OIV, né premi, né tutti gli obblighi connessi, quale sistema di feedback dalla realtà vorremmo per capire se stiamo utilizzando o no al meglio le risorse pubbliche per rispondere ai bisogni della collettività?

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