31/03/2020 – COVID-19: il virus può contagiare anche la democrazia?

COVID-19: il virus può contagiare anche la democrazia?
 Andrea Siena
Profili costituzionali all’epoca dell’emergenza coronavirus. Il susseguirsi degli interventi governativi in materia di limitazione della libertà personale e gli strumenti utilizzati pongono in capo al giurista un obbligo di riflessione.
 martedì 31 marzo 2020
 
Sommario: 1. Premessa: rischio democrazia? – 2. Profili di garanzia costituzionale – 3. Profili di garanzia penale – 4. Conclusioni
1. Premessa: rischio democrazia?
L’Italia e il mondo stanno vivendo un momento tragico. La pandemia ha ucciso più di 15.000 persone nel mondo e, ad oggi, non esiste un vaccino in grado di arginare il virus. L’unico modo per evitare il diffondersi della malattia è, difatti, quello di evitare il contatto fra gli uomini. Evitare gli assembramenti, limitare gli spostamenti, contingentare le attività produttive: sono solo alcune delle misure ormai resesi necessarie ed indifferibili.
Per far fronte a tali urgenze, molti Stati (chi prima, chi dopo) hanno deciso di ricorrere alla normazione emergenziale. Come è noto, le misure limitative (c.d. misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da COVID-19) sono state introdotte, in Italia, con una serie di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti, tra gli altri, i Presidenti delle regioni interessate in attuazione di quanto previsto dall’art. 3, co. 1 del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito in l. 5 marzo 2020, n. 13.
Senonché tali provvedimenti emergenziali, al fine del controllo inerente alla loro legittimità, necessitano dell’evidenza del ragionamento di contemperamento degli interessi in gioco. 
D’altronde, se da una parte le riflessioni oggi poste non possono tradursi in un’incosciente apologia all’uso legittimo del pensiero anarchico, dall’altra, il pensiero giuridico, non può abnegare il ragionamento critico normativo, quasi fosse il ritorno dogmatico dello ius naturale.
Ed è soprattutto all’avvocato, in aderenza a quel pensiero “calamandreiano” di ultimo presidio al rispetto dei diritti fondamentali, che è imposta l’analisi dell’attuale stato di diritto. Del resto, la storia insegna che è proprio il giurista il soggetto più sensibile a quegli allarmi di natura sociale e sociologica, preludio di possibili attentati ai diritti fondamentali tanto faticamente diseppelliti dagli orrori del passato.
Il grido di oggi, che tristemente ricorda l’urlo di ieri, è il sentimento imperante nel popolo italiano. In tal senso non possono minimizzarsi gli attacchi agli untori manzoniani[1],  la minaccia dell’uso squadrista delle forze dell’ordine[2], o le dichiarazioni di ex appartenenti alle istituzioni repubblicane[3].
Renzo De Felice, pur osteggiato negli anni quale storico revisionista e filofascista, ammoniva su un dato: “il regime godette per un lungo periodo di una straordinaria partecipazione popolare. Era il popolo nelle piazze che chiedeva la sua ascesa, Mussolini si limitò a cavalcare l’onda”[4]Ebbene oggi, così come non può cadersi nei meri costrutti retorici dei “corsi e ricorsi storici” di Vichiana memoria gridando all’attentato democratico non suffragato dal dato oggettivo, parimenti, il giurista, non può rifugiarsi nel silenzio di una ragione dimentica del suo passato.
Allora la riflessione del giurista appare meno tendenziosa e i dubbi in ordine alla tenuta democratica, consentiti.
La richiesta a gran voce dell’esercito in strada, il tracciamento digitale degli individui[5], la corsa al linciaggio del presunto colpevole rivestono, allora, un momento per fermarsi e interrogarsi sulla strada che si sta percorrendo.
A parere dello scrivente le problematiche giuridiche sottese sono essenzialmente due: l’una di natura squisitamente costituzionale e l’altra, consequenziale alla seconda, di natura penale.
2. Profili di garanzia costituzionale
E’ innegabile che “l’emergenza Coronavirus” ha gettato brutalmente sul tavolo decisionale diversi valori costituzionali. Da un lato, l’art. 32 Cost., il diritto alla salute (rectius il diritto alla vita) dall’altro, la libertà di movimento, il diritto all’istruzione, l’iniziativa economica privata, etc. L’ordinamento costituzionale, nato dalle ceneri degli orrori emergenziali del passato, con sguardo ancora oggi lungimirante, permette il sacrificio di valori e diritti costituzionali di pari grado qualora siano vicendevolmente in conflitto, a condizione che il bilanciamento necessario, sia proporzionale, temporaneo e contingentato dagli stringenti margini del principio di ragionevolezza. Il Governo ha ritenuto prevalente il diritto alla salute (a parere dello scrivente correttamente), in considerazione del fatto che le strutture sanitarie non riescono a garantire ai malati gravi l’assistenza più idonea. Sicché occorre adottare delle misure che consentano al Servizio sanitario nazionale di curare tutti coloro che ne hanno bisogno in una situazione di gravità ed a rischio della perdita della vita.
“Ciò posto, i problemi costituzionalistici nascenti da tali circostanze hanno a che fare, prima facie, direttamente con la base legale della limitazione dei diritti e delle libertà fondamentali. Detto in altri termini, la libertà di circolazione (art. 16 Cost.) e la libertà d’iniziativa economica (art. 41 Cost.) possono subire limitazioni, in una situazione eccezionale come quella che stiamo vivendo, e possono soccombere sull’altare superiore innalzato a presidio della salute pubblica, a condizione – questo il punto – che le limitazioni stesse siano previste dalla legge o almeno da un atto avente forza di legge”[6].
Le misure, oggi oggetto della riflessione, sono state introdotte con una serie di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri in attuazione del precedente decreto legge, poi convertito nella legge 5 marzo 2020 n. 13. Orbene, tale fonte normativa rinviava ai d.p.c.m. per l’introduzione di ulteriori “misure di cui gli articoli 1 e 2”. Tale menzione si traduce, in realtà, in una delega normativa concernente la possibilità per il Presidente del Consiglio di promuovere misure determinate (art. 1) e indeterminate o atipiche (art. 2 “ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia da COVID-19 anche fuori dei casi di cui l’art. 1”). Orbene, nell’introdurre svariate limitazioni, i d.p.c.m. hanno sempre richiamato il d.l. n. 6/2020. Senonché è lecito dubitare che quel decreto-legge rappresenti effettivamente una valida base legale. Ciò per due ordini di ragioni. Una prima riflessione attiene alla latitudine del potere esercitato: così se il d.l. 6/2020 è nato come provvedimento straordinario e limitato alle c.d. zone rosse, i d.p.c.m. successivi, hanno introdotto limitazioni con efficacia sull’intera penisola con ciò sollevando problemi in ordine alla validità legale degli stessi. Secondariamente, dubbi in ordine alla compatibilità ordinamentale, inficiano lo stesso D.l. il quale, operando di fatti una delega “in bianco” (art. 2) alle successive fonti regolamenteari eludono, di fatti, la riserva di legge prevista dagli artt. 16,41 Cost.[7].
A tal fine, va premesso, che il d.p.c.m. è fondato sulla legge (d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, conv. in l. 5 marzo 2020, n. 13) ma diversi commentatori hanno posto interrogativi sia sulla latitudine del potere esercitabile ponendo in dubbio la possibilità di estendere la misura del “restate a casa” su tutto il territorio nazionale: sia perché il potere è troppo indeterminato, sia perché in questi casi sarebbe stato opportuno, proprio per la generalità della previsione estesa a tutto il territorio nazionale, prevedere la misura coercitiva del “restate a casa” con decreto legge, in modo da coinvolgere il parlamento nella decisione. Altri, invece, hanno asserito la piena legittimità del decreto legge e del d.p.c.m., ritenendo, invece, illegittime le ordinanze dei Governatori con portata ancor più limitativa del d.p.c.m. (Caso T.A.R. Campania).
3. Profili di garanzia penale
Da tali premesse costituzionali, anche le necessarie ricadute sul piano del diritto penale. Ebbene le misure limitative descitte suiinanzi sono state precipuamente presidiate da sanzioni di carattere penali. In tal senso, l’art. 3 co. 4 del d.l. 6/2020 dispone infatti che “salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è puntito ai sensi dell’art. 650 del codice penale”.
La fattispecie di rinvio è, come noto, la contravvenzione di “inosservanza dei provvedimenti dell’autorità” che presuppone provvemdimenti autoritativi “legalmente dati”. Ma se le riflessioni in punto di diritto costituzionale sono fondate è lecito dubitare anche della posssibile incriminazione contravvenzionale. Invero, ai fini del giudizio di responsabilità in ordine al reato di cui l’art. 650 c.p., il giudice è tenuto a verificare previamente la legalità sostanziale e formale del provvedimento che si assume violato sotto il triplice profilo della violazione di legge, eccesso di potere e dell’incompetenza, ne consegue che ove venga rilevato il difetto del presupposto della legittimità, sotto uno di tali profili, l’inosservanza del provvedimento non integra il reato in questione per la cui sussistenza è richiesto esplicitamente che il provvedimento sia “legalmente dato”[8]
D’altronde, un dato di natura preventiva su cui soffermarsi è, per l’appunto, quello concernente il rispetto dei principi costituzionali, corollari del principio di legalità, ed imposti al legislatore nella creazione di una fattispecie incriminatrice, quali il principio di determinatezza e tassatività. Ebbene, in tal senso, una norma penale come quella in oggetto, fonte di plurime interpretazioni rilasciate spesso più agli organi di polizia che alle curie giudiziarie (cfr. le numerose direttive rilasciate dai vari Ministeri), mal si concilia con i postulati giuridici statuiti dalla Corte Costituzionale in subiecta materia[9]. La rincorsa al runner da parte dei tutori delle forze dell’ordine attualmente impegnate, pur nella palese liceità della condotta, ne sono più che prova. Apparirebbe lecita, infatti, ancora oggi, la condotta del soggetto che esercita attività motoria in rispetto delle distanze di sicurezza e nei pressi (sic) della propria abitazione. E ciò, se non per il principio “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit” in ossequio ai pacifici principi costituzionali cui gli artt. 25, 27 Cost..
Ma vi è di più. Ulteriori dubbi di ordine costituzionale suscita, parimenti, l’escamotage ricercato dal legislatore emergenziale che, attraverso una autocertificazione preimpostata[10], obbliga il presunto trasgressore ad autoincriminarsi del diverso e più grave reato cui l’art. 483 c.p.
Ebbene, una simile creazione, oltre a prestare il fianco circa la corretta tecnica legislativa imposta al legislatore penale, appresta, a parere dello scrivente, un deterrente più che spuntato. Ciò, in quanto, la principale facoltà sottesa al diritto di autodifesa passiva (nemo tenetur se detegere o, nella forma nemo tenetur se ipsum accusare) sancisce che nessuno può essere obbligato ad affermare la propria responsabilità penale (autoincriminazione), costituendo, per gli effetti, una valida scriminante cui l’art. 51 c.p., definendo quel comportamento, in definitiva, non punibile[11]. Allora, il trasgressore più avveduto, ben potrebbe aggirare lo spauracchio del delitto di falso rifiutando una dichiarazione preimpostata e scontando per ciò il ben meno grave reato contravvenzionale cui l’art. 650 c.p..
4. Conclusioni
Come premesso le riflessioni oggi affrontate non vogliono essere uno sconsiderato invito all’anarchia. Un fenomeno scientifico può essere arginato solo attraverso strumenti anche essi tecnici e scientifici. La parola, in questo caso, spetta alla Scienza. Vero è che proprio nei momenti emergenziali lo Stato deve attuare quelle tecniche preventive pensate di ostacolo alla deriva totalitaria, sempre dietro l’angolo e che ci impone sempre di vigilare. Da ciò sarebbe opportuna una piena operatività del Parlamento o il ricorso alle sanzioni amministrative, deterrente ad un tempo maggiore e rispettoso dei principi oggi analizzati.
Note e riferimenti bibliografici

[1] Crotone. Affetti da Covid: i nomi circolano su WhatsApp, indaga la squadra mobile. Su www.cn24tv.it 

[2] Coronavirus, De Luca: “Feste di laurea? Vi mando i carabinieri con il lanciafiamme. Su www.video.repubblica.it

[3] Coronavirus, il “comandante Alfa” attacca il governo e nella destra c’è chi evoca il golpe. Su www.repubblica.it

[4] Mussolini il rivoluzionario, 1883-1920, Collana Biblioteca di cultura storica, Einaudi, Torino, 1965.

[5] Coronavirus, app e sistemi per tracciare i positivi: come funzionano. Su www.agendadigitale.it

[6] Estratto da www.sistemapenale.it – COVID 19 diritti e libertà fondamentali

[7] Estratto da www.sistemapenale.it – COVID 19 diritti e libertà fondamentali

[8] Cass., 17 gennaio 2018, n. 54841; Cass., 21 giugno 2017, n. 51458

[9] Corte Cost. 327/2008; Corte Cost. 364/1988

[10] Nuovo modello di autodichiarazione per gli spostamenti, modificato sulla base delle nuove disposizioni introdotte dal dpcm 22 marzo 2020 e pubblicato sul sito ufficiale del Governo. Dal sito del Ministero dell’interno 

[11] Cass., Sez. VI penale, 8 aprile 2019, n.15327, in senso conforme Cass. Penale, 28 maggio n. 21402.

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto