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EMERGENZA CORONAVIRUS/ Da Anci Piemonte prima attuazione delle direttive
Piattaforma per il telelavoro – Videoconferenza e call conference gli strumenti usati
di Matteo Barbero
 
Per agevolare il lavoro a distanza Anci Piemonte mette a disposizione dei comuni la propria piattaforma per le videoconferenze. L’iniziativa – una delle prime a tradurre in termini concreti l’indirizzo della Funzione pubblica per arginare la diffusione del coronavirus – è stata promossa con una missiva inviata dal presidente Andrea Corsaro a tutti i sindaci della regione subalpina. Con la circolare n. 1/FP/2020 firmata dal ministro Fabiana Dadone (si veda ItaliaOggi di ieri) è stata impressa una forte accelerazione a favore del ricorso, da parte delle pubbliche amministrazioni, a strumenti di «lavoro agile», al fine di potenziare le misure di prevenzione dal contagio. Tra le misure indicate, vi è anche l’utilizzo di strumenti per la partecipazione da remoto a riunioni e incontri di lavoro (sistemi di videoconferenza e «call conference»). «Ben consapevole dei tagli che gli Enti locali hanno dovuto sopportare, negli scorsi anni, per l’acquisto di dotazioni informatiche», scrive Corsaro, «ritengo doveroso mettere a disposizione gratuitamente di tutti i comuni associati le risorse strumentali di cui Anci Piemonte dispone, tra cui il proprio sistema di audio-videoconferenza». La piattaforma può ospitare fino a 250 collegamenti in simultanea sia da web che da mobile. Le amministrazioni interessate potranno pertanto utilizzarla previa richiesta via e-mail a riunioni@anci.piemonte.it da trasmettere con almeno un giorno di anticipo rispetto alla data della riunione, indicando anche l’orario programmato di inizio e fine. L’iniziativa coglie nel segno: al di là dell’ovvio favor per lo smart working, molti enti sono oggettivamente in difficoltà ad adeguarsi, complice, da un lato, la necessità comunque di garantire servizio di presidio o di sportello, dall’altro i continui tagli che anche le spese per la digitalizzazione hanno subito nei lunghi anni di spending review. Nella classifica stilata dalla Commissione Europea per misurare la digitalizzazione degli Stati membri, l’Italia occupa il 24° posto, con una costo per il sistema stimato in oltre 30 miliardi di euro. Nei comuni, in particolare, la percentuale di enti che hanno chiuso il centri elaborazione dati per passare al cloud è ancora minoritaria. Non va meglio se si guarda ai fornitori privati, che non sempre garantiscono libertà di accesso alle procedure gestionali da macchine esterne al sistema. In molti casi la difficoltà non è solo burocratica o organizzativa, ma eminentemente tecnica e informatica. Ma nella circolare Dadone, nel lungo elenco di misure incentivanti, non ne compare nemmeno una per assicurare l’approvvigionamento a costi contenuti dei necessari supporti.

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