19/05/2020 – Indennità di funzione del sindaco

Indennità di funzione del sindaco
Il Sindaco del Comune di Val Masino (SO) ha formulato una serie di quesiti in tema di indennità di funzione degli amministratori comunali alla luce dell’art. 57-quater, comma 1, d.l. n. 124/2019, n. 124 che ha inserito, all’interno dell’art. 82 TUEL, un comma 8 bis che consente l’incremento dell’indennità spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti fino all’85 per cento della misura di quella spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti. La Sezione, dopo aver dichiarato l’ammissibilità soggettiva e oggettiva del quesito, ha ritenuto, nel merito, che l’incremento di cui al comma 8 bis non operi ex lege, ma postuli l’espressione di una scelta decisionale rimessa all’ente, con conseguente decorrenza dell’incremento dalla data di esecutività del pertinente atto deliberativo. Sul piano dei rapporti con il principio di invarianza di spesa di cui all’art. 1, comma 136 della legge n. 56/2014la Sezione ha rilevato come lo stesso non sia specificamente richiamato dall’art. 57 quater del d.l. n. 124/2019 che, se da un lato valorizza l’autonomia degli enti, consentendo flessibilità nella modulazione dell’aumento, dall’altro, nell’implicare, per la sua attuazione, un cofinanziamento da parte dell’ente locale, pare supporre necessariamente, da parte dello stesso ente, all’atto della determinazione del quantum dell’incremento, una complessiva valutazione sulla misura dell’aumento, entro il limite di legge, che risulti compatibile con la propria situazione finanziaria nel singolo caso concreto. Rilevato un problema di coordinamento tra il comma 8 bis e il comma 8 dello stesso art. 82 TUEL che fissa un principio di proporzionalità tra l’ammontare dell’indennità degli altri amministratori locali e quella dei sindaci, la Sezione ha, infine, osservato come la norma sia chiaramente formulata con riguardo ai soli sindaci dei comuni fino a 3.000 abitanti e non ad altri amministratori locali, ai cui fini gli stessi lavori preparatori segnalano l’esigenza di apposita specificazione in via normativa.
 
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Lombardia/67/2020/PAR

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA LOMBARDIA

composta dai magistrati:
dott.ssa Maria Riolo Presidente
dott. Marcello Degni Consigliere
dott. Giampiero Maria Gallo Consigliere
dott.ssa Rossana De Corato Consigliere
dott. Luigi Burti Consigliere
dott.ssa Alessandra Cucuzza Referendario
dott. Ottavio Caleo Referendario (relatore)
dott.ssa Marinella Colucci Referendario
 
nell’adunanza in camera di consiglio da remoto del 13 maggio 2020 (ex art. 85, comma 3, lett. e) del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, conv. dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, emergenza epidemiologica COVID-19) ha assunto la seguente:
 
DELIBERAZIONE
VISTO il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;
VISTA la legge 5 giugno 2003, n. 131, recante “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”, in particolare l’articolo 7, comma 8;
VISTA la richiesta di parere n. 1414 del 16 aprile 2020 proposta, ai sensi dell’articolo 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, dal Comune di Val Masino (SO), acquisita al protocollo pareri di questa Sezione al n. 15 in data 16 aprile 2020;
VISTA l’ordinanza n. 16/2020 con la quale il Presidente della Sezione ha convocato in data odierna la Sezione stessa per deliberare sull’istanza sopra citata;
VISTA l’ordinanza n. 21/2020 con cui il Presidente della Sezione ha disposto che l’Adunanza in camera di consiglio del 13 maggio 2020 si svolga mediante collegamento da remoto;
RITENUTA la legittimità delle Adunanze da remoto ex art. 85, comma 3, lett. e) del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (conv. dalla legge 24 aprile 2020, n. 27) emergenza epidemiologica COVID-19 (secondo quanto già espresso dal Consiglio di Stato nel parere n. 571 del 10 marzo 2020) ai fini dello svolgimento dell’attività consultiva ex art. 7, comma 8 della legge n. 131/2003 di competenza delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, trattandosi di attività che non implica alcun contraddittorio con l’Ente che ha richiesto il parere;
Richiamato, inoltre, l’art. 84, comma 6 dello stesso d.l. n. 18/2020 secondo cui “Il giudice delibera in camera di consiglio, se necessario avvalendosi di collegamenti da remoto. Il luogo da cui si collegano i magistrati e il personale addetto è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge” nonché l’art. 85, comma 1 dello stesso decreto in forza del quale “le disposizioni di cui agli articoli 83 e 84 si applicano, in quanto compatibili e non contrastanti con le disposizioni recate dal presente articolo, a tutte le funzioni della Corte dei conti”;
VISTO il decreto n. 139 del 3 aprile 2020 del Presidente della Corte dei conti, recante “Regole tecniche ed operative in materia di coordinamento delle Sezioni regionali di controllo in attuazione del decreto legge n. 18/2020”;
DATO ATTO che il collegamento è avvenuto a mezzo della piattaforma “Microsoft teams” e ciascun Magistrato si è collegato con la dotazione informatica dalla propria abitazione;
UDITO il relatore, dott. Ottavio Caleo;
 
PREMESSO
Con l’istanza indicata in epigrafe il Sindaco del Comune di Val Masino (SO) ha rivolto alla Sezione una richiesta di parere in tema di indennità di funzione degli amministratori comunali ai sensi dell’art. 82 del d.lgs. n. 267/2000 (di seguito anche TUEL).
Il Comune premette che “a seguito delle elezioni che si sono svolte nella primavera del 2014, la Giunta risulta composta dal Sindaco e da n. 2 Assessori, ai sensi del comma 135 dell’art. 1 della L. 56/2014(durante il precedente mandato, invece, era composta dal Sindaco e da n. 4 assessori).
Nel 2014 a seguito dell’entrata in vigore della legge (c.d. Legge Delrio) si è provveduto alla rideterminazione dell’indennità di funzione degli amministratori comunali al fine di garantire l’invarianza della spesa (commi 135 e 136 dell’art. 1 della L. 56/2014). Nello specifico, trattandosi di un comune con popolazione inferiore a 1000 abitanti si è dovuto riparametrare le spese con riferimento alla composizione degli organi previsti dal Decreto Legge 138/2011 convertito in Legge n. 148/2011 (Sindaco+0 Assessori+ 6 Consiglieri Comunali).
L’indennità di funzione dei componenti della Giunta Comunale (Sindaco + 2 Assessori) è stata rideterminata come segue:
· Indennità mensile del Sindaco € 1.162,03 (pari alla misura prevista dal DM 04.04.2000 n. 196 decurtata del 10% ex art. 1 comma 54 della legge 266/2005)
· Vicesindaco € 0
· Assessore € 0”.
Rilevato come, a seguito dell’introduzione del comma 8 bis dell’art. 82 del d.lgs. n. 267/2000 ad opera dell’art. 57 quater del d.l. n. 124/2019 – convertito dalla legge n. 157/2019 – l’indennità di carica per i Sindaci dei comuni fino a 3.000 abitanti “è incrementata fino allo 85%” di quella prevista per i sindaci dei comuni fino a 5.000 abitanti, il Comune formula i seguenti quesiti sull’esatta interpretazione del succitato comma 8 bis, anche alla luce del principio di invarianza della spesa di cui ai commi 135 e 136 dell’art. 1 della legge n. 56/2014:
1. Può l’applicazione del comma 8bis dell’art. 82 del D.Lgs. 267/2000 comportare un aumento della spesa per indennità di funzione del Sindaco senza una corrispondente riduzione di altre spese (rimborsi spese di viaggio, gettoni di presenza, spese per la partecipazione alle associazioni rappresentative degli enti locali ecc.)?
2. L’applicazione dell’incremento previsto dal comma 8 bis è automatico o deve essere preceduto da una deliberazione dell’organo esecutivo dell’ente? Quale è la decorrenza dell’incremento?
3. Trattandosi di comune con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, avuto riguardo alla composizione degli organi previsti dal Decreto Legge 138/2011 convertito in Legge n. 148/2011 (Sindaco + 0 Assessori + 6 Consiglieri Comunali) in numero inferiore a quella attuale (Sindaco + 2 assessori + 10 Consiglieri Comunali), è possibile corrispondere un’indennità anche agli assessori (che ad oggi non l’hanno percepita) e, in caso affermativo, la stessa va calcolata in percentuale su quella del Sindaco prevista dal DM 04.04.2000 n. 196 o su quella incrementata ai sensi del comma 8 bis? ”.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
Secondo ormai consolidati orientamenti assunti dalla Magistratura contabile in tema di pareri da esprimere ai sensi dell’art. 7, comma 8, della legge n. 131 del 2003, occorre verificare, in via preliminare, se la richiesta di parere presenti i necessari requisiti di ammissibilità, sia sotto il profilo soggettivo, con riferimento alla legittimazione dell’organo richiedente, sia sotto il profilo oggettivo, concernente l’attinenza del quesito alla materia della “contabilità pubblica”.
Nel caso in esame la richiesta di parere deve essere dichiarata soggettivamente ammissibile giacchè formulata dal Sindaco del Comune, quale legale rappresentante dell’Ente e, pertanto, soggetto legittimato a richiedere il parere (cfr. art. 50, comma 2, del TUEL).
Sul piano dell’ammissibilità oggettiva, si osserva come la Corte dei conti, con diverse deliberazioni, sia della Sezione delle Autonomie (n. 5/AUT/2006; n. 3/SEZAUT/2014/QMIG) sia delle Sezioni riunite in sede di controllo (deliberazione n. 54/CONTR/2010, emanata ai sensi dell’art. 17, comma 31, del d.l. 1 luglio 2019, n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102) ha indicato il perimetro della funzione consultiva sulla materia della “contabilità pubblica”, precisando che la stessa coincide con il sistema di norme e principi che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici e che, pertanto, la funzione consultiva della Corte non può intendersi come consulenza generale. Ne deriva che la materia della contabilità pubblica riguarda i profili idonei ad avere impatto sulla sana gestione finanziaria degli enti e sui pertinenti equilibri di bilancio.
Ancora, con la deliberazione n. 54/CONTR/2010 sopra richiamata, le Sezioni riunite in sede di controllo, nell’esprimere principi vincolanti per le Sezioni regionali di controllo relativamente al concetto di “contabilità pubblica”, hanno fatto riferimento ad una visione dinamica di tale accezione, che sposta “l’angolo visuale dal tradizionale contesto della gestione del bilancio a quello inerente ai relativi equilibri”.
Si precisa, peraltro, che le Sezioni regionali di controllo non possono pronunciarsi su quesiti che implichino valutazioni sui comportamenti amministrativi o attinenti a casi concreti o ad atti gestionali già adottati o da adottare da parte dell’ente. In tale prospettiva, si richiama il costante orientamento di questa Corte alla stregua del quale la funzione consultiva non può risolversi in una surrettizia modalità di co-amministrazione, rimettendo all’ente ogni valutazione in ordine a scelte eminentemente discrezionali (cfr., ex multis, deliberazione della Sezione regionale di controllo per le Marche n. 21/2012/PAR).
Sulla scorta delle conclusioni raggiunte in sede consultiva, difatti, l’ente non può mirare ad ottenere l’avallo preventivo, o successivo, della magistratura contabile in riferimento alla definizione di specifici atti gestionali, tenuto anche conto della posizione di terzietà e di indipendenza che caratterizza la Corte dei conti quale organo magistratuale.
Ciò posto, la richiesta in parola, inquadrata su un piano di generalità e astrattezza, va annoverata nella materia della contabilità pubblica come sopra declinata, dal momento che i quesiti proposti riguardano l’esatta interpretazione di una norma che incide sull’individuazione del limite di spesa per gli oneri correlati alle attività degli amministratori locali, ferme restando l’autonomia e responsabilità dell’ente locale nella decisione circa il riconoscimento e la quantificazione di dette indennità nel singolo caso concreto
La risposta ai suddetti quesiti impone una sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
L’art. 82 del d.lgs. n. 267/2000 reca la disciplina dell’indennità di funzione da attribuire agli amministratori degli enti locali.
In particolare, l’art. 82, comma 8, TUEL stabilisce che le indennità di funzione del sindaco e dei componenti della Giunta comunale sono determinate con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nel rispetto dei parametri ivi indicati.
Il regolamento in parola, ancora oggi vigente, è stato adottato con d.m. del 4 aprile 2000, n. 119: il comma 11 dello stesso art. 82 prevedeva, nella sua originaria formulazione, che le indennità di funzione e i gettoni di presenza potessero essere aumentati o diminuiti, per i rispettivi componenti, con delibera di giunta o di consiglio, purché ricorressero le condizioni indicate nello stesso comma e, comunque, all’interno dei parametri indicati nel decreto ministeriale.
Su tale impianto normativo è intervenuto successivamente l’art. 1, comma 54, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 (legge finanziaria 2006), il quale ha disposto che, per “esigenze di coordinamento della finanza pubblica”, sono rideterminate «in riduzione nella misura del 10 per cento rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005» (tra l’altro) le indennità di funzione spettanti ai Sindaci e ai componenti degli organi esecutivi degli enti locali; sulla latitudine applicativa di tale disposizione, in considerazione delle normative medio tempore intervenute, si sono pronunciate le Sezioni riunite in sede di controllo di questa Corte che, con deliberazione n. 1/2012, hanno rilevato come “in mancanza di un limite temporale alla vigenza della predetta disposizione, limite peraltro contenuto in altre disposizioni analoghe della medesima legge finanziaria, il taglio operato può ritenersi strutturale, avente, cioè, un orizzonte temporale non limitato all’esercizio 2006”.
Sul punto è successivamente intervenuta anche la Sezione delle autonomie di questa Corte la quale, nella deliberazione n. 24/SEZAUT/2014/QMIG, ha affermato che “le coordinate interpretative rese dalle Sezioni Riunite risultano ancora attuali…giova evidenziare come, in tal senso, deponga il quadro normativo già posto dall’organo nomofilattico a fondamento del proprio percorso argomentativo…nonché la normativa sopravvenuta che, informata ad una logica di costante riduzione dei costi della rappresentanza politica, offre argomenti positivi a sostegno del carattere strutturale, e non meramente transitorio o eccezionale, delle riduzioni previste dall’art. 1 comma 54 della Legge Finanziaria 2006”.
L’art. 76, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) è quindi intervenuto sull’art. 82, comma 11, dello stesso TUEL (già in precedenza modificato dall’art. 2, comma 25, lett. d) della legge 24 dicembre 2007, n. 244), eliminando ogni possibilità di incremento di indennità di funzione e gettoni di presenza rispetto alla misura determinata ai sensi del richiamato comma 8 dello stesso articolo ovvero mediante decreto ministeriale.
L’art. 5, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122) ha poi previsto un’ulteriore rideterminazione in diminuzione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza per un periodo non inferiore ai 3 anni e in una misura variabile in ragione della dimensione demografiche dell’ente, rinviandone, tuttavia, l’attuazione ad un decreto ministeriale tutt’ora in attesa di emanazione, con conseguente mancata operatività, di fatto, della stessa norma (in argomento cfr., da ultimo, Sezione regionale controllo Puglia, deliberazione n. 26/2020/PAR).
Ai fini del parere da rendere rilevano anche le previsioni di cui all’art. 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56 che, nel disporre modifiche al numero dei consiglieri comunali ed al numero massimo degli assessori (comma 135), hanno contestualmente fissato, in relazione ai relativi oneri, un principio di invarianza della spesa pubblica (comma 136), formulato nei seguenti termini “I comuni interessati dalla disposizione di cui al comma 135 provvedono, prima di applicarla, a rideterminare con propri atti gli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori locali, di cui al titolo III, capo IV, della parte prima del testo unico, al fine di assicurare l’invarianza della relativa spesa in rapporto alla legislazione vigente, previa specifica attestazione del collegio dei revisori dei conti. Ai fini del rispetto dell’invarianza di spesa, sono esclusi dal computo degli oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori quelli relativi ai permessi retribuiti, agli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi di cui agli articoli 80 e 86 del testo unico”.
Su tale quadro normativo è intervenuto, da ultimo, l’art. 57-quater, comma 1, d.l. 26 ottobre 2019, n. 124, (convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157) che ha inserito un comma 8 bis all’interno dell’art. 82 TUEL in forza del quale “la misura dell’indennità di funzione di cui al presente articolo spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti è incrementata fino all’85 per cento della misura dell’indennità spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti”.
Passando al merito della richiesta di parere in argomento, il Collegio ritiene, per comodità espositiva, di scrutinare, anzitutto, il secondo quesito proposto circa l’automatica operatività dell’incremento previsto dal comma 8 bis ovvero la necessità di apposita delibera dell’ente.
Al riguardo il Collegio rileva come, sebbene la norma di cui al citato art. 57-quater sia rubricata sotto il titolo “Indennità di funzione minima per l’esercizio della carica di sindaco e per i presidenti di provincia”, l’articolazione delle nuove previsioni normative depone nel senso che l’incremento di cui al comma 8 bis non operi ex lege, ma postuli l’espressione di una scelta decisionale rimessa all’ente, con conseguente decorrenza dell’incremento dalla data di esecutività del pertinente atto deliberativo.
Difatti, la formulazione della norma, che non quantifica la misura esatta dell’incremento, ma ne fissa un tetto massimo “nell’85 per cento della misura dell’indennità spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti”, induce a ritenere indispensabile una previa delibera del comune di individuazione dell’entità dell’aumento da accordare e delle risorse all’uopo necessarie.
Si consideri, poi, il comma 2 della norma in discorso che – nella misura in cui stabilisce, “a titolo di concorso” alla copertura del maggior onere sostenuto dai comuni per la corresponsione dell’incremento dell’indennità, l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, di un apposito fondo con una dotazione di 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020 (ripartito, tra i comuni interessati con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali) – implicitamente suppone la necessità di apposita statuizione in tal senso da parte dell’ente interessato in sede di determinazione dell’indennità di funzione nei limiti sopra indicati.
Il primo quesito avanzato dal Comune solleva, invece, un problema di coordinamento tra l’applicazione dell’aumento dell’indennità di funzione spettante ai sindaci dei comuni fino a 3.000 abitanti, introdotta dal succitato comma 8 bis, con il principio di invarianza di spesa di cui al menzionato comma 136 della legge n. 56/2014.
Come noto, sull’ambito operativo di detto principio, si è pronunciata la Sezione delle autonomie di questa Corte con la deliberazione n. 35/SEZAUT/2016/QMIG laddove – nell’esprimere un’esigenza di valutazione differenziata tra oneri derivanti dalle spese per le indennità di funzione di sindaco e assessori e oneri connessi con le attività in materia di status degli amministratori locali, per loro natura variabili (gettoni di presenza dei consiglieri di cui all’art. 82 del TUEL, rimborsi delle spese di viaggio, spese per la partecipazione alle associazioni rappresentative degli enti locali) – ha affermato che l’indennità di funzione del sindaco e degli amministratori è da ritenersi “sottratta alla disposizione di cui al comma 136 finalizzata al contenimento ed alla neutralizzazione di un possibile incremento di spesa”.
Per contro, secondo quanto evidenziato dalla Sezione delle autonomie nella medesima deliberazione, «rientrano nel computo degli oneri soggetti alla determinazione della spesa soggetta ad invarianza, di cui al comma 136 in esame, tutti gli esborsi economici, di natura variabile, derivanti dalle attività “connesse” all’espletamento dello status di amministratore, contemplati negli altri articoli del Titolo III, parte IV del TUEL, ad eccezione di quelli relativi ai permessi retribuiti, agli oneri previdenziali, assistenziali ed assicurativi di cui agli articoli 80 e 86 del testo unico, espressamente esclusi dalla medesima disposizione».
Pertanto, in tale prospettiva, il principio di invarianza di spesa di cui all’art. 1, comma 136, della legge n. 56/2014, soggetto a previa specifica attestazione del collegio dei revisori dei conti, riguarda soltanto gli oneri connessi all’espletamento delle attività relative allo status di amministratore locale (tra cui i gettoni di presenza dei consiglieri degli enti locali) che vanno determinati secondo il criterio della spesa storica.
Ciò posto, nel caso in esame, a parere di questa Sezione, non viene in immediata rilevanza il disposto del citato comma 136, non richiamato dall’art. 57 quater del d.l. n. 124/2019 e specificamente finalizzato alla neutralizzazione di un possibile incremento di spesa legato alle modifiche al numero dei consiglieri e degli assessori per i comuni interessati dalla disposizione di cui al comma 135 della legge n. 56/2014 (cfr., in questi termini, Sezione regionale di controllo per il Piemonte, deliberazione n. 19/2017/SRCPIE/PAR).
Il comma 8 bis più volte richiamato reca, infatti, uno specifico meccanismo di adeguamento dell’indennità sindacale dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti per la cui implementazione si prevede, come accennato, apposito contributo statale a titolo di concorso dei maggiori oneri a carico dei bilanci dei singoli comuni.
Detta norma, se da un lato valorizza l’autonomia degli enti, consentendo flessibilità nella modulazione dell’aumento, dall’altro, nell’implicare, per la sua attuazione, un cofinanziamento da parte dell’ente locale, pare supporre necessariamente, da parte dello stesso ente, all’atto della determinazione del quantum dell’incremento, una complessiva valutazione sulla misura dell’aumento, entro il limite di legge, che risulti compatibile con la propria situazione finanziaria nel singolo caso concreto.
Con riguardo al terzo quesito si osserva come la Sezione delle autonomie, nella richiamata deliberazione n. 35/SEZAUT/2016/QMIG, ha già affermato che “non è oggetto di rideterminazione l’indennità di funzione relativa all’esercizio dello status di amministratore, che spetta nella misura prevista dalla tabella A del DM 119/2000, con la riduzione di cui all’art. 1, comma 54, della L. n. 266 del 2005”.
Su tale assunto, questa Sezione ha già affermato (cfr. deliberazione n. 7/2017/PAR, richiamata anche dalle successive delibere n. 382/2017/PAR, n. 337/2018/PAR e n. 297/2019/PAR) che l’ente locale può “determinare l’indennità di funzione degli amministratori nella misura astrattamente prevista dalla norme vigenti”: tale interpretazione è stata, poi, più volte accolta dalle Sezioni regionali di controllo (cfr. deliberazione della Sezione regionale di controllo per il Veneto n. 428/2018/PAR e, da ultimo, Sezione regionale controllo Abruzzo, deliberazione n. 113/2019/PAR, ove si afferma che “le predette indennità possono essere determinate dall’Amministrazione comunale nel limite della misura teorica massima legale definita dal DM n. 119/2000, in ragione della dimensione demografica dell’ente, fermo restando l’abbattimento percentuale previsto dall’art. 1, comma 54, della legge 23 dicembre 2005, n. 266”).
Maggiormente problematica, in termini generali e astratti, appare la possibilità di parametrare l’indennità dell’assessore a quella incrementata del sindaco in forza del comma 8 bis, più volte richiamato.
Il Collegio osserva come la norma sia chiaramente formulata con riguardo ai soli sindaci dei comuni fino a 3.000 abitanti, in linea con la ratio di contrastare la carenza di candidature alle elezioni amministrative negli enti di ridotte dimensioni demografiche e stimolare l’esercizio di tale munus publicum nelle situazioni di particolare gravosità del ruolo e delle responsabilità del sindaco, come nel caso di enti di limitate disponibilità finanziarie ed organizzative.
In questo senso si ravvisa, alla base della norma, lo scopo di rendere effettivi i principi costituzionali di garanzia dell’accesso dei cittadini alle funzioni pubbliche.
Sotto altro profilo, la nuova disposizione va, tuttavia, calata nel quadro ordinamentale sin qui sinteticamente ricostruito.
Al riguardo l’art. 82, comma 8, lett c) del TUEL, nel rinviare la determinazione della misura dell’indennità di funzione degli amministratori locali al decreto ministeriale sopra richiamato, dispone “l’articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vice sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia”: detto principio di proporzionalità tra l’ammontare dell’indennità degli altri amministratori locali e quella dei sindaci è recepito dall’art. 3, comma 6, dello stesso d.m. n. 119/2000.
Di qui, allo stato, un problema di coordinamento della nuova norma introdotta dall’art. 57 quater del d.l. n. 124/2019 con le altre previsioni dell’art. 82 TUEL e dello stesso d.m. n. 119/2000, rimaste immutate. Premesso che il comma 8 bis ha un ambito di applicazione soggettivo specificamente limitato ai sindaci dei comuni fino a 3.000 abitanti, giova osservare che negli stessi lavori preparatori del provvedimento in esame (cfr. dossier Servizio Studi Senato della Repubblica 9 dicembre 2019, n. 179/3, Disposizioni urgenti in materia fiscale, D.L. 124/2019, A.S. 1638) viene evidenziato come “andrebbe dunque valutata l’opportunità di specificare se la disposizione in esame è destinata a riverberarsi anche sulla determinazione dell’indennità degli altri amministratori locali, alla luce di quanto previsto dall’articolo 82 del TUEL”, con ciò escludendosi la possibilità di una sorta di estensione tout court dell’incremento in argomento alle indennità degli altri amministratori.
In questo senso si consideri anche il rigore interpretativo sotteso all’applicazione delle norme in tema di costi della rappresentanza politica sopra richiamate e il fatto che legislatore, laddove ha ritenuto, con il medesimo intervento normativo, ha inciso espressamente sulle indennità da riconoscere agli amministratori locali: è il caso delle modifiche apportate, dallo stesso art. 57-quater, comma 4, all’art. 1, commi 59 e 84 della legge n. 56/2014, con l’attribuzione di una indennità in favore del presidente della provincia, pari a quella del sindaco del comune capoluogo, in ogni caso non cumulabile con quella di sindaco.
D’altra parte la formulazione del comma 8 bis, lungi dal prevedere un’estensione dell’incremento in questione, lascia fermo l’impianto del comma 8, per effetto del quale la misura delle indennità degli amministratori è determinata dal più volte richiamato d.m. n. 119/2000 che all’art. 12 prevede come “Le parametrazioni percentuali disposte nel presente decreto si riferiscono in ogni caso agli importi delle indennità di funzione del sindaco e del presidente della provincia determinati sempre ai sensi del presente decreto, senza tener conto dell’indennità in concreto fissata, in eventuale aumento o riduzione”, tra cui potrebbero rientrare proprio i casi di specifico aumento dell’indennità sindacale disposto, ai sensi dell’art. 82, comma 8 bis del TUEL, con apposito provvedimento dell’ente nei termini sopra descritti.
P.Q.M.
Nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.
Così deliberato nella camera di consiglio da remoto del 13 maggio 2020.
Il Relatore Il Presidente
(dott. Ottavio Caleo) (dott.ssa Maria Riolo)
Depositata in Segreteria il 14 maggio 2020
 

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