04/05/2020 – AranSegnalazioni n. 7/2020

 

AranSegnalazioni n. 7/2020
Sezione Giuridica
Corte Costituzionale

Sentenza n. 61 del 9/1/2020

Impiego pubblico – Falsa attestazione presenza in servizio, accertata in flagranza – danno d’immagine della P.A. – condanna non inferiore a sei mensilità – eccesso di delega – illegittimità

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La Corte dei conti, nel 2018 si pronuncia in un giudizio di responsabilità promosso dalla Procura regionale riguardo a questioni di legittimità costituzionale dell’art. 55-quater, comma 3-quater, ultimo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, inserito dall’art. 1, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 20 giugno 2016, n. 116 in riferimento all’art. 76 della Costituzione, nonché all’art. 3 Cost., anche in combinato disposto con gli artt. 23 e 117, primo comma, Cost. La Procura regionale aveva esercitato l’azione di responsabilità amministrativa nei confronti di una dipendente comunale colta in flagranza a timbrare il cartellino e ad assentarsi. Contestando il danno patrimoniale pari alla mancata prestazione lavorativa e chiedendo la condanna, determinata in via equitativa, al risarcimento del danno all’immagine, ai sensi dell’art. 55-quater, co. 3-quater, del d.lgs. n. 165 del 2001, come modificato dal d.lgs. n. 116 del 2016. La questione di legittimità costituzionale del suddetto art. 55-quater, co. 3-quater, sollevata in riferimento all’art. 76 Cost., è fondata. Infatti a differenza di quanto avvenuto con la precedente legge n. 15 del 2009, laddove il legislatore aveva espressamente delegato il Governo a prevedere, a carico del dipendente responsabile, l’obbligo del risarcimento sia del danno patrimoniale che del danno all’immagine subìti dall’amministrazione, tanto non si rinviene nella legge di delegazione n. 124 del 2015 (legge Madia). L’art. 17, comma 1, lettera s), di detta legge prevede unicamente l’introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare. Non può dunque ritenersi compresa la materia della responsabilità amministrativa e, in particolare, la specifica fattispecie del danno all’immagine arrecato dalle indebite assenze dal servizio dei dipendenti pubblici. La disposizione in esame prevede, infatti, una nuova fattispecie intrinsecamente collegata con l’avvio, la prosecuzione e la conclusione dell’azione di responsabilità da parte del procuratore della Corte dei conti. Applicando ad essa il criterio di stretta inerenza alla delega risulta inequivocabile il suo contrasto con l’art. 76 Cost. inoltre, sebbene le censure del giudice rimettente siano limitate all’ultimo periodo del comma 3-quater dell’art. 55-quater, che riguarda le modalità di stima e quantificazione del danno all’immagine, l’illegittimità riguarda anche il secondo e il terzo periodo di detto comma perché essi sono funzionalmente inscindibili con l’ultimo, così da costituire, nel loro complesso, un’autonoma fattispecie di responsabilità amministrativa non consentita dalla legge di delega. Devono essere, dunque, dichiarati costituzionalmente illegittimi il secondo, terzo e quarto periodo del comma 3-quater dell’art. 55-quater del d.lgs. n. 165 del 2001, come introdotto dall’art. 1, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 116 del 2016

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Corte di Cassazione

Sezione lavoro

Sentenza n. 5417 del 27/2/2020 

Pubblico impiego – Dirigenza medica – maggiorazione indennità di pronta disponibilità – potere della contrattazione integrativa nel limite della disponibilità del fondo aziendale – quantificazione del fondo condizione potestativa – rigetto del ricorso

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

La Corte d’ Appello di Roma, adita dall’ AUSL di Frosinone, ha riformato la sentenza del Tribunale che aveva accolto il ricorso di alcuni dirigenti medici, ed aveva condannato la Ausl a corrispondere in particolare l’indennità di pronta disponibilità per ciascun turno, in misura superiore a quella stabilita dalla contrattazione collettiva nazionale. In particolare, il giudice d’appello ha rilevato che con deliberazione del 21 luglio 1999 l’importo unitario era stato elevato rispetto alla quota minima prevista dal C.C.N.L. ma a condizione che ci fosse la necessaria capienza finanziaria, condizione pacificamente non verificatasi nel periodo 2001/2011. La Corte romana ha escluso che l’elemento accidentale del contratto potesse essere qualificato meramente potestativo, e come tale affetto da nullità, perché la capienza del fondo è legata a fattori estrinseci, variabili, contingenti ed imponderabili e non deriva da un’esclusiva ed arbitraria scelta dell’amministrazione. Contro tale giudizio i ricorrenti hanno proposto ricorso in Cassazione. Gli ermellini hanno evidenziato che la contrattazione collettiva nazionale succedutasi nel tempo, pur consentendo alla contrattazione integrativa di rideterminare in aumento l’importo dell’indennità di pronta disponibilità, ha sempre condizionato l’esercizio di detto potere alle disponibilità del fondo aziendale destinato a far fronte al relativo onere, perché chiaro in tal senso è l’art. 62, comma 4, del CCNL 5.12.1996, al quale l’art. 51 del CCNL 8.6.2000 espressamente rinvia, con la conseguenza che il potere conferito alla contrattazione integrativa dal comma 4 trova anche in tal caso un limite nella complessiva disponibilità del fondo in questione, fissata inderogabilmente «nell’ammontare consolidato al 31.12.1997» (CCNL 6.6.2000) ed al 31.12.2001 (CCNL 3.11.2005). La Corte territoriale, pertanto, ha correttamente ritenuto che l’aumento dell’indennità di pronta disponibilità fosse condizionato alla disponibilità del fondo, e che, pertanto, i ricorrenti non potessero rivendicare il pagamento del maggior importo, non essendosi realizzata, nel periodo oggetto di causa, la condizione sospensiva. Si deve aggiungere inoltre, con riguardo alla censura avanzata dai ricorrenti rispetto alla mancata dimostrazione da parte dell’amministrazione della mancata capienza del fondo, che qualora l’acquisto di un diritto sia sottoposto a condizione sospensiva l’adempimento della condotta determinativa del fatto in questione è elemento costitutivo della fattispecie negoziale attributiva del diritto, sicché l’onere di provare l’avveramento dell’evento condizionante, ai sensi dell’art.2697 c.c., grava su colui che intende far valere quel diritto ( Cass. n.25597/2016). Infine, il ricorso è infondato nella parte in cui censura la sentenza impugnata per avere escluso il carattere meramente potestativo della condizione. Da tempo la Cassazione ha affermato che la condizione è “meramente potestativa” quando consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l’assenza di una seria volontà della parte di ritenersi vincolata dal contratto, mentre si qualifica “potestativa” quando l’evento dedotto in condizione è collegato a valutazioni di interesse e di convenienza e si presenta come alternativa capace di soddisfare anche l’interesse proprio del contraente, soprattutto se la decisione è affidata al concorso di fattori estrinseci, idonei ad influire sulla determinazione della volontà, pur se la relativa valutazione è rimessa all’esclusivo apprezzamento dell’interessato E’ evidente che quest’ultima ipotesi ricorre nella fattispecie poiché la quantificazione del fondo da destinare al trattamento accessorio, non può essere ritenuta frutto di arbitrio del datore di lavoro pubblico. In via conclusiva la Corte ha pertanto rigettato il ricorso. 

 

Corte dei conti

Sezione regionale controllo Veneto delibera n. 66/2020

Enti Locali – Recupero somme confluite indebitamente nel fondo risorse decentrate

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

I giudici contabili intervengono in merito alla possibilità di recupero delle maggiori somme confluite indebitamente nel fondo per le risorse decentrate, in particolare i giudici contabili evidenziano che: “ Allo scopo di recuperare risorse finanziarie nei limiti di quanto erogato impropriamente in eccesso in anni precedenti, dunque e nei limiti di legge, il tetto di spesa annuale destinato alle assunzioni può essere, in tutto o in parte, utilizzato per il ripiano dei fondi per la contrattazione integrativa decentrata costituiti in eccesso. L’eventuale quota residua può, invece, continuare a finanziare assunzioni di personale, nel medesimo esercizio o in anni successivi, entro i limiti quantitativi e temporali delle facoltà di utilizzo dei c.d. “resti”, quali stabilite dall’art. 3, comma 5, quarto periodo, del decreto legge n. 90/2014. L’effettività del recupero finanziario deve essere, altresì, garantita dalla rinuncia (anche solo parziale) o dal differimento di ogni tipologia di assunzione che non impegni, esclusivamente, le quote annuali di turn over”. (sez. Autonomie n.17/2019).

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Corte dei conti

Sezione controllo Abruzzo deliberazione n. 37/2020

Enti locali – Ripristino posizione soppressa – Rispetto limiti assunzionali

Segnalazione da U.O. Monitoraggio contratti e legale

I giudici contabili intervengono in merito alla possibilità di ripristinare un posto in dotazione organica di dirigente tecnico, soppresso in precedenza in quanto ritenuto in eccedenza, evidenziando che: “La programmazione del fabbisogno del personale, sulla base, anche, di nuove esigenze organizzative e funzionali, è subordinata ai limiti finanziari e alla riduzione strutturale della spesa del personale. Nel rispetto di tali limiti di spesa potenziale, l’Ente potrà procedere alla riqualificazione e alla quantificazione della consistenza della propria dotazione organica garantendo la neutralità finanziaria della rimodulazione programmata, come previsto dall’art.6, comma 3, d.lgs. n. 165 del 2001 che sancisce altresì che: “Resta fermo che la copertura dei posti vacanti avviene nei limiti delle assunzioni consentite a legislazione vigente”.

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Dipartimento della Funzione pubblica

Decreto 17 marzo 2020 – Misure per la definizione delle capacità assunzionali di personale a tempo indeterminato dei comuni

Segnalazione da U.O. Studi e analisi compatibilità

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.108 del 27-04-2020) il decreto interministeriale (Funzione pubblica, Economia e Interno) per la definizione delle capacità assunzionali di personale a tempo indeterminato dei comuni. Le norme, attuative dell’articolo 33 del decreto-legge 34/2019, superano il principio del turn over e adottano, per la spesa relativa al personale, determinati valori soglia, differenziati per fasce demografiche e basati sul rapporto tra la stessa spesa per il personale e la media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati.

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