01/05/2020 – Sindaci contro i governatori – La Calabria riapre bar e ristoranti ma i comuni dicono no

Fa discutere l’ordinanza della presidente Santelli. Decaro: stanchi del protagonismo regionale
Sindaci contro i governatori – La Calabria riapre bar e ristoranti ma i comuni dicono no
Pagina a cura di Francesco Cerisano
 
Sindaci contro governatori. Parte dai primi cittadini la disobbedienza civile contro le fughe in avanti dei presidenti di regione. Dalla Calabria (che da ieri ha ammesso non solo la ristorazione da asporto ma anche il servizio ai tavoli a condizione che avvenga all’aperto e nel rispetto di stringenti misure anti-contagio) alla Liguria (che ha riconosciuto la possibilità di fare jogging e aperto i negozi di abbigliamento per bambini), dalla Lombardia (che dal 29 aprile ha riaperto i mercati scoperti per la vendita di generi alimentari) al Veneto (che come Liguria, Puglia e Calabria ha ammesso la possibilità di spostarsi per fare manutenzione alle seconde case ma anche a barche e velivoli di proprietà) non c’è presidente di regione che non abbia tentato in emergenza Coronavirus di dire la propria, in modo spesso dissonante dal governo. E mentre all’inizio della pandemia la tendenza era a fissare regole più stringenti per frenare l’escalation di contagi, ora la corsa è ad allentare i vincoli. Cosa che in realtà la legge (dl 19/2020) non ammette, con il risultato che chi quelle regole deve poi applicarle sul territorio (i sindaci) non sa più come orientarsi. E lancia l’allarme. «Siamo un po’ stanchi del federalismo regionale che si sta trasformando in protagonismo regionale», ha tuonato ieri il presidente dell’Anci e sindaco di Bari, Antonio Decaro, ricordando come all’inizio dell’emergenza Covid, i sindaci abbiano deciso di rinunciare al proprio potere di ordinanza in materia di salute e protezione civile proprio «per evitare che ogni sindaco si mettesse a firmare ordinanze su una pandemia mondiale che va affrontata con un’ unica cabina di regia». «Capisco il loro attaccamento al federalismo regionale, però devo dire che non è giusto che i sindaci vengano costretti dalla sera alla mattina, a organizzare i servizi e a fare i controlli per attività improvvisamente riaperte e riattivate in contrasto con i dpcm emanati dal governo». «Diverso è riaprire i cimiteri, chiusi non per dpcm ma su raccomandazione del ministero della Salute tramite una circolare, una cosa è consentire di fare piccole attività di manutenzione per gli stabilimenti balneari che dovranno riaprire, ma tutt’altra cosa è dire che da domani mattina si riaprono i bar, i ristoranti e, soprattutto, da domani possono servire ai tavoli, purché all’esterno», ha concluso il presidente dell’Anci. Il riferimento è alla discussa ordinanza della presidente della regione Calabria, Jole Santelli, che sulla riapertura al pubblico di bar e ristoranti (prevista a livello nazionale per il mese di giugno) ha apertamente sfidato il governo disponendo la possibilità di riattivare il servizio ai tavoli, all’aperto e nel rispetto di misure minime di sicurezza apparse subito di difficile applicazione, tanto che sono stati gli stessi sindaci calabresi a smarcarsi dall’iniziativa della governatrice. Il primo a prendere le distanze è stato il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà che ha accusato Santelli di «giocare sulla pelle dei cittadini». Ma poi moltissimi sindaci calabresi, soprattutto del Catanzarese (Lamezia Terme, Soveria Mannelli, Platania, Tiriolo, Carlopoli) ma anche della provincia di Cosenza (Diamante, Montalto Uffugo, Castrovillari, Guardia Piemontese) hanno annunciato di non applicare l’ordinanza di Santelli che ora rischia una lettera di diffida da parte del ministro per gli affari regionali Francesco Boccia. I dubbi dei sindaci si sono soprattutto concentrati sulla selva di prescrizioni imposte dalla regione Calabria per consentire la riapertura della ristorazione con servizio ai tavoli: obbligo di mascherine per clienti e operatori, misurazione della temperatura corporea all’ingresso, sanificazione dei servizi igienici dopo ogni utilizzo, pagamenti elettronici e barriere nella zona della cassa, tavoli a 1,5/2 metri di distanza e, addirittura, sistemazione delle sedie ai tavoli garantendo la distanza da un metro a 1,5 m tra i visi degli occupanti. Una babele di regole non solo per i ristoratori ma anche per i sindaci che avrebbero dovuto farle osservare. «Se volete una sfida da parte dei comuni noi l’accettiamo», ha ammonito Decaro. «Possiamo iniziare emettendo ordinanze che disapplicano le ordinanze regionali. Non accetteremo che si scarichino sulle spalle dei sindaci tutti i problemi causati dal Coronavirus».

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