16/07/2020 – L’attività di cartomanzia può essere ricondotta al novero delle attività economiche lecitamente realizzabili

L’attività di cartomanzia può essere ricondotta al novero delle attività economiche lecitamente realizzabili
di Marilisa Bombi – Giornalista. Consulente attività economiche.
 
L’ordinamento giuridico nazionale non è statico, bensì legato alle concezioni etico sociali che si evolvono nel corso del tempo. Di conseguenza le disposizioni vanno interpretate in funzione dell’evoluzione delle suddette concezioni. E’ sulla base di questo principio che il Consiglio di Stato, sezione III, con la sentenza n. 4189 depositata il primo luglio 2020 ha respinto l’appello del Ministero dell’interno, il quale aveva ordinato la cessazione dell’attività svolta da una società, perché qualificata “illecita” dall’Amministrazione e consistente in un servizio telefonico di cartomanzia, sulla base della presunta violazione dell’art. 121 TULPS.
Relativamente alla questione posta, il Collegio ha ricordato che il Regolamento approvato con il R.D. n. 635/1940, in virtù della sua funzione esecutiva del TULPS, deve essere interpretato ed applicato coerentemente con la posizione gerarchicamente subordinata che riveste nel quadro delle fonti statutarie, ergo senza attribuire alle sue disposizioni contenuti dissonanti rispetto alle corrispondenti norme del R.D. n. 773/1931. Il nodo centrale della questione è consistito nella verifica se l’attività di cartomanzia sia inquadrabile tout court come espressione di “ciarlataneria”, secondo quanto lascerebbe arguire il tenore letterale dell’Art. 231 Reg. esec. del TULPS, ovvero se, a tal fine, devono ricorrere attribuiti ulteriori, che lo stesso Regolamento di esecuzione, nell’incipit dell’Art. 231, identifica nella “speculazione sull’altrui credulità” ovvero nello “sfruttamento o alimentazione dell’altrui pregiudizio”: attributi che, quindi, concorrerebbero a marcare la distinzione tra la prima (lecita) e la seconda (illecita).
L’art. 121 del TULPS, disposizione primaria, vieta di esercitare “il mestiere di ciarlatano”, ma tale termine, a giudizio della sezione, sulla base della definizione semantica del termine, dopo averlo opportunamente sfrondato da soverchi relitti storico-letterario (come quello inteso a rievocare la figura romantica del venditore girovago di pozioni miracolose o filtri magici), tale può considerarsi, nel contesto storico attuale, chi non si limita ad offrire al pubblico un servizio o prodotto, per quanto di scientificamente indimostrata ed indimostrabile utilità ed efficacia, ma ne esalta le proprietà e le virtù con il ricorso a tecniche persuasive atte ad indebolire e vincere le capacità critiche e discretive dei possibili acquirenti.
Ebbene, afferma la sentenza n. 4189/2020, nell’ambito di un ordinamento giuridico imperniato, come quello vigente, sul principio di libera determinazione degli individui, in cui lo Stato ha pressoché dismesso ogni funzione latamente paternalistico-protettiva e di orientamento etico nei confronti dei consociati, anche le dinamiche di mercato sono tendenzialmente affidate, dal lato della domanda e dell’offerta, alla libera interazione dei suoi protagonisti, i quali, con le loro scelte, determinano l’oggetto dello scambio, ne apprezzano, secondo insindacabili valutazioni di carattere soggettivo, l’utilità e ne determinano, infine, il valore (economico): sempre che, naturalmente, non vengano compromessi beni e valori di carattere superiore (come l’ordine pubblico, il buon costume, la salute dei cittadini ecc.), di cui lo Stato conserva l’irrinunciabile funzione di tutela. In sostanza, sotto questo punto di vista, anche un servizio che, in apparenza, sia oggettivamente privo o comunque di indimostrabile utilità, quale può essere considerata l’attività divinatoria propria del cartomante, in quanto riconducibile alle cd. scienze occulte o esoteriche (per definizione non sottoponibili a prove di verificabilità), può rappresentare un bene “commerciabile”, perché idoneo a rispondere ad una esigenza, per quanto illusoria ed opinabile, meritevole di soddisfacimento e, in quanto tale, suscettibile di generare, in termini mercantili, una corrispondente “domanda”. E tale può essere, appunto, quella di chi cerchi l’alleviamento dei suoi dubbi esistenziali o la rassicurazione delle sue certezze nei “segni” ricavabili, attraverso la mediazione del cartomante, dalla lettura ed interpretazione delle “carte”.
Oggi la società, grazie al processo di diffusione culturale ha generato gli “anticorpi” necessari a proteggere i suoi componenti dalla tentazione di cedere alle fragili quanto illusorie speranze di precognizione del futuro: ciò che induce a ritenere che chi si rivolge al cartomante non è necessariamente mosso da ingenua credulità (ma, ad esempio, da semplice curiosità o desiderio di svago) né fatalmente abdica al proprio spirito critico, abbandonandosi remissivamente alle sue suggestioni.
Oggi, anche il servizio cartomantico implica l’impegno di energie (materiali ed intellettuali), e quindi ha una sua concreta tangibilità economica, e a segnare il discrimine tra attività di cartomanzia e ciarlataneria, ovvero al fine di identificare la connotazione “speculativa” o “profittatrice” della stessa, sono proprio i mezzi e le modalità impiegate al fine di offrire al pubblico la “prestazione” profetica. In altre parole, finché la prestazione cartomantica viene offerta nella sua reale essenza ed il corrispettivo pattuito conserva un ragionevole equilibrio con la stessa, non è dato discutere di “speculatività” dell’attività del soggetto erogatore; laddove, invece, alla stessa vengano attribuite proprietà prodigiose o taumaturgiche e, facendo leva su di esse, sia richiesto un corrispettivo sproporzionato rispetto alla sua valenza meramente “consolatoria”, potrà dirsi integrata l’ipotesi (vietata) della “ciarlataneria”.
Peraltro, ha aggiunto la Sezione confermando con ciò la decisione del giudice di primo grado, l’art. 28D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo), ne estende l’applicabilità all’attività di astrologia, di cartomanzia ed assimilabili e di servizi relativi a concorsi o giochi comportanti ovvero strutturati in guisa di pronostici, fermo restando che, in base all’art. 29, “le televendite devono evitare ogni forma di sfruttamento della superstizione, della credulità o della paura”. Con ciò a dimostrazione del fatto che non è il mero svolgimento dell’attività di cartomanzia ad integrare una forma di speculazione sulla credulità, ma la sua rappresentazione secondo modalità e con scopi “profittatori.
In conclusione, sussiste la necessità di interpretare evolutivamente, alla luce delle modificazioni intervenute nel contesto giuridico e socio-economico generale rispetto a quello esistente alla data della loro introduzione, le disposizioni sulle quali aveva fatto leva il Ministero dell’interno con il provvedimento interdittivo. Norme che, venute in essere in un contesto storico dominato dal mito dello Stato etico, devono confrontarsi con la nuova funzione da esso assunta di definitore in “negativo” dei limiti entro i quali i cittadini individuano, in libertà e autonomia, i fini cui tendere nel loro percorso esistenziale ed i mezzi per realizzarli.

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