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Il tribunale di Venezia ha dato ragione al comune, respingendo il ricorso della Cgil
P.a., smart working senza ticket – Il buono pasto non spetta al personale in lavoro agile
di Luigi Oliveri

Il buono pasto non spetta al personale in smart working. Il giudice del lavoro di Venezia lo scorso 8 luglio ha respinto il ricorso presentato dalla Cgil contro la decisione del Comune di Venezia di non attribuire il personale disposto in lavoro agile, dando ragione all’amministrazione comunale su tutta la linea. In una fase di polemica, non di rado anche pretestuosa, sul personale pubblico che è «rimasto a casa senza fare nulla», la pronuncia del giudice veneziano irrompe privando di fondamento richieste sindacali ritenute prive di fondamento sul piano giuridico.

La Direttiva 3/2017 della Funzione Pubblica, alla questione dedica, nell’ambito del capitolo dedicato alle relazioni sindacali, le seguenti parole: «Eventuali riflessi sull’attribuzione del buono pasto». Tale previsione è stata utilizzata da alcune organizzazioni sindacali, che hanno anche inviato diffusamente «diffide» a molte amministrazioni pubbliche, come base per desumere un supposto diritto al buono pasto per i lavoratori in smart working. In effetti l’espressa laconica indicazione delle invocate «direttive» della Funzione Pubblica considera la possibilità di attribuire il buono pasto al lavoratore agile solo in via eventuale. Il che conferma che non esiste alcun diritto al buono pasto per il lavoratore agile. D’altra parte, l’erogazione del buono pasto, a sua volta né è un diritto del lavoratore, né un obbligo per il datore. L’articolo 45, comma 1, del Ccnl 14/9/2000 è chiarissimo, sul punto: «Gli enti, in relazione al proprio assetto organizzativo e compatibilmente con le risorse disponibili, possono istituire mense di servizio o, in alternativa, secondo le modalità indicate nell’art. 46, attribuire al personale buoni pasto sostitutivi, previo confronto con le organizzazioni sindacali». Gli enti «possono» istituire mensa o erogare buoni pasto. Non «debbono». Anche la circolare 2/2020 della Funzione Pubblica è intervenuta sul tema, indicando che «il personale in smart working non ha un automatico diritto al buono pasto e che ciascuna p.a. assume le determinazioni di competenza in materia, previo confronto con le organizzazioni sindacali».
Una previsione leggermente ambigua, che da un lato afferma, correttamente, l’inesistenza del diritto al buono pasto, mentre dall’altro ammette una possibilità di introdurli, previo «confronto» con i sindacati.
Nel caso del comune di Venezia, il giudice del lavoro ha avuto gioco facile nell’osservare che la materia non è oggetto di contrattazione, ma semmai di confronto, sottolineando inevitabilmente che «il confronto con le organizzazioni sindacali non è giuridicamente vincolante nella valutazione della legittimità del comportamento del comune». In effetti, nessuna norma pone l’erogazione del buono pasto come un diritto del lavoratore in smart working, né la relazione del confronto obbliga il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali ad un accordo finale.
 
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