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Accesso documentale alla scheda di valutazione dei colleghi
 
Consiglio di Stato sez. V 19/5/2020 n. 3176

Accesso documentale alla scheda di valutazione dei colleghi

FATTO e DIRITTO

Con ricorso al Tribunale amministrativo della Puglia la dott.ssa Rocca Anna (omissis), dirigente presso la sezione Garanti del Consiglio regionale, impugnava, chiedendone l’annullamento, il provvedimento del 27 marzo 2019 con cui il presidente dell’organismo indipendente di valutazione (OIV) aveva negato l’accesso agli atti relativi alla valutazione della performance per l’anno 2016 degli altri dirigenti in servizio presso il Consiglio regionale.

La ricorrente esponeva di aver ottenuto una valutazione a suo dire insoddisfacente (79,53 punti, ripartiti in 31,50/35 per il parametro “raggiungimento degli obiettivi”; 38,03/45 per il parametro “comportamenti/competenze”; 10,00/20 per il parametro “valutazione del dirigente sovraordinato”) e di aver quindi presentato in data 26 giugno 2018, al medesimo organismo, un’istanza di conciliazione ai sensi dell’art. 7 del “Sistema di Misurazione e Valutazione della Performance” (c.d. SMVP).

L’interessata altresì deduceva di aver proposto, in data 27 febbraio 2019, un’istanza di accesso al presidente dell’OIV, finalizzata ad ottenere la nota prot. n. 103 del 29 giugno 2018 a firma del segretario generale del Consiglio regionale, nonché le schede delle valutazioni espresse dallo stesso organismo con riferimento agli altri dirigenti in servizio presso il Consiglio regionale della Regione Puglia: l’istanza era motivata dall’interesse a conoscere i criteri di valutazione dei dirigenti, onde verificarne l’omogeneità, se del caso anche in vista dell’avvio di un’azione legale.

Con nota dell’8 marzo 2019 il Segretario generale della Presidenza della Regione Puglia, nella sua qualità di presidente dell’organo di conciliazione, comunicava che la conclusione della procedura (con esito negativo per le ragioni della dott.ssa (omissis)) sarebbe avvenuta il 19 dicembre 2018.

In riscontro all’istanza di accesso, con l’impugnato provvedimento del 27 marzo 2019 si consentiva l’ostensione della nota del 29 giugno 2018 (nella quale, in sostanza, venivano illustrate le ragioni della valutazione attribuita alla ricorrente, con particolare riferimento al parametro “valutazione del dirigente sovraordinato”), mentre veniva negata l’ostensione delle schede degli altri dirigenti regionali “sia perché la dott.ssa (omissis) non ha avuto una valutazione che sia definibile negativa, in base allo SMIVAP, sia perché come già riferito dallo scrivente OIV nel proprio protocollo 159 del 10.10.2018, ad esito di richiesta PEC della dott.ssa (omissis) datata 1.10.2018, le prerogative dei soggetti controinteressati non potrebbero in ogni caso essere pretermesse”.

A fondamento del ricorso veniva dedotta, con unico e articolato motivo di gravame, la violazione dell’art. art. 22 della l. n. 241 del 1990, dell’art. 1 del d.lgs. n. 33 del 2013, dei principi generali in tema di accesso ai documenti e di tutela del controinteressato, nonché l’eccesso di potere in cui sarebbe incorsa l’amministrazione regionale per difetto dei presupposti, travisamento, sviamento e ingiustizia manifesta.

Costituitasi in giudizio, la Regione Puglia concludeva per l’infondatezza del ricorso, chiedendone la reiezione.

Con sentenza 26 luglio 2019, n. 1097, il giudice adito respingeva il gravame, sul presupposto, in particolare, della circoscrivibilità dell’interesse ostensivo entro l’ambito (sottratto all’accesso disciplinato dalla legge 241 del 1990) della valutazione della performance.

Avverso tale decisione la dott.ssa (omissis) interponeva appello, fondato su un unico complesso motivo di gravame, con il quale sostanzialmente deduceva di essere titolare di un interesse qualificato e differenziato a verificare se i parametri di valutazione, così come definiti, fossero stati applicati in maniera omogenea a tutti i dirigenti, ferma restando l’accessibilità ad ogni tipologia di atto della pubblica amministrazione, anche a contenuto non provvedimentale,

Si costituiva in giudizio la Regione Puglia, concludendo per l’infondatezza del gravame del quale chiedeva la reiezione.

Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive e all’udienza del 7 maggio 2020 la causa veniva trattenuta in decisione.

Il ricorso, ritiene il Collegio, non è fondato.

Presupposto logico della pretesa dell’appellante di accedere alle valutazioni degli altri dirigenti, al fine di raffrontarle alla propria e tentare così di verificare se i criteri a tal fine utilizzati dall’amministrazione siano stati gli stessi, o comunque se la loro applicazione sia stata omogenea, è che tali valutazioni siano in qualche modo standardizzate, sì che all’applicazione di un criterio obiettivo e determinato necessariamente debba far seguito un risultato, e che questo dunque sia prevedibile a priori.

Si tratta di una pretesa di automatismo quasi meccanico, che implicitamente nega l’idea stessa di un’effettiva valutazione da parte dell’ufficio a ciò deputato. In realtà, ogni valutazione resta autonoma e implica un congruo grado di discrezionalità amministrativa: la quale, se pur va ancorata a presupposti fattuali precisi e verificabili e se pur deve rispettare canoni di coerenza logica e linearità (pena, in caso contrario, la sua illegittimità per eccesso di potere), non consente una previa e concludente comparazione automatica, di cui l’ufficio valutatore sia solo la voce, come quella implicitamente teorizzata dall’appellante.

Sotto diverso ma concorrente profilo, alla luce del fatto che l’istanza di accesso è stata a suo tempo formulata sulla base della l. 7 agosto 1990, n. 241, come inequivocamente precisato nel suo oggetto, va poi ribadito l’orientamento espresso, tra gli altri, dal precedente di Cons. Stato, III, 27 ottobre 2015, n. 4903, a mente del quale “in relazione alla pretesa conoscenza della documentazione relativa alla retribuzione di risultato riconosciuta ad altri dirigenti, non appare configurabile, in capo all’odierno ricorrente, alcun interesse meritevole di tutela, azionabile con il rimedio peculiare apprestato dall’art.116 c.p.a..

E’ sufficiente, al riguardo, rilevare che l’esercizio del diritto di accesso è autorizzato solo se sostenuto dall’esigenza di tutelare un interesse giuridicamente rilevante, intendendosi per tale un interesse serio, effettivo, concreto, attuale e, in definitiva, ricollegabile all’istante da un preciso e ben identificabile nesso funzionale alla realizzazione di esigenze di giustizia (cfr. ex multis Cons. St., sez. V, 23 settembre 2015, n.4452), per concludere che, nel caso di specie, la conoscenza della documentazione rimasta riservata non risulterebbe idonea a soddisfare alcun apprezzabile interesse, tanto meno collegato ad esigenze di difesa giurisdizionale […], attesa l’assoluta irrilevanza, a qualsiasi fine di tutela dei suoi interessi, del mero confronto della sua retribuzione di risultato con quella riconosciuta ai suoi colleghi (in ragione dell’autonomia e dell’indipendenza delle relative posizioni soggettive)”.

A margine di tali considerazioni, deve poi ritenersi – in assenza di puntuali contestazioni al riguardo – che l’amministrazione abbia adempiuto agli obblighi di trasparenza, quanto alla pubblicazione sul sito istituzionale dei dati relativi alla valutazione della performance e alla distribuzione dei premi al personale, sanciti dall’art. 20 d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni).

Contestazioni in tal senso non sono state sollevate dal ricorso introduttivo del precedente grado di giudizio, di talché qui neppure potrebbero rilevare, per fondare un addebito all’amministrazione, le generiche considerazioni conclusive (per di più dedotte per la prima volta nell’atto di appello) secondo cui la pubblicazione sul sito istituzionale della Regione della «Liquidazione retribuzione di risultato anno 2016 dirigenti regionali» sarebbe avvenuta solo il 10 aprile 2019, dopo la presentazione dell’istanza di accesso; e comunque non consentirebbe “di comprendere le specifiche valutazioni espresse per le varie voci che compongo la valutazione finale e che hanno condotto a tale attribuzione”.

Generiche ed indefinite, infine, risultano le asserite esigenze difensive addotte a supporto dell’istanza di accesso, pertanto inidonee a fondare un effettivo interesse giudizialmente tutelabile.

Alla lue delle considerazioni che precedono l’appello va respinto.

La particolarità della vertenza giustifica peraltro l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite del grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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