12/06/2020 – Consiglieri comunali e controllo mediante rilascio di credenziali di accesso ai sistemi informatici

Consiglieri comunali e controllo mediante rilascio di credenziali di accesso ai sistemi informatici
di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale
 
L’esercizio dei poteri di sindacato ispettivo da parte dei consiglieri comunali mediante accesso agli atti costituisce da sempre una questione delicata. Soprattutto rispetto all’ampiezza da riconoscere a questo diritto e, da ultimo, alla possibilità di accedere ai sistemi informatici che ormai governano la gestione amministrativa degli enti.
Alcuni consiglieri comunali di minoranza hanno presentato istanza al proprio Comune per l’accesso generalizzato agli atti comunali mediante rilascio di apposita password di servizio per il programma di protocollo informatico e contabile dell’Ente senza limitazione di uso, postazioni, orari e modalità attraverso una delle seguenti modalità: creazione di apposito sistema per l’accesso in remoto al programma di protocollo informatico e contabile, attraverso l’attribuzione di username e password; in subordine, creazione di apposita postazione informatica all’interno dei locali comunali dalla quale accedere per la consultazione del protocollo informatico e dei dati contabili, attraverso username e password; in estremo subordine, attraverso modalità che consentano di effettuare l’accesso richiesto. A sostegno della richiesta, l’esigenza di esercitare le funzioni di indirizzo e controllo sull’operato della maggioranza e su tutti gli atti di competenza del Comune. ma sull’istanza l’organo competente non si è pronunciato e pertanto si è formato il diniego tacito di accesso.
Di qui il ricorso al T.A.R., con il quale i ricorrenti, affermando che d’accesso generalizzato risponde all’esigenza di garantire ai consiglieri comunali di espletare in modo pieno la funzione assegnatagli dalla legge, attraverso un controllo continuo degli atti, hanno richiesto l’annullamento del diniego tacito opposto dal Comune e, previo accertamento del diritto, la condanna alla predisposizione delle modalità organizzative per il rilascio di user id e password per l’accesso da remoto al sistema informatico, ovvero, in caso di impossibilità, attraverso la predisposizione di una postazione all’interno dei locali comunali da cui potere effettuare l’accesso al protocollo generale dell’Ente comunale, ivi incluso quello riservato del Sindaco, nonché al programma di gestione contabile.
Il Comune, costituitosi in giudizio, ha richiesto in subordine al rigetto del ricorso, l’accoglimento parziale e limitato alla possibilità di mera consultazione da parte dei consiglieri comunali dei soli dati di sintesi o riepilogativi dei procedimenti amministrativi e senza interferire con i processi lavorativi o con le attività di gestione materiale della corrispondenza dell’Ente e/o dei flussi contabili.
Le argomentazioni a sostegno dell’accesso generalizzato da parte dei consiglieri
A sostegno, i ricorrenti hanno invocato:
– la disciplina di cui all’art. 43, comma 2, del TUEL e dall’art. 2Codice dell’Amministrazione digitale;
– la Risoluzione 1 giugno 2011 del Ministero dell’Interno, avente ad oggetto questione analoga, ponendo in rilievo come la giurisprudenza ha ritenuto non conforme a legge il diniego opposto dall’Amministrazione di prendere visione del protocollo generale e di quello riservato del Sindaco;
– la posizione espressa dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, che ha riconosciuto la possibilità per il consigliere di avere accesso diretto al sistema informatico interno (anche contabile) dell’ente attraverso l’uso della password di servizio, proprio al fine di evitare che le continue richieste di accesso si trasformino in un aggravio dell’ordinaria attività amministrativa dell’ente locale;
– Cons. Stato, sez. V, 8 giugno 2018, n. 3486, che si è espressa circa le modalità di accesso e l’onere economico derivante dal rilascio di apposite user id informatica e password;
– art. 22, comma 2, L. n. 241/1990, secondo cui le rilevanti finalità di interesse pubblico costituiscono un principio generale dell’attività amministrativa, al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza;
– estraneità dell’accesso generalizzato rispetto alle cause di esclusione di cui all’art. 24 della medesima legge.
Tuttavia il ricorso è stato respinto con la sentenza n. 926 del 4 maggio 2020 del T.A.R. Catania. Il Collegio ha argomentato sostenendo innanzitutto che il giudizio in materia di accesso, anche se si atteggia come impugnatorio nella fase della proposizione del ricorso, essendo rivolto contro l’atto di diniego o avverso il silenzio-diniego formatosi sulla relativa istanza, è sostanzialmente rivolto ad accertare la sussistenza o meno del titolo all’accesso nella specifica situazione alla luce dei parametri normativi.
Natura e limiti del diritto di informativa e accesso riconosciuto ai consiglieri degli enti locali: la Giurisprudenza
– i consiglieri comunali hanno un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento delle loro funzioni, ciò anche al fine di permettere di valutare – con piena cognizione – la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell’ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale (T.A.R. Emilia Romagna, Parma, sez. I, 20 gennaio 2020, n. 16);
– la finalizzazione dell’accesso ai documenti in relazione all’espletamento del mandato costituisce il presupposto legittimante ma anche il limite dello stesso, configurandosi come funzionale allo svolgimento dei compiti del consigliere (Cons. Stato, sez. V, 2 gennaio 2019, n. 12);
– il diritto di accesso riconosciuto ai consiglieri comunali ha una ratio diversa da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti amministrativi riconosciuto alla generalità dei cittadini (ex art. 10D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) ovvero a chiunque sia portatore di un “interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso (art. 22 L. n. 241/1990) (T.A.R. Basilicata, sez. I, 3 agosto 2017, n. 564);
– questo diritto dei consiglieri non incontra alcuna limitazione in relazione alla eventuale natura riservata degli atti, stante il vincolo al segreto d’ufficio ex art. 622 cod. pen. (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 27 novembre 2014, n. 2834), e alla necessità di fornire la motivazione della richiesta, atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’Ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio delle funzioni del consigliere comunale (Cons. Stato, sez. V, 5 settembre 2014, n. 4525);
– in definitiva, gli unici limiti all’esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali possono rinvenirsi, da un lato, nel fatto che esso deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali e, dall’altro, che esso non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative, fermo restando tuttavia che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto stesso (Cons. Stato, sez. V, 5 settembre 2014, n. 4525).
L’applicazione dei principi al caso concreto: richiesta di accesso mediante credenziali (user id e password) relative ai programmi di protocollo informatico e di gestione contabile dell’ente
Rispetto al caso concreto, il Collegio siciliano ammette la conoscenza dell’indirizzo giurisprudenziale che ha riconosciuto il diritto del consigliere comunale di soddisfare le esigenze conoscitive connesse all’espletamento del suo mandato anche attraverso la modalità informatica, con accesso da remoto al protocollo informatico (in relazione ai soli dati di sintesi ricavabili dalla consultazione telematica del protocollo) e al sistema informatico contabile, con corrispondente obbligo per il Comune di approntare le necessarie modalità organizzative (T.A.R. Basilicata, sez. I, 10 luglio 2019, n. 599). Per altro verso, va altresì precisato che la fruibilità dei dati e delle informazioni in modalità digitale deve essere garantita con modalità adeguate (alla precipua finalità informativa) ed appropriate (alla tecnologia disponibile) e che – secondo un corrispondente e sotteso canone di proporzionalità – grava sull’Amministrazione l’approntamento e la valorizzazione di idonee risorse tecnologiche, che – senza gravare eccessivamente sulle risorse pubbliche – appaiano in grado di ottimizzare, in una logica di bilanciamento, le esigenze della trasparenza amministrativa (Cons. Stato, sez. V, 8 giugno 2018, n. 3486).
Tuttavia, il Collegio ha ritenuto di discostarsi da questo orientamento, in quanto il rilascio delle credenziali per l’accesso al programma di gestione contabile, consentirebbe ai consiglieri comunali ricorrenti di accedere alla generalità indiscriminata dei documenti relativi alla contabilità dell’Ente in mancanza di apposita istanza. Tale forma di accesso “diretto” si risolverebbe in un monitoraggio assoluto e permanente sull’attività degli uffici in modo da violare la ratio dell’istituto, che, così declinato, eccederebbe strutturalmente la sua funzione conoscitiva e di controllo in riferimento ad una determinata informazione e/o ad uno specifico atto dell’ente. Questo controllo finirebbe per appuntarsi, a monte, sull’esercizio della funzione propria della relativa area e sulla complessiva attività degli uffici, con finalità essenzialmente esplorative, che eccedono dal perimetro delle prerogative attribuite ai consiglieri. Ancora, il Collegio richiama l’orientamento tradizionale, secondo cui il diritto di accesso dei consiglieri comunali non può estendersi fino a configurare un sindacato generalizzato dell’attività degli organi decidenti, deliberanti e amministrativi dell’Ente, in luogo di esercizio del mandato politico finalizzato ad un organico progetto conoscitivo in relazione a singole problematiche (Cons. Stato, sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 846). In conclusione, per la sentenza n. 926/2020 del T.A.R. Catania, riguardo alla questione delle credenziali, il rilascio si tradurrebbe in un accesso generalizzato e indiscriminato a tutti i dati della corrispondenza in entrata e uscita. L’accesso al programma di protocollo, si rivela dunque sproporzionato rispetto alle esigenze conoscitive dei consiglieri. È la modalità informatica di accesso che appare eccessiva rispetto allo scopo perseguito, essendo l’Ente comunale tenuto, a fronte di istanza formulata dai consiglieri comunali nel rispetto dei sopra delineati principi, a consentire la visione nonché a procedere al rilascio di copia cartacea (stampa) dei dati di sintesi del protocollo informatico (numero di registrazione al protocollo, data, mittente, destinatario, modalità di acquisizione, oggetto). Con questa ultima considerazione, il Collegio sembra dare atto di un’eccessiva “invasività” delle modalità informatiche nelle operazioni di accesso rispetto a quelle tradizionali cartacee, sicuramente più lente e costose – peraltro più aderenti alla lettera della disciplina normativa, concepita appunto in ambiente cartaceo – ma proprio per questo ritenute più adatte in confronto alle finalità del diritto riconosciuto ai consiglieri.
T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, Sent., (ud. 23 aprile 2020) 4 maggio 2020, n. 926

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