03/06/2020 – Soggiorno, versa l’albergatore – C’è poi diritto di rivalsa dell’imposta verso i clienti

Soggiorno, versa l’albergatore – C’è poi diritto di rivalsa dell’imposta verso i clienti
di SERGIO TROVATO
Italia Oggi Sette – 01 Giugno 2020
 
Albergatori e gestori delle strutture ricettive sono responsabili del pagamento dell’ imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno, dovuto a Roma Capitale, ma hanno diritto di rivalsa nei confronti dei soggetti passivi del tributo, vale a dire coloro che sono clienti della struttura. I gestori, inoltre, sono obbligati alla presentazione della dichiarazione annuale e a osservare tutti gli adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale. La dichiarazione, per la quale dovrà essere approvato un apposito modello, va presentata esclusivamente in via telematica entro il 30 giugno dell’ anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto per il pagamento dell’ imposta.
Il titolare della struttura è assoggettato al pagamento delle sanzioni per omessa o infedele dichiarazione o per omesso, ritardato, parziale versamento dell’ imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno. Agli stessi obblighi è tenuto il soggetto che incassa il canone o corrispettivo in caso di locazioni brevi, al quale possono essere irrogate le stesse sanzioni. Sono queste le previsioni contenute nell’ articolo 180 del cosiddetto dl Rilancio (il dl n. 34/2020). Dunque, trova finalmente una soluzione la «vexata quaestio» riguardante la figura giuridica dell’ albergatore o di altro titolare di una struttura ricettiva. Da tempo si è discusso se allo stesso fosse possibile riconoscere la natura di responsabile dell’ imposta di soggiorno nei confronti dell’ amministrazione comunale. Con la norma sopra indicata il legislatore risolve il dubbio. L’ articolo 180, infatti, dispone espressamente che il titolare della struttura ricettiva è responsabile del pagamento dell’ imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno, dovuti dai clienti dell’ albergo.
Il contributo è una misura che ex lege può adottare il comune di Roma. Roma Capitale può istituire un contributo di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive della città. Il suddetto contributo, nella misura massima di 10 euro per ogni notte di soggiorno, va applicato con criteri di gradualità e deve essere pagato in modo proporzionale alla classificazione della struttura alberghiera. I gestori delle strutture ricettive, però, hanno diritto di rivalsa sui soggetti passivi, vale a dire i loro clienti, in caso di mancato versamento. Sul titolare della struttura incombe anche l’ obbligo di presentare la dichiarazione annuale e di osservare gli adempimenti previsti dal regolamento comunale.
La dichiarazione va presentata, «cumulativamente ed esclusivamente in via telematica», entro il 30 giugno dell’ anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo. Il modello di dichiarazione dovrà essere approvato con decreto del ministro dell’ economia e delle finanze, sentita la Conferenza stato-città e autonomie locali, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge. La norma del dl Rilancio prevede delle sanzioni ad hoc in caso di violazioni commesse dal titolare della struttura ricettiva. In particolare, per l’ omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile si applica la sanzione amministrativa pecuniaria, che va dal 100 al 200% del tributo dovuto. Mentre, in caso di omesso, ritardato o parziale versamento dell’ imposta di soggiorno o del contributo di soggiorno, l’ ente locale applica la sanzione del 30% del dovuto, che è poi quella irrogabile per tutti i tributi, disciplinata dall’ articolo 13 del decreto legislativo 471/1997. Gli stessi adempimenti sono imposti a coloro che incassano il canone o il corrispettivo per le locazioni brevi, ai quali possono essere contestate le medesime violazioni con relative sanzioni.
Le regole dell’ imposta. L’ articolo 4 del decreto legislativo 23/2011 contiene la disciplina generale del tributo. Gli enti locali, con proprio regolamento, possono istituire l’ imposta e disporre le sue modalità applicative, con le relative agevolazioni. In base a quanto disposto dall’ articolo 4, unico soggetto passivo dell’ imposta è colui che pernotta nelle strutture ricettive. La norma stabilisce che i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni e gli enti inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’ arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, un’ imposta di soggiorno. Il tributo grava solo su coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio. Le somme richieste devono essere proporzionali al prezzo fissato dalla struttura ricettiva e non possono superare il tetto massimo di 5 euro per ogni notte di soggiorno. Per il contributo di soggiorno, come già rilevato, è stata stabilita una soglia diversa. Devono, inoltre, essere osservati criteri di gradualità in proporzione al prezzo che ciascun ospite è tenuto a pagare per ogni notte. Il gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive.
Le risorse possono inoltre essere utilizzate per le opere di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali o per servizi pubblici locali. È consentito poi ai comuni di sostituire l’ imposta di soggiorno, in tutto o in parte, con eventuali oneri imposti agli autobus turistici per la circolazione e la sosta nell’ ambito del loro territorio. Ferma restando la facoltà di disporre limitazioni alla circolazione nei centri abitati I poteri delle regioni. I comuni non possono riscuotere l’ imposta di soggiorno se non sono inseriti in un elenco predisposto dalla regione di appartenenza. In caso contrario i contribuenti possono contestare le richieste di pagamento degli albergatori. Spetta alle regioni individuare i comuni che sono legittimati a istituire l’ imposta di soggiorno.
Solo i comuni capoluogo e le unioni di comuni possono imporre il pagamento dell’ imposta di soggiorno, per gli altri enti è necessaria l’ inclusione nell’ elenco regionale, previo accertamento della loro vocazione turistica. In questo senso si è espresso il Tar Toscana, con la sentenza 647/2017. Secondo i giudici amministrativi, per stabilire la vocazione turistica del comune che ha il potere di istituire l’ imposta non è sufficiente, come sostenuto dall’ ente locale chiamato in causa, «l’ inclusione nell’ elenco dei comuni a economia prevalentemente turistica adottato ai sensi della l. reg. n. 28/1999 di recepimento del dlgs n. 114/1998». Quest’ ultima norma ha solo la finalità di regolare le funzioni amministrative in materia di commercio, di favorire la migliore distribuzione delle merci e dei prodotti, nonché di garantire la trasparenza del mercato e la concorrenza. Pertanto, i contribuenti non sono tenuti a pagare l’ imposta di soggiorno se il comune che l’ ha deliberata non è compreso nell’ elenco regionale delle località turistiche.
L’ attribuzione alla regione del compito di predisporre gli elenchi dei comuni abilitati al prelievo si inquadra nel riparto di competenze tra Stato e regioni previsto dall’ articolo 117 della Costituzione. È escluso che possa essere l’ ente comunale a stabilire la sua vocazione turistica in base a determinati indici, tra i quali l’ affluenza negli alberghi. Solo la regione decide quali sono i comuni che possono applicarla sul loro

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