31/01/2020 – Con la legge di bilancio si torna al passato, alle vecchie regole in materia di ici – Imu, nuovi poteri regolamentari per i comuni

Con la legge di bilancio si torna al passato, alle vecchie regole in materia di ici – Imu, nuovi poteri regolamentari per i comuni
di Sergio Trovato
Concesso un nuovo potere regolamentare ai comuni in materia di Imu che riproduce, in linea di massima, le vecchie scelte che in passato era consentito poter adottare per l’Ici, con qualche novità.
L’articolo 1, comma 777, della manovra di bilancio 2020 (legge 160/2019), infatti, attribuisce agli enti le facoltà di determinare periodicamente e per zone omogenee i valori di mercato delle aree edificabili, per limitare il potere di accertamento, di disporre il rimborso per le aree divenute inedificabili, in seguito alle modifiche urbanistiche, di prevedere che i versamenti dell’imposta possano essere fatti anche da un solo contitolare, di differire i termini per i versamenti e esentare gli immobili dati in comodato gratuito al comune o a un ente non commerciale.
Con la legge di bilancio 2020, dunque, si torna al passato, con qualche eccezione, e viene riconosciuto agli enti locali di fare delle scelte, anche in deroga ai limiti fissati dalla norma attributiva del potere regolamentare generale in materia di entrate, vale a dire l’articolo 52 del decreto legislativo 446/1997.
Uno degli obiettivi più importanti che il legislatore si prefigge con la norma de qua è quello di dare maggiori certezze ai contribuenti sulle somme dovute per le aree fabbricabili e, allo stesso tempo, di ridurre il notevole contenzioso che si è creato sulla determinazione del loro valore. Per raggiungere questo fine viene rispolverata la vecchia disposizione che dà facoltà ai comuni di determinare, con delibera del consiglio, periodicamente e per zone omogenee, i valori venali in comune commercio delle aree, al fine di limitare il potere di accertamento, qualora l’imposta venga versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato.
Ancora oggi, però, non è pacifico se l’amministrazione locale possa accertare un valore maggiore delle aree, rispetto a quello deliberato, qualora il contribuente versi l’imposta uniformandosi a quello prestabilito. Al riguardo la Cassazione (ordinanza 4969/2018) ha precisato che i comuni hanno il potere di accertare i valori delle aree edificabili in misura superiore a quelli fissati dallo stesso ente, con delibera del consiglio comunale o della giunta, se questi valori risultino inferiori a quelli indicati in atti pubblici o privati di cui l’ufficio tributi sia in possesso o a conoscenza.
La disposizione che consente ai comuni di fissare dei valori predeterminati ha la finalità di ridurre il contenzioso con i contribuenti, ma non può impedire la rettifica di quelli dichiarati che non siano in linea con i valori di mercato degli immobili. La deliberazione dei valori non può avere altro effetto che quello di autolimitare il potere di accertamento dell’imposta. L’ente si obbliga a ritenere congruo il valore nel caso in cui sia stato dichiarato in misura non inferiore a quello deliberato.
È evidente, tuttavia, che il valore minimo delle aree edificabili è un elemento presuntivo che deve essere riconsiderato, se contraddetto da un valore maggiore accertato dall’ente impositore. Mentre con altre pronunce ha sostenuto che l’ente s’impegna a ritenere congrui i valori deliberati dal consiglio.
Inoltre, può essere stabilito con regolamento che il contribuente ha diritto al rimborso dell’imposta pagata per le aree divenute inedificabili, in seguito a variazioni urbanistiche, fissando i termini, i limiti temporali e le condizioni.
Questa scelta non può avere effetti retroattivi, in quanto non è rivolta al passato, ma si applica ex lege solo a partire dall’anno in corso. Tra le altre opzioni, il comma 777 dà all’ente la facoltà di ritenere validi i pagamenti da parte dei contitolari per conto degli altri, di differire i termini di versamento del tributo, per situazioni particolari, e, infine, di esentare gli immobili dati in comodato gratuito al comune, a altro ente territoriale (provincia, regione) o a un ente non commerciale, purché lo utilizzino solo per scopi istituzionali o statutari.

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