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Urbanistica. Contributo di costruzione
Pubblicato: 29 Gennaio 2020
Consiglio di Stato, Sez. II n.8377 del 9 dicembre 2019

In linea di diritto mentre la quota del contributo di costruzione commisurata al costo di costruzione risulta ontologicamente connessa alla tipologia e all’entità (superficie e volumetria) dell’intervento edilizio e assolve alla funzione di permettere all’amministrazione comunale il recupero delle spese sostenute dalla collettività di riferimento alla trasformazione del territorio consentita al privato istante (ossia, a compensare la c.d. compartecipazione comunale all’incremento di valore della proprietà immobiliare del costruttore, a seguito della nuova edificazione), la quota del contributo di costruzione commisurata agli oneri di urbanizzazione assolve alla prioritaria funzione di compensare la collettività per il nuovo ulteriore carico urbanistico che si riversa sulla zona, con la precisazione che per aumento del carico urbanistico deve intendersi tanto la necessità di dotare l’area di nuove opere di urbanizzazione, quanto l’esigenza di utilizzare più intensamente quelle già esistenti

Pubblicato il 09/12/2019

N. 08377/2019REG.PROV.COLL.

N. 10096/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10096 del 2008, proposto dal signor Lido Gori, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberto Angeletti, Giuseppe Angella e Eliana Pino, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alberto Angeletti in Roma, via Giuseppe Pisanelli, n. 2;

contro

il Comune di Collesalvetti, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 3598/2007, resa tra le parti, concernente il pagamento di somme per oneri di urbanizzazione, sanzione e interessi

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2019 il Cons. Antonella Manzione e udito per il ricorrente l’avvocato Alberto Angeletti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso n.r. 2764/2001 presentato al T.A.R. per la Toscana il signor Lido Gori, proprietario di un terreno nel Comune di Collesalvetti, ha chiesto l’annullamento della determinazione prot. n. 8619 del 2 marzo 1993, nonché degli atti successivi finalizzati ad ottenere il pagamento di somme a conguaglio per oneri di urbanizzazione, sanzioni e interessi, correlati al rilascio di concessione in sanatoria relativa all’avvenuta realizzazione sullo stesso di un locale ad uso uffici e di un piazzale per parcheggio automezzi, strumentali entrambi all’esercizio della propria impresa di trasporti. Ha chiesto altresì il riconoscimento del diritto all’ esenzione dal pagamento di ridette somme, stante che le opere di urbanizzazione primaria erano già state realizzate in forza di apposito Piano di lottizzazione approvato nel 1978. Avendo peraltro provveduto al pagamento integrale delle somme richieste, ne rivendica la restituzione, quale conseguenza della riconosciuta natura di indebito versamento.

2. Il T.A.R. per la Toscana, sez. III, con sentenza n. 3598 del 6 novembre 2007, ha respinto il ricorso, ritenendo che dal combinato disposto degli artt. 11 della l. n. 10 del 1977, vigente ratione temporis, e 11 della l. n. 241/1990 derivi la possibilità di scomputare unicamente gli oneri per interventi edilizi specificatamente contemplati nella convenzione di lottizzazione, laddove nel caso di specie verrebbero all’evidenza manufatti diversi ed ulteriori, tanto da aver reso necessario “sanarne” l’avvenuta realizzazione. Ciò a prescindere dalla circostanza che le opere di cui è controversia abbiano comportato una volumetria inferiore rispetto a quella prevista dal Piano di lottizzazione medesimo.

3. Avverso tale sentenza ha proposto appello l’odierno ricorrente, lamentandone l’erroneità in fatto e in diritto. In particolare, con un unico, articolato motivo, ha contestato la ricostruzione del giudice di prime cure che avrebbe impropriamente ritenuto le opere “diverse” rispetto a quelle oggetto del Piano di lottizzazione, stante la genericità sul punto del medesimo, tale da farci rientrare qualunque tipo di manufatto destinato ad artigianato o piccola industria, purché nel rispetto di limiti massimi di superficie per singolo lotto. L’intervento dallo stesso realizzato, nello specifico, in quanto pari a mq. 64 starebbe bel al di sotto del limite massimo ivi assentibile, pari a mq. 1750. La lettura proposta dal T.A.R. in particolare dell’art. 37 della l. n. 47/1985 finirebbe per attribuire agli oneri di urbanizzazione una natura afflittiva che invece è loro estranea, mutuandola indebitamente dall’oblazione.

4. All’udienza del 22 ottobre 2019, sentita la parte, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

5. Il Collegio ritiene di dover condividere la ricostruzione del giudice di prime cure, conseguentemente respingendo l’odierno appello.

6. Al fine di inquadrare compiutamente la tematica, è utile procedere ad un, seppur breve, riepilogo della normativa vigente all’epoca dei fatti in controversia in tema di accordi sulla realizzazione delle opere di urbanizzazione. A tal proposito, occorre evidenziare che l’origine della questione di cui ci si occupa deve essere ricondotta alla c.d. “legge – ponte”, ossia la l. 6 agosto 1967 n. 765, il cui art. 8 ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano l’obbligo, a carico dell’attuatore, di cedere gratuitamente le aree destinate alle opere di urbanizzazione con previsione, altresì, dell’onere di farsi carico di quelle correlate all’intervento approvato secondo i termini e le garanzie stabiliti da apposita convenzione. L’art. 31 della l. n. 1150/1942, novellato a sua volta in parte qua dalla medesima l. n. 765/1967, ha subordinato il rilascio della concessione edilizia alla presenza dell’urbanizzazione primaria o, comunque, all’impegno del proprietario a realizzarla contemporaneamente all’intervento costruttivo. A chiusura del sistema, l’art. 11 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, ha sancito che i proprietari che si sono dovuti assumere gli impegni urbanizzativi diretti, sono sgravati dall’obbligo di corrispondere la relativa quota di contributo (obbligo esteso, dalla predetta legge n. 10/1977, ad ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale).

Tali disposizioni (oggi confluite nell’art. 16 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) costituiscono dunque applicazione del principio in forza del quale il contributo per gli oneri di urbanizzazione è alternativo alla realizzazione diretta, d’intesa con l’Amministrazione comunale, delle opere di urbanizzazione; principio già desumibile dall’art. 1 della richiamata l. n. 10 del 1977 secondo cui ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale partecipa agli oneri ad essa relativi. Tale partecipazione potrà attuarsi con la corresponsione in denaro del contributo calcolato ai sensi di legge, oppure mediante realizzazione diretta delle opere, oppure ancora in parte nell’uno e in parte nell’altro modo, purché ne resti escluso che per il medesimo insediamento si partecipi doppiamente agli oneri di urbanizzazione, con il contributo intero in denaro sommato alla completa realizzazione delle opere (Cons. St., sez. V, 14 luglio 1986 n. 356).

7. L’art. 37 della l. n. 47 del 1985, in relazione alle concessioni in sanatoria, sancisce che il versamento dell’oblazione non esime i soggetti di cui all’articolo 31, primo e terzo comma -id est, coloro che richiedono il titolo in sanatoria- dall’obbligo di corrispondere al Comune, ai fini del relativo rilascio, del contributo previsto dall’articolo 3 della l. 28 gennaio 1977, n. 10, «ove dovuto». L’inciso, invocato dalla parte al fine di escludere l’assoggettabilità del proprio intervento agli oneri concessori, allude proprio ai casi in cui gli oneri non siano dovuti, perché scomputati, in tutto o in parte, a favore del concessionario che si obbliga a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione.

8. Vero è che la finalità degli oneri concessori, con particolare riguardo alla parte correlata alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ha la chiara funzione di contribuire alle spese da sostenere dalla collettività in riferimento alla realizzazione delle relative opere, sicché di regola l’unico criterio per determinare se essi siano dovuti o meno e in che misura consiste nella valutazione del carico urbanistico derivante dall’attività edilizia, con la precisazione che per aumento del carico urbanistico deve intendersi tanto la necessità di dotare l’area di nuove opere di urbanizzazione, quanto l’esigenza di utilizzare più intensamente quelli esistenti (cfr. sul punto Cons. Stato, Sez. VI, 7 maggio 2018, n. 2694). In linea di diritto, cioè, mentre la quota del contributo di costruzione commisurata al costo di costruzione risulta ontologicamente connessa alla tipologia e all’entità (superficie e volumetria) dell’intervento edilizio e assolve alla funzione di permettere all’amministrazione comunale il recupero delle spese sostenute dalla collettività di riferimento alla trasformazione del territorio consentita al privato istante (ossia, a compensare la c.d. compartecipazione comunale all’incremento di valore della proprietà immobiliare del costruttore, a seguito della nuova edificazione), la quota del contributo di costruzione commisurata agli oneri di urbanizzazione «assolve alla prioritaria funzione di compensare la collettività per il nuovo ulteriore carico urbanistico che si riversa sulla zona, con la precisazione che per aumento del carico urbanistico deve intendersi tanto la necessità di dotare l’area di nuove opere di urbanizzazione, quanto l’esigenza di utilizzare più intensamente quelle già esistenti» (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015, n. 2294; id., 29 agosto 2019, n.5964 ).

9. Ciò a maggior ragione ha da valere laddove l’intervento si collochi all’interno di una convenzione di lottizzazione, che presuppone ontologicamente la preventiva valutazione dell’impatto dell’intervento sul carico urbanistico e il conseguente computo degli oneri, ripartiti secondo le regole sopra richiamate (realizzazione diretta, ovvero pagamento).

10. Nel caso di specie, tuttavia, tale preventiva pianificazione risulta interrotta, con ciò facendo venire meno il conseguente rapporto sinallagmatico, dall’avere la parte realizzato le opere sine titulo, con ciò non consentendo la preventiva valutazione della valenza meramente attuativa del Piano dell’intervento successivamente sanato. Ciò rende irrilevante, come giustamente affermato dal T.A.R. per la Toscana, l’avvenuto rispetto delle estensioni complessivamente previste nonché, ovviamente, della destinazione urbanistica della zona, assumendo comunque rilievo la mancata non riconducibilità immediata delle opere a quanto avallato nel Piano e nella convenzione attuativa. Al contrario, il mancato rispetto delle distanze dai confini, già di per sé indice di una qualche difformità dalla disciplina del Piano, non può essere semplicemente dequotato in forza dell’invocato rispetto dei richiamati limiti di superficie. Diversamente opinando, si finirebbe per vanificare la stessa funzione del Piano di lottizzazione, ad un tempo pattizia e programmatoria, legittimando qualsivoglia intervento abusivo, purché lato sensu assentibile, per giunta fruendo del beneficio dell’urbanizzazione già realizzata (a quadro costruttivo predeterminato, però), anche in termini economici.

11. Le condizioni alla stregua delle quali è possibile fruire dello scomputo degli oneri, dunque, sono da ricondurre esclusivamente al rapporto sinallagmatico instaurato con la stipula della convenzione: solo la fisiologica attuazione della stessa tramite richiesta preventiva dei titoli edilizi necessari, anche da parte di soggetti subentrati nella titolarità delle aree, come nel caso di specie, ne consente la fruizione. Al contrario, qualsivoglia intervento ivi non previsto, o comunque assentito dall’Amministrazione solo ex post, non consente di escluderne l’incidenza sul carico urbanistico, legittimando ex se l’invocata esenzione.

Alla luce di quest’ultimo orientamento, e della ratio della richiamata normativa, si deve dunque affermare il principio che il contributo per oneri di urbanizzazione non è dovuto solo nel caso in cui la concessione edilizia (ora: permesso di costruire, ai sensi dell’art. 10 del D.P.R. n. 380 del 2001) sia relativa all’attuazione di un intervento realizzato sulla base di una convenzione di lottizzazione o atto unilaterale d’obbligo a suo tempo sottoscritti dai proprietari delle aree interessate, assumendo in tale ipotesi rilievo l’avvenuta integrale realizzazione delle opere di urbanizzazione. E ciò correttamente, essendo l’esenzione giustificata dalla originaria correlazione fra il piano di lottizzazione e i fabbricati, individuata anche attraverso la concessione preventivamente assentita, e non potendosi continuare ad applicarla se i fabbricati siano realizzati abusivamente, inficiando ciò il presupposto della suddetta correlazione (sul punto, v. Cons. Stato, sez. V. 4 settembre 2000, n. 4662).

12. Conclusivamente, pertanto, l’appello deve essere respinto e, per l’effetto, confermata la sentenza n. 3598/2007 del T.A.R. per la Toscana.

Nulla sulle spese, non essendosi costituito in giudizio il Comune appellato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza del T.A.R. per la Toscana n. 3598 del 6 novembre 2007.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:

Fabio Taormina, Presidente

Giancarlo Luttazi, Consigliere

Giovanni Sabbato, Consigliere

Francesco Frigida, Consigliere

Antonella Manzione, Consigliere, Estensore

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