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Possibilità di riconoscere legittimamente gli incentivi per funzioni tecniche  nel caso della locazione finanziaria per la realizzazione di un’opera pubblica
Comune di Torri di Quartesolo (VI) – Parere reso ai sensi dell’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003 n. 131, in merito alla possibilità di riconoscere legittimamente gli incentivi per funzioni tecniche di cui all’art. 113 del Codice dei contratti pubblici svolte dal personale dipendente nel caso della locazione finanziaria per la realizzazione di un’opera pubblica, qualora: a) nel quadro economico del progetto esecutivo dedotto nel contratto di locazione finanziaria risulti allocata anche la quota per gli incentivi per funzioni tecniche, quantificata, nel rispetto dell’apposito regolamento dell’Ente, sull’importo dei lavori affidati al soggetto realizzatore; b) tale quota, a fronte dello svolgimento da parte del personale comunale delle funzioni tecniche previste dall’art. 113 (verifica e validazione del progetto, funzioni di RUP, direzione lavori, ecc.) venga poi effettivamente trasferita al Comune da parte del soggetto finanziatore; c) sia rispettata la condizione prevista dall’ art. 187, comma l, ultima parte, del Codice dei contratti pubblici, ossia che i lavori non abbiano un carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto del contratto principale.
 
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Deliberazione n. 20/2020/PAR/Torri di Quartesolo (VI)
 
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL VENETO
Nell’adunanza del 22 gennaio 2020
composta dai magistrati
Salvatore PILATO Presidente
Elena BRANDOLINI Consigliere
Amedeo BIANCHI Consigliere
Maristella FILOMENA Referendario
Marco SCOGNAMIGLIO Referendario Relatore
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VISTO l’art. 100, secondo comma, della Costituzione;
VISTO il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;
VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;
VISTO il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti modificato da ultimo con deliberazione del Consiglio di Presidenza n. 229 del 19 giugno 2008 con il quale è stata istituita in ogni Regione ad autonomia ordinaria la Sezione regionale di controllo, deliberato dalle Sezioni Riunite in data 16 giugno 2000;
VISTA la legge 5 giugno 2003, n. 131 recante “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla Legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3”, ed in particolare, l’art. 7, comma 8;
VISTI gli indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva approvati dalla Sezione delle Autonomie nell’adunanza del 27 aprile 2004, come modificati e integrati dalla delibera n. 9/SEZAUT/2009/INPR del 3 luglio 2009 e, da ultimo dalla deliberazione delle Sezioni Riunite in sede di controllo n. 54/CONTR del 17 novembre 2010;
VISTA la richiesta di parere inoltrata dal Sindaco del Comune di Torri di Quartesolo (VI) prot. n. 23966 del 22/11/2019, acquisita al prot. C.d.c. n. 12926 del 25/11/2019;
VISTA l’ordinanza del Presidente n. 2/2020 di convocazione della Sezione per l’odierna seduta;
UDITO il Magistrato relatore, Referendario Marco Scognamiglio.
FATTO
Il Sindaco del Comune di Quartesolo ha inviato alla Sezione una richiesta di parere chiedendo se sia possibile riconoscere legittimamente gli incentivi per funzioni tecniche di cui all’art. 113 del Codice dei contratti pubblici svolte dal personale dipendente nel caso della locazione finanziaria per la realizzazione di un’opera pubblica, qualora:
a) nel quadro economico del progetto esecutivo dedotto nel contratto di locazione finanziaria risulti allocata anche la quota per gli incentivi per funzioni tecniche, quantificata, nel rispetto dell’apposito regolamento dell’Ente, sull’importo dei lavori affidati al soggetto realizzatore;
b) tale quota, a fronte dello svolgimento da parte del personale comunale delle funzioni tecniche previste dall’art. 113 (verifica e validazione del progetto, funzioni di RUP, direzione lavori, ecc.) venga poi effettivamente trasferita al Comune da parte del soggetto finanziatore;
c) sia rispettata la condizione prevista dall’ art. 187, comma l, ultima parte, del Codice dei contratti pubblici, ossia che i lavori non abbiano un carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto del contratto principale.
DIRITTO
I. Preliminare all’esame del merito del quesito, è la verifica della sua ammissibilità sotto i profili oggettivo e soggettivo. Premesso che l’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, che costituisce il fondamento normativo della funzione consultiva intestata alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, attribuisce alle Regioni e (tramite il Consiglio delle autonomie locali se istituito) ai Comuni, Province e Città metropolitane la facoltà di richiedere alla Corte dei conti pareri in materia di contabilità pubblica, vanno richiamati gli indirizzi e criteri generali per l’esercizio della suddetta attività, consultiva approvati dalla Sezione delle Autonomie nell’adunanza del 27 aprile 2004, come modificati e integrati dalla deliberazione n. 9/SEZAUT/2009/INPR e dalla deliberazione delle Sezioni Riunite in sede di controllo n. 54/CONTR/2010, con i quali la Corte dei conti ha stabilito che, ai fini dell’ammissibilità della richiesta formulata, devono sussistere contestualmente le seguenti condizioni:
– dal punto di vista soggettivo, la richiesta deve essere formulata dall’organo politico di vertice e rappresentante legale degli enti legittimati;
– dal punto di vista oggettivo, il quesito deve rientrare esclusivamente nella materia della contabilità pubblica, che può assumere un “àmbito limitato alla normativa e ai relativi atti applicativi che disciplinano, in generale, l’attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, ricomprendendo in particolare la disciplina dei bilanci e i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziario-contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese, l’indebitamento, la rendicontazione e i relativi controlli” (Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 5/AUT/2006) e non può ampliarsi a tal punto da ricomprendere “qualsivoglia attività degli enti che abbia, comunque, riflessi di natura finanziaria, comportando, direttamente o indirettamente, una spesa, con susseguente fase contabile attinente all’amministrazione della stessa ed alle connesse scritture di bilancio” (54/CONTR/2010). L’ausilio consultivo, inoltre, non può costituire un’interferenza con le funzioni requirenti e giurisdizionali di questa Corte ovvero di altri organi giurisdizionali e deve essere preventivo rispetto all’esecuzione da parte dell’ente di atti e/o attività connessi alla/e questione/i oggetto di richiesta di parere. Non è, quindi, ammissibile l’esercizio ex post della funzione consultiva.
I.1. Quanto al profilo soggettivo, la richiesta di parere del Sindaco di Torri di Quartesolo deve ritenersi ammissibile, in quanto sottoscritta dal Sindaco dell’Ente, organo politico e di vertice, rappresentante legale del medesimo. Si precisa, a tal proposito, che la stessa è stata trasmessa direttamente dall’Ente richiedente e non già per il tramite del Consiglio delle autonomie locali, organo previsto dal vigente art. 123 della Costituzione. Ciò comunque non inficia l’ammissibilità della richiesta, posto che la formulazione dell’art. 7, comma 8, della legge 131/2013 non preclude un rapporto diretto tra le amministrazioni e le Sezioni Regionali di controllo della Corte dei conti.
I.2. Quanto al profilo oggettivo, va evidenziato che la richiesta deve essere giustificata da un interesse dell’ente alla soluzione di una questione giuridica incerta e controversa, a carattere generale e astratto. Ne discende che i casi non devono essere riferiti a fattispecie concrete, al fine di evitare da un lato l’ingerenza della Corte nelle scelte gestionali da operare (amministrazione attiva) e dall’altro di evitare una funzione consulenziale generale sull’attività dell’Amministrazione locale, cui spetta procedere alla adeguata valutazione ponderata di tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti e adottare le conseguenti scelte decisionali. Secondo un principio ampiamente consolidato, infatti, la funzione consultiva non può risolversi in una surrettizia forma di co-amministrazione o di cogestione, incompatibile con la posizione di neutralità e di terzietà della magistratura contabile.
Ne consegue che il parere viene reso unicamente avuto riguardo esclusivo alle questioni di natura generale ed astratta, e non può essere interpretato quale intervento atto a validare eventuali determinazioni in itinere, ovvero già assunte o atti già adottati ex post.
Del pari, non potranno ritenersi ammissibili richieste di parere per la cui soluzione “non si rinvengono quei caratteri – se non di esclusività – di specializzazione funzionale che caratterizzano la Corte in questa sede, e che giustificano la peculiare attribuzione da parte del legislatore” (Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 3/SEZAUT/2014/QMIG), né istanze che, per come formulate, si sostanzino in una richiesta di consulenza di portata generale in merito a tutti gli àmbiti dell’azione amministrativa.
Tutto ciò premesso in ordine ai requisiti di ammissibilità in senso oggettivo, la Sezione ritiene che il quesito posto dal Sindaco del Comune di Torri di Quartesolo sia ammissibile, in quanto concerne una materia, quella degli incentivi per funzioni tecniche, certamente inerente all’attività finanziaria, ed in particolare alla gestione delle spese, e sulla quale peraltro si è da tempo formata una copiosa giurisprudenza consultiva di merito della Corte dei conti. Le condizioni che, nella prospettazione proposta, accompagnerebbero il contratto di locazione finanziaria per opera pubblica o di pubblica utilità, esposte sub a), b) e c) della parte in fatto, vanno considerate nella loro generalità ed astrattezza, come suscettibili di accompagnare altre operazioni analoghe in un numero indefinito di casi, e quindi non esclusivamente riferite alla operazione che il Comune voglia realizzare, nella quale, va ribadito, la Corte dei conti non può ingerirsi.
II. Gli incentivi per funzioni tecniche, disciplinati dall’art. 113 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), sono compensi previsti in favore dei dipendenti delle amministrazioni aggiudicatrici, a fronte dello svolgimento di determinate attività finalizzate alla conclusione di appalti di lavori, servizi e forniture, che operano in deroga al principio di onnicomprensività della retribuzione enunciato all’art. 24, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
Il precursore nel nostro ordinamento di questo istituto va individuato negli incentivi per la progettazione, istituti con legge 11 febbraio 1994, n. 109 (c.d. legge Merloni), la quale prevedeva la ripartizione a favore di determinati soggetti (il responsabile unico del procedimento, gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, ed i loro collaboratori) di un incentivo a valere sugli stanziamenti previsti per la realizzazione dei singoli lavori, fissato entro il limite massimo del 1,5% dell’importo posto a base di gara.
La ratio della norma, come evidenziato dalle Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei Conti con deliberazione n. 51/2011/CONTR, era quella di destinare una quota di risorse pubbliche “a incentivare prestazioni poste in essere per la progettazione di opere pubbliche, in quanto in tal caso si tratta all’evidenza di risorse correlate allo svolgimento di prestazioni professionali specialistiche offerte da personale qualificato in servizio presso l’Amministrazione pubblica; peraltro, laddove le amministrazioni pubbliche non disponessero di personale interno qualificato, dovrebbero ricorrere al mercato attraverso il ricorso a professionisti esterni con possibili aggravi di costi per il bilancio dell’ente interessato”.
La previsione di funzioni incentivabili è dunque intrinsecamente legata, sin dal suo esordio nell’ordinamento, all’esigenza di razionalizzazione della spesa, attuata nello specifico attraverso la valorizzazione delle risorse interne. Ora come allora, la disposizione che prevede la possibilità di incentivare funzioni svolte all’interno del normale rapporto di servizio è da intendersi di stretta interpretazione in quanto derogatoria al generale principio dell’onnicomprensività dell’introduzione.
Il legislatore, al fine di non contraddire gli scopi dell’istituto, ha posto attenzione ai vincoli di natura contabile entro cui rendere utilizzabile lo strumento. Il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.) innovò alla previgente normativa, portando il limite delle risorse destinabili all’incentivo al 2% dell’importo a base di gara, ma prevedendo allo stesso tempo un vincolo ulteriore, per il quale l’incentivo erogato non doveva comunque superare l’importo del trattamento complessivo annuo lordo già in godimento dal singolo dipendente. Detto limite risulta peraltro ridotto oggi al 50% del medesimo trattamento.
La legge 11 agosto 2014, n. 114, di conversione del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, istituì il “fondo per la progettazione e l’innovazione”, a valere sugli stanziamenti destinati a finanziare gli incentivi, e da ripartirsi secondo percentuali prestabilite: l’80% destinato agli incentivi per il responsabile unico del procedimento e gli altri soggetti che svolgono le funzioni tecniche, nonché i loro collaboratori, ed il restante 20%, destinato invece all’acquisto di beni, strumentazioni e tecnologie funzionali a progetti di innovazione e di implementazione delle banche dati per il controllo e il miglioramento della capacità di spesa.
II.1. Con il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici) si è passati dal suddetto “fondo per la progettazione e l’innovazione” al fondo incentivante “le funzioni tecniche”, che ora includono, a norma dell’art. 113 dell’articolato, anche le attività di “programmazione della spesa per investimenti, di valutazione preventiva dei progetti, di predisposizione e controllo delle procedure di gara e di esecuzione dei contratti pubblici” oltre a quelle, già incentivate in passato, riferibili al responsabile unico del procedimento, alla direzione dei lavori ed al collaudo tecnico-amministrativo; l’incentivo invece non è più destinabile agli incaricati della redazione del progetto e del piano della sicurezza, com’era nella previgente disciplina.
Il Codice in vigore prevede dunque, in maniera innovativa, l’incentivabilità di attività dirette ad assicurare l’efficacia della spesa e l’effettività della programmazione (come per primo evidenziato dalla Sezione regionale di controllo per la Toscana della Corte dei conti, con deliberazione n. 186/2017/PAR); novità questa che accompagna l’ampliamento del novero dei beneficiari degli incentivi in esame, individuati ora anche nel personale pubblico coinvolto nelle diverse fasi del procedimento di spesa, dalla programmazione all’esecuzione del contratto.
I nuovi incentivi non sono dunque sovrapponibili agli incentivi per la progettazione della normativa previgente: come precisato nella legge delega (art. 1, comma 1, lett. rr, legge 28 gennaio 2016, n. 11), tale compenso va a remunerare specifiche e determinate attività di natura tecnica svolte dai dipendenti pubblici, tra cui quelle della programmazione, predisposizione e controllo delle procedure di gara e dell’esecuzione del contratto, escludendo l’applicazione degli incentivi alla progettazione.
II.2. In conseguenza della mutata natura dei compensi incentivanti, la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti ha ritenuto che gli stessi non potessero più essere considerati, come in passato, spesa per investimento, e che fossero dunque da includere nel tetto dei trattamenti accessori (deliberazione n. 7/SEZAUT/2017/QMIG).
Sugli incentivi ridisegnati dal nuovo Codice è successivamente intervenuto l’art. 76 del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56, che ha riferito l’imputazione degli oneri per le attività tecniche ai pertinenti stanziamenti degli stati di previsione della spesa, non solo con riguardo agli appalti di lavori (come da formulazione originaria della norma), ma anche a quelli di fornitura di beni e di servizi, confermando un indirizzo già emerso nella giurisprudenza consultiva regionale (Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 333/2016/PAR).
L’art. 1, comma 526, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018) ha invece specificato che il finanziamento del fondo per gli incentivi tecnici grava sul medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavori, servizi o forniture. Il nuovo comma 5-bis dell’art. 113 in esame, introdotto dalla citata norma, precisa infatti che “gli incentivi di cui al presente articolo fanno capo al medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavori, servizi e forniture”.
Quest’ultima novella ha richiesto un nuovo intervento nomofilattico della Sezione delle Autonomie, che con deliberazione n. 6/SEZAUT/2018 ha chiarito come la contabilizzazione prescritta ora dal legislatore consente di desumere l’esclusione di tali risorse dalla spesa per il trattamento accessorio, affermando che “la ratio legis è quella di stabilire una diretta corrispondenza tra incentivo ed attività compensate in termini di prestazioni sinallagmatiche, nell’àmbito dello svolgimento di attività tecniche e amministrative analiticamente indicate e rivolte alla realizzazione di specifiche procedure. L’avere correlato normativamente la provvista delle risorse ad ogni singola opera con riferimento all’importo a base di gara commisurato al costo preventivato dell’opera, àncora la contabilizzazione di tali risorse ad un modello predeterminato per la loro allocazione e determinazione, al di fuori dei capitoli destinati a spesa di personale”.
Sulla questione si è assistito dunque in questo senso ad un ritorno al passato, chiarito che l’incentivo, in quanto previsto da una disposizione di legge speciale (l’art. 113 del Codice dei contratti pubblici) valevole per i dipendenti di tutte le amministrazioni pubbliche, non è assoggettabile al vincolo del trattamento accessorio che, invece, ha fonte nei contratti collettivi nazionali di comparto, con ciò superando per le Amministrazioni il limite delineato dalla 7/SEZAUT/2017/QMIG.
La giurisprudenza consultiva contabile in sede regionale ha poi chiarito che, in base ai princìpi di cui al richiamato indirizzo espresso dalla Sezione delle Autonomie, se l’onere relativo ai compensi incentivanti le funzioni tecniche non transita nell’àmbito dei capitoli dedicati alla spesa del personale, esso dunque non può essere soggetto ai vincoli posti alla relativa spesa da parte degli enti territoriali (Sezione regionale di controllo per il Lazio, deliberazione n. 57/2018/PAR; Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione n. 265/2018/PAR) estendendo dunque la validità del principio espresso della 6/SEZAUT/2018/QMIG a tutti i vincoli inerenti alla spesa per il personale.
II.3. Quanto alle funzioni incentivabili, l’art. 113 co. 2 del Codice dei contratti pubblici contiene un elenco tassativo, che comprende: la programmazione della spesa per investimenti, la valutazione preventiva dei progetti, la predisposizione e di controllo delle procedure di gara e di esecuzione dei contratti pubblici, le funzioni di RUP, la direzione dei lavori ovvero direzione dell’esecuzione e di collaudo tecnico amministrativo ovvero di verifica di conformità, le funzioni di collaudatore statico ove necessario per consentire l’esecuzione del contratto nel rispetto dei documenti a base di gara, del progetto, dei tempi e costi prestabiliti.
La tassatività dell’elencazione si deduce dall’utilizzo dell’avverbio “esclusivamente” che lo precede, ad ulteriore conferma della portata derogatoria della norma al principio di onnicomprensività della retribuzione, che ne implica la non estensibilità in via analogica.
III. Le considerazioni di questo Collegio, in ordine alla possibilità di riconoscere legittimamente gli incentivi per funzioni tecniche di cui all’art. 113 del Codice dei contratti pubblici svolte dal personale dipendente nel caso della locazione finanziaria per la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità, non possono prescindere dall’esame dell’applicabilità della ricostruzione effettuata dalla Sezione delle Autonomie con deliberazione n.15/ 2019/QMIG in relazione alla fattispecie della concessione, posto che essa, seppure trovi disciplina in una differente parte del codice, viene normalmente ricondotta, per struttura e funzioni, alla categoria dei contratti di Partenariato pubblico privato (cfr. la recente deliberazione n. 359/2019/PAR della Sezione regionale di controllo per la Lombardia, relativa al differente problema della escludibilità del tetto del 49% del costo complessivo dell’investimento di cui al comma 6 dell’art. 180 del canone di disponibilità di cui al comma 4 dello stesso articolo), entro cui appunto rientra la locazione finanziaria per la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità.
L’art. 113 del Codice, menzionando unicamente gli “appalti di lavori, servizi e forniture”, sembrerebbe escludere gli altri contratti pubblici.
D’altra parte, l’art. 164, comma 2, relativo alle concessioni, stabilisce che: “Alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice, relativamente ai princìpi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione”. Si tratta pertanto di stabilire se detto rinvio vada inteso esclusivamente con riferimento agli aspetti prettamente procedurali dell’esecuzione del contratto o, in senso più ampio, a tutte le norme, con l’unico limite della compatibilità, che disciplinano la fase dell’esecuzione, ivi compresa quindi la disposizione sull’incentivabilità delle funzioni tecniche.
Questa Sezione, in passato, aveva sostenuto l’incentivabilità delle funzioni tecniche svolte in relazione alle concessioni (deliberazioni n. 198/2018/PAR e n. 455/2018/PAR) valorizzando in particolare la nozione unitaria di contratti pubblici imposta dal diritto positivo (cfr. art. 3, comma 1, lett. dd) del Codice) comprensiva sia dei contratti di appalto che di concessione (ferma restando la fondamentale differenza del c.d. rischio operativo insito nella concessione, che giustifica la diversa forma di remunerazione accordata all’operatore economico). L’ipotesi estensiva appariva confortata dalla ratio sottesa al riconoscimento del meccanismo premiale, che sarebbe “anzitutto quella di stimolare e premiare l’ottimale utilizzo delle professionalità interne, rispetto al ricorso all’affidamento all’esterno di incarichi professionali, che sarebbero comunque forieri di oneri aggiuntivi per l’Ente, con aggravio della spesa complessiva”.
Tale tesi non ha tuttavia ricevuto l’avallo della Sezione delle Autonomie che, chiamata ad esprimersi sulla questione di massima relativa all’incentivabilità delle funzioni tecniche svolte in relazione ai contratti di concessione, con la citata deliberazione n. 15/2019/QMIG, ha affermato il principio di diritto per cui “gli incentivi ivi disciplinati sono destinabili al personale dipendente dell’ente esclusivamente nei casi di contratti di appalto e non anche nei casi di contratti di concessione”.
Con detto pronunciamento la Sezione delle Autonomie ha espressamente valorizzato i seguenti profili:
1. la circostanza che appalti e concessioni sono trattate in parti diverse dell’apparato normativo, elemento non irrilevante tenuto conto che il legislatore, quando ha voluto, ha specificatamente richiamato insieme le due tipologie, oppure ha genericamente fatto riferimento a “contratti pubblici”, sicché la lettura della disposizione di cui al secondo comma dell’art. 164 “non può indurre invero a ritenere che anche l’art. 113 sia applicabile ai contratti di concessione”, posto che essa indica puntualmente gli àmbiti per i quali si deve fare rinvio alle disposizioni contenute nelle parti prima e seconda;
2. la mancanza, nel caso di concessioni, di “uno specifico stanziamento non riconducibile ai capitoli dei singoli lavori, servizi e forniture”;
3. il fatto che gli incentivi sono stati individuati espressamente ed in forma tipica dal legislatore, non potendosi diversamente interpretare il tenore del comma 5-bis dell’art. 113 che, riferendosi ai capitoli di spesa per contratti di appalto, ha escluso l’assoggettabilità degli incentivi ai vincoli di spesa in materia di personale;
4. le diverse caratteristiche strutturali delle due tipologie di contratti, in quanto, essenzialmente, quelli di appalto comportano spese e quelli di concessioni entrate, il che porta a dubitare se, in ipotesi, il parametro per la determinazione del fondo per i compensi incentivanti sia da individuarsi nell’importo a base di gara o con riferimento al canone dovuto dal concessionario, concludendosi che “in realtà, si dovrebbe far ricorso ad uno stanziamento di spesa specifico, che, come si è detto, non è previsto per legge e che appare, quindi, di dubbia legittimità. Senza contare che la copertura, essendo legata alla riscossione dei canoni concessori, resta gravata da un margine di aleatorietà”.
La Sezione delle Autonomie ha quindi collocato la vicenda in un quadro generale che tiene conto anche delle criticità che potrebbero emergere sotto il profilo finanziario, evidenziando inoltre, in relazione alla possibile soluzione (prospettata dalla Sezione rimettente) che individui il parametro di riferimento per la quantificazione del fondo nell’importo posto a base di gara, l’implicazione critica consistente nel fatto che, soprattutto nel caso di operazioni di notevole entità, prevedere di pagare incentivi a fronte di flussi di entrata che potrebbero essere incerti esporrebbe l’ente al rischio di insostenibilità.
IV. La prima circostanza indicata come ostativa dalla Sezione delle Autonomie al fine dell’incentivabilità delle funzioni connesse alle concessioni, riguarda, come visto, alcune questioni di collocazione sistematica, ed è tale aspetto che, in relazione alla fattispecie all’odierno esame, il Collegio ritiene dover inquadrare per primo.
La locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità è disciplinata dall’art. 187 del Codice, il quale si colloca nella parte IV, dedicata ai contratti di Partenariato pubblico privato e contraente generale, ai quali, per la previsione di cui all’art. 179: “si applicano le disposizioni di cui alla parte I, III, V e VI, in quanto compatibili” (co. 1) e, sempre in quanto compatibili: “le previsioni della presente parte, le disposizioni della parte II, titolo I a seconda che l’importo dei lavori sia pari o superiore alla soglia di cui all’articolo 35, ovvero inferiore, nonché le ulteriori disposizioni della parte II indicate all’articolo 164” (comma 2).
Vengono pertanto escluse dall’àmbito di applicabilità ai contratti di partenariato le norme contenute nel titolo V della Parte II, ivi compreso l’art. 113, a meno di non voler intendere il rinvio al secondo comma dell’art. 164 come un rinvio a tutte le norme (con l’unico limite della compatibilità) che disciplinano la fase dell’esecuzione, ivi compresa quindi la disposizione sull’incentivabilità delle funzioni tecniche. Tale interpretazione, come visto, non ha tuttavia ricevuto l’avallo della Sezione delle autonomie nella citata deliberazione n. 15/2019/QMIG. Va però al riguardo evidenziato come, in quella sede, l’organo nomofilattico, nel negare la portata del riferimento alle modalità di esecuzione come afferente indistintamente a tutte le norme contenute nel titolo V della parte II, non ritenendolo dunque fondativo di una interpretazione estensiva, neppure d’altra parte ha basato su una contraria considerazione la propria decisione finale, che invece, come visto, si fonda piuttosto sulla differenza strutturale tra il contratto di concessione e quello di appalto. D’altronde, affermare che la formula di cui all’art. 164 co. 2 “non può indurre invero a ritenere che anche l’art. 113 sia applicabile ai contratti di concessione” non appare sufficiente a stabilire che, tramite la tecnica del rinvio “di secondo grado” operata dall’art. 179, ciò valga ad escludere una volta per tutte l’incentivabilità della differente fattispecie ivi esaminata. In altri termini, appare necessario analizzare la struttura del contratto di locazione finanziaria per opere pubbliche o di pubblica utilità prima di giungere a conclusioni definitive in ordine alla possibilità di incentivarne, ai sensi dell’art. 113, le connesse funzioni svolte dal personale amministrativo.
Il compiuto inquadramento della fattispecie contrattuale in esame presuppone a propria volta l’analisi delle norme che disciplinano la categoria del contratto di partenariato pubblico privato (d’ora in avanti contratto di PPP) il quale è definito all’art. 3, comma 1, lettera eee), come “il contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto con il quale una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo determinato in funzione della durata dell’ammortamento dell’investimento o delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un’opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connesso all’utilizzo dell’opera stessa, con assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte dell’operatore”. Il contratto di PPP è dunque uno schema negoziale che nel sinallagma contrattuale ha la causa giuridica tipica dei negozi di finanziamento, sebbene come già evidenziato di recente dalla citata deliberazione 359/SRCLOM/2019/ PAR: “la funzione economico-sociale dello schema del contratto di PPP, ad ogni modo, non si esaurisce nel finanziamento ma si colora, a seconda dei diversi tipi contrattuali riconducibili a questo schema negoziale, della funzione economica-sociale di realizzare la progettazione, la costruzione o la manutenzione di un’opera, nonché la fornitura dei beni e servizi necessari al funzionamento della stessa eccetera”.
Sembra pertanto potersi ragionevolmente inquadrare lo schema negoziale di PPP in quelli a causa variabile, per tale dovendosi significare la neutralità di uno schema astratto, che a priori consiste in un determinato effetto, ma che a posteriori viene qualificato da un elemento causale concreto.
Occorre a questo punto considerare il dato letterale di cui al già citato art. 187 che, nel disciplinare la locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità, stabilisce che la stessa “costituisce appalto pubblico di lavori, salvo che questi ultimi abbiano un carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto principale del contratto medesimo”.
Di conseguenza, se in conformità alla causa variabile che caratterizza in generale il contratto di PPP, la locazione finanziaria può, in concreto, avere causa prevalente di appalto, potrebbe sostenersi la sua incentivabilità in base al fatto che a tale fattispecie si riferisce espressamente l’art. 113.
IV.1. Dirimenti rispetto alla fattispecie all’odierno esame sembrano invece le ulteriori circostanze che hanno portato la Sezione delle Autonomie a negare l’incentivabilità delle funzioni connesse alle concessioni, ed in particolare la mancanza di uno specifico stanziamento non riconducibile ai capitoli dei singoli lavori, servizi e forniture. Il punto era stato molto ben evidenziato dalla Sezione rimettente, che aveva colto l’importante differenza rispetto al caso dei contratti di appalto, nei quali: “gli incentivi di che trattasi gravano sul medesimo capitolo di spesa previsto per i singoli lavori, servizi e forniture: pertanto, già nell’àmbito delle risorse destinate al contratto pubblico, una parte viene accantonata, a monte, per la specifica finalità dell’erogazione del compenso incentivante quale premialità per la realizzazione della procedura competitiva e la corretta esecuzione del contratto” (Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 96/2019/PAR).
Ed è proprio questo, a parere del Collegio, l’elemento che sembra essere di ostacolo al riconoscimento dell’incentivabilità delle funzioni connesse alla locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità, posto che la sua funzione (anche) di finanziamento, implica che manchi nel bilancio dell’Amministrazione lo specifico stanziamento di spesa cui parametrare la misura del fondo incentivante, determinando oneri non aleatori e su cui pertanto sono fondate, secondo l’insegnamento della Sezione delle Autonomie, tanto la mancata assoggettabilità alla normativa vincolistica di spesa per il personale quanto la legittima erogazione degli incentivi per funzioni tecniche.
Che lo specifico stanziamento di spesa, nel quadro normativo vigente, sia elemento centrale per la configurabilità della previsione incentivante, lo conferma quella giurisprudenza consultiva contabile in base alla quale la propedeuticità del regolamento ai fini del perfezionamento del diritto non impedisce che quest’ultimo possa disporre la ripartizione degli incentivi anche prima dell’adozione del regolamento stesso, utilizzando le somme già accantonate allo scopo nel quadro economico riguardante la singola opera (Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 185/2017/PAR; Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione n. 353/2016/PAR; Sezione regionale di controllo per il Piemonte, deliberazione n. 177/2017/PAR).
IV.2. La prospettazione proposta dall’odierno Sindaco richiedente, che sembra subordinare il riconoscimento degli incentivi al successivo trasferimento al Comune da parte del soggetto finanziatore, non solo non risolve il problema della aleatorietà della copertura, ma rende evidente come non si possa affermare che in tal caso le risorse eventualmente destinabili alla copertura dell’onere troverebbero capienza in uno stanziamento specificamente previsto a tal fine. Sempre secondo l’insegnamento della deliberazione 15/SEZAUT/2019/PAR, gli incentivi sono stati individuati “espressamente ed in forma tipica dal legislatore”, dovendosi interpretare il riferimento ai capitoli di spesa per contratti di appalto come condizione per escludere l’assoggettabilità degli incentivi ai vincoli di spesa in materia di personale; una differente copertura dei relativi oneri non potrebbe pertanto legittimamente rientrare nell’àmbito di applicabilità della norma incentivante.
Ancora più in dettaglio, va evidenziato come i vigenti principi contabili (e precisamente l’Allegato 4/2 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118) relativamente all’operazione di leasing in costruendo, prevedono le seguenti scritture: i canoni periodici vanno registrati distinguendo la parte interessi, da imputare in bilancio tra le spese correnti, dalla quota capitale, da iscrivere tra i rimborsi prestiti della spesa, mentre al termine del rapporto contrattuale la spesa per l’esercizio del riscatto è registrata tra le spese di investimento (giova rammentare che ciò che qui rileva è la contabilità finanziaria e non la contabilità economico-patrimoniale, poiché in termini della prima vengono dettate tanto le disposizioni vincolistiche quanto quelle relative agli incentivi per funzioni tecniche). È quindi presente uno degli elementi che, in relazione agli appalti, consentono di riconoscere l’incentivabilità delle funzioni tecniche ed al tempo stesso la non rilevanza del relativo onere per quanto riguarda la spesa per il personale, vale a dire la natura della spesa, ben individuata, che non è spesa per il personale. Tuttavia, ciò non sembra sufficiente a superare l’ostacolo della mancanza di una voce di spesa dedicata, in quanto evidentemente la spesa per il riscatto del bene non coincide con l’importo posto a base di gara (ed anche qualora astrattamente i due importi coincidessero, differente sarebbe la natura della spesa, per quanto non inerente al personale). D’altra parte, l’art. 113, se al secondo comma specifica, come visto, quali sono le funzioni incentivabili, al primo determina su quali specifici oneri ne va parametrata la remunerazione, ed essi sono oneri inerenti alla realizzazione dell’appalto (“Gli oneri inerenti alla progettazione, alla direzione dei lavori ovvero al direttore dell’esecuzione, alla vigilanza, ai collaudi tecnici e amministrativi ovvero alle verifiche di conformità, al collaudo statico, agli studi e alle ricerche connessi, alla progettazione dei piani di sicurezza e di coordinamento e al coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione quando previsti ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, alle prestazioni professionali e specialistiche necessari per la redazione di un progetto esecutivo completo in ogni dettaglio fanno carico agli stanziamenti previsti per i singoli appalti di lavori, servizi e forniture negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle stazioni appaltanti”). Pertanto, se si parametrasse l’incentivo sulla spesa per il riscatto, si sarebbe al di fuori dell’ambito applicativo della norma incentivante, e se si parametrasse l’incentivo sulla spesa per l’appalto, si farebbe riferimento ad una spesa che non compare nel bilancio dell’amministrazione. Entrambe le due condizioni, invece, appaiono come visto indispensabili.
IV.3. Ad ulteriore sostegno delle motivazioni espresse, va richiamata la recente pronuncia della Sezione regionale di controllo per la Lombardia, che, investita di questione analoga a quella qui all’attenzione, nel convincimento espresso che il principio di diritto enunciato dalla 15/ SEZAUT/2019/PAR trovi completa e totale applicazione non solo nell’ipotesi di concessione, ma anche nel caso in cui la questione attenga ad altre forme contrattuali rientranti nelle forme di Partenariato pubblico privato, ha ritenuto di dover adottare “un’interpretazione estensiva della suindicata prospettazione esegetica anche nei confronti dei contratti di leasing in costruendo” (deliberazione n. 311/2019/PAR, ed orientamento poi confermato dalla successiva deliberazione n. 429/2019/PAR della medesima Sezione).
V. Per tutto quanto sopra evidenziato, il Collegio, pur consapevole delle ragioni di ordine sistematico già evidenziate, che, data la ratio della previsione di funzioni incentivabili, in vista di efficientamento e razionalizzazione della spesa suggerirebbero probabilmente un approccio estensivo, nel senso del riconoscimento delle stesse anche in relazione a fattispecie contrattuali differenti dall’appalto, ritiene che il quadro normativo attualmente vigente non consenta di riconoscere legittimamente detti incentivi per funzioni tecniche svolte dal personale del Comune per la realizzazione di un contratto di locazione finanziaria per opere pubbliche o di pubblica utilità, neppure sotto le condizioni generali ed astratte rappresentate dall’odierno richiedente.
P.Q.M.
La Sezione regionale di controllo per il Veneto rende il parere nei termini sopra espressi.
Copia della presente delibera sarà trasmessa, a cura del Direttore della Segreteria, al Sindaco e al Segretario Comunale del Comune di Torri di Quartesolo (VI).
Così deliberato in Venezia, nella Camera di consiglio del 22 gennaio 2020.
Il Magistrato relatore Il Presidente
F.to Scognamiglio Marco F.to Pilato Salvatore
Depositata in Segreteria il 22 gennaio 2020
IL DIRETTORE DI SEGRETERIA
F.to Dott.ssa Letizia Rossini

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