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Parità di genere nella costituzione delle giunte anche nei comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti
Con una recente sentenza del TAR Umbria (n. 10 del 3 gennaio 2020) il giudice amministrativo ribadisce principi ormai consolidati in merito al rispetto delle quote di genere nella costituzione delle giunte comunali. 
 
queste le conclusioni cui è giunto il giudice amministrativo.
Come è noto, la Costituzione della Repubblica italiana sancisce all’art. 3 il principio di eguaglianza formale e sostanziale con riferimento al sesso, mentre, all’art. 51, comma 1, stabilisce che “tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”, precisando che “a tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”. Tali principi costituzionali sono stati attuati dalla normativa in materia di composizione delle Giunte degli Enti locali di cui al d.lgs. n. 267 del 2000, che prevede, all’art. 6, comma 3 (come modificato dall’art. 1 l. n. 215 del 2012) che gli statuti comunali e provinciali stabiliscano norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della l. n. 125 del 1991 e per garantire la presenza di entrambi i sessi nelle giunte; il successivo art. 46, comma 2 (come modificato dall’art. 2, comma 1, lett. b), l. n. 215 del 2012) prevede che “il sindaco e il presidente della provincia nominano, nel rispetto del principio di pari opportunità tra donne e uomini, garantendo la presenza di entrambi i sessi, i componenti della giunta”. Lo stesso Statuto del comune XXX, all’art. 3, prevede che “il comune assicura condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10.4.1991, n. 125 e promuove le presenze di entrambi i sessi nella giunta e negli organi collegiali del comune nonché negli enti, aziende ed istituzioni da esso dipendenti”. L’art. 47, commi 3 e 4, d.lgs. n. 267 del 2000 dispone che “nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere”, e che “nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la nomina ad assessore di cittadini non facenti parte del consiglio ed in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere”. Ciò si verifica nel Comune XXXX, il cui Statuto all’art. 24, comma 2, stabilisce che possono far parte della Giunta anche cittadini non facenti parte del Consiglio comunale. Nel caso in esame non trova applicazione il disposto dell’art. 1, comma 137, l. n. 56 del 2014 – per il quale “nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico” – in quanto il Comune di XXXX, ha una popolazione inferiore a 3.000 abitanti. Pertanto, la fattispecie in esame risulta disciplinata dal citato art. 46, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000, il quale statuisce che, in attuazione del principio di pari opportunità tra donne e uomini, il Sindaco deve garantire la presenza di entrambi i sessi nella nomina dei componenti della Giunta, tenuto pure conto della circostanza che lo Statuto comunale, nel citato art. 24, comma 2, ha utilizzato l’opzione, prevista dall’art. 47, comma 4, d.lgs. n. 267 del 2000, prevedendo la possibilità che facciano parte della Giunta anche cittadini non facenti parte del Consiglio comunale. Al riguardo, va rilevato che secondo la giurisprudenza amministrativa non può escludersi a priori l’effettiva impossibilità di assicurare nella composizione della Giunta comunale la presenza dei due generi; tale impossibilità, tuttavia, deve essere adeguatamente provata sia mediante la effettuazione di un’accurata e approfondita istruttoria, sia con una puntuale motivazione del provvedimento sindacale di nomina degli assessori, che specifichi le ragioni che hanno impedito il rispetto della suddetta normativa in materia di parità di genere nella composizione delle Giunte (C.d.S., V sez., 3 febbraio 2016, n. 406). Alla luce di tali norme il Sindaco avrebbe dovuto svolgere un’adeguata istruttoria (cfr. TAR Basilicata, 4 aprile 2018, n. 237; Id. 17 giugno 2016 n. 631; TAR Campania, Salerno, sez. I, 12 dicembre 2017 n. 1746; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 29 maggio 2017 n. 867; Id. 10 aprile 2015 n. 651; TAR Abruzzo, Pescara, 17 novembre 2016 n. 357; TAR Campania, Napoli, sez. I, 13 maggio 2015 n. 2655; TAR Lombardia, Brescia, 26 novembre 2015 n. 1595), volta all’ottenimento, per la nomina degli assessori, della disponibilità di idonee personalità di sesso femminile nell’ambito di tutti i cittadini residenti o che abbiano un significativo legame con il Comune, come per esempio l’indizione di un apposito avviso pubblico, finalizzato all’acquisizione dell’interesse di donne, appartenenti al partito politico o alla coalizione di partiti che hanno vinto le elezioni comunali, a ricoprire la carica di Assessore, le quali condividano il programma della lista, capeggiata dal Sindaco (cfr. TAR Veneto, sez. I , 6 marzo 2015 n. 282). A tal fine, non risultano sufficienti le affermazioni ed i documenti versati in atti dalla difesa comunale, in quanto dai gravati decreti di nomina non risultava lo svolgimento di alcuna attività istruttoria per la individuazione di almeno un assessore di genere femminile, né alcuna motivazione sulle ragioni che avevano determinato la composizione della Giunta. 
Qui il link alla sentenza integrale del TAR Umbria n. 10 del 3 gennaio 2020.

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