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Prelazione ai dipendenti per le concessioni delle farmacie comunali, contraria alle norme UE
La Rivista del Sindaco  17/01/2020 Approfondimenti
Il principio della libertà di stabilimento viene infranto dal diritto di prelazione che la legge italiana riserva ai dipendenti di una farmacia comunale in caso di cessione della stessa, mediante gara. A tal proposito si è espressa la Corte Ue nella causa C-465/18 con la sentenza del 19 dicembre 2019.
Il caso riguarda il Comune di Bernareggio, che nel 2014 ha bandito un’asta pubblica, allo scopo di vendere una propria farmacia comunale. Al termine dell’asta, la farmacia è stata assegnata ad un soggetto che non ha nemmeno partecipato (a fronte di due offerte economicamente maggiori alla sua), ma si è avvalso (ai sensi del bando) della legge 362/1991 che permette ai farmacisti dipendenti un vero e proprio diritto di prelazione riguardo all’acquisto.
Una decisione che è stata poi portata in discussione dagli esclusi prima davanti al Tar della Lombardia ed in seguito al Consiglio di Stato, che ritenevano lesivo dei principi di libera concorrenza e di parità di trattamento (come sanciti dall’Unione) tale diritto di prelazione. Rilevando come tale diritto non ha nemmeno una giustificazione nella tutela dei lavoratori dipendenti, poiché questi vengono in ogni caso protetti dalla normativa civilistica, che permette loro in tali casi di mantenere il posto.
Trovando una doppia vocazione nelle farmacie, relativa tanto all’attività puramente commerciale svolata a titolo individuale quanto allo svolgimento di un pubblico servizio, il Consiglio di Stato ha ritenuto opportuno rimettere la questione nelle mani della Corte di Giustizia.
Dai giudici pertinenti è stato quindi rilevato che il diritto dell’Unione (in particolare la libertà di stabilimento, come da art 49 TFUE) si oppone a tale diritto di prelazione, perché questo porta alla creazione di una situazione in grado di dissuadere nella sostanza un farmacista non dipendente (che potrebbe provenire anche da un altro Stato membro) dal tentare l’acquisto di una farmacia comunale, portando così ad una violazione del suo diritto di libertà di stabilimento. Infatti, anche in caso (come avvenuto nel comune di Bernareggio) per aggiudicarsi l’acquisto non sarebbe sufficiente nemmeno sottoporre una maggiore e più vantaggiosa offerta economica. Infine, la Corte ha anche sottolineato come tali restrizioni non hanno giustificazione nemmeno in relazione ad esigenze imperative di interesse generale, come poteva essere la continuità del rapporto lavorativo, in Italia già tutelate dal nostro Codice Civile. La Corte ha inoltre proposto che, come regola alternativa, si potrebbe riconoscere al farmacista dipendente un punteggio maggiore in sede di valutazione dell’offerta.
Articolo di Massimo Chiappa

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