17/01/2020 – Appalti pubblici, accesso generalizzato e accesso documentale: continua il dibattito giurisprudenziale in attesa della Plenaria

Appalti pubblici, accesso generalizzato e accesso documentale: continua il dibattito giurisprudenziale in attesa della Plenaria
di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale
Contratti pubblici e istanza di accesso civico: il caso
Un Comune ha indetto una procedura a evidenza pubblica finalizzata a individuare un operatore economico al quale affidare in gestione il servizio parcheggi su aree comunali a ciò destinate.
L’aggiudicataria provvisoria è stata successivamente esclusa perché in sede di verifica della congruità dell’offerta, la stessa non è risultata soddisfacente in quanto priva dei riferimenti ai tributi locali, TARI e TOSAP, sulle aree destinate alla sosta. Alla scadenza dell’affidamento in seguito perfezionato, il nuovo bando di gara non recava alcuna indicazione sulla necessità di corredare l’offerta anche dei costi relativi al pagamento dei tributi locali, così come era accaduto in costanza della precedente procedura. A questo punto, la società ha chiesto chiarimenti alla stazione appaltante su tale elemento. Ricevuti i chiarimenti, l’impresa si è risolta per la mancata partecipazione, vista l’entità degli importi dovuti per le due imposizioni, che rendevano la gestione insostenibile. Ne è seguita una domanda di accesso civico generalizzato ex art. 5D.Lgs. n. 33/2013, al fine di accedere ai verbali e alle giustificazioni della procedura di selezione del contraente per la verifica dell’offerta dell’aggiudicataria, con specifico riferimento al riscontro della corretta indicazione da parte della stessa dei soli obblighi tributari. Alla base dell’istanza, l’esigenza di verificare la trasparenza e l’imparzialità dell’azione amministrativa e di controllare l’adempimento degli obblighi tributari del futuro concessionario.
La posizione del Comune: in materia di contratti vale solo l’accesso documentale
Ma l’Amministrazione ha rigettato l’istanza, adottando il provvedimento poi oggetto di impugnativa davanti al T.A.R. Campania, che con la sentenza n. 5837 del 10 dicembre 2019 lo ha accolto. L’Ente ha rigettato l’istanza perché l’accesso agli atti per la fattispecie concreta va ricondotto, ai sensi dell’art. 53, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016, alla previsione della L. n. 241/1990, e dunque all’accesso di tipo documentale. Tuttavia, in base a quest’ultima disciplina, l’accesso non è ammesso a favore della richiedente in quanto non avendo partecipato alla procedura, appartiene alla categoria dei soggetti non qualificati. In sede di difesa giudiziale, il Comune ha poi sostenuto che la ricorrente non vanta alcun interesse, attuale e concreto, all’annullamento della procedura ovvero la concreta possibilità di perseguire un bene della vita, in quanto la stessa fa presente che l’unico interesse al ricorso è dettato dall’esigenza di controllare che l’aggiudicataria in futuro paghi i tributi.
Quanto al rapporto tra accesso disciplinato dall’art. 53 del Codice degli appalti e accesso civico generalizzato, il Comune ha ritenuto che il primo costituisca uno dei casi di esclusione ai sensi del comma 3, art. 5-bisD.Lgs. n. 33/2013, per cui deve negarsi la possibilità di utilizzo dell’accesso civico generalizzato da parte del concorrente escluso o del soggetto che non ha partecipato alla gara. Dunque, l’unica forma di accesso agli atti di gara e di esecuzione del contratto riconosciuta dal Codice all’art. 53, sarebbe quella dell’accesso documentale ai sensi della L. n. 241/1990. Altra ipotesi di esclusione applicabile sarebbe quella di cui all’art. 5-bis comma 2, lett. c), D.Lgs. n. 33/2013, secondo cui è escluso l’accesso generalizzato se reca pregiudizio concreto agli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.
Accesso civico generalizzato e accesso documentale: differenze
Il nuovo accesso civico generalizzato è uno strumento di trasparenza amministrativa che si affianca alle forme di pubblicazione on line e all’accesso agli atti amministrativi, definito accesso documentale, di cui alla L. n. 241/1990. A differenza dall’accesso “qualificato” previsto dalla legge generale sul procedimento amministrativo, l’accesso civico permette l’accesso alla generalità degli atti, dei documenti e delle informazioni, senza onere di motivazione, a tutti i cittadini singoli e associati, così da elevare la trasparenza a condizione indispensabile per favorire il coinvolgimento dei cittadini nella cura della “cosa pubblica”, oltre a farne un mezzo per contrastare ogni ipotesi di corruzione e garantire l’imparzialità e il buon andamento dell’Amministrazione. Con l’accesso civico generalizzato si introduce il diritto della persona a ricercare informazioni ai fini di ampliare la partecipazione al dibattito pubblico e la conoscenza di dati pubblici e/o di interesse pubblico e delle decisioni delle amministrazioni, in vista di realizzare quel controllo “democratico” che l’istituto intendere perseguire. Le informazioni, i dati e i documenti si configurano, quindi, come il “bene della vita” cui il cittadino aspira, al fine di soddisfare il proprio diritto a conoscere e a “partecipare” al sistema democratico.
E’ anche utile soffermarsi a chiarire, come fa la sentenza del T.A.R. Campania n. 5837 del 10 dicembre 2019, che le finalità che informano la normativa sull’accesso generalizzato, identificabili in particolare nell’obiettivo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, nonché di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, non possono trasformarsi in “limiti”: l’Amministrazione non potrà negare un accesso generalizzato ritenendo che la conoscenza dei documenti di interesse pubblico richiesti non sia utile alle finalità della legge ovvero che l’ostensione richiesta “non risulti finalizzata al controllo diffuso”. Il controllo diffuso di cui parla la legge – continua il Giudice campano – non è infatti da riferirsi alla singola domanda di accesso, ma è il risultato complessivo cui “aspira” la riforma sulla trasparenza la quale, ampliando la possibilità di conoscere l’attività amministrativa, favorisce forme diffuse di controllo sul perseguimento dei compiti istituzionali e una maggiore partecipazione dei cittadini ai processi democratici e al dibattito pubblico.
Limiti all’accesso civico generalizzato
Esistono però anche dei limiti, definiti “relativi”, all’accesso civico generalizzato, che secondo l’art. 5-bis comma 1 deve essere rifiutato se il diniego è necessario per evitare un “pregiudizio concreto” alla tutela di uno dei seguenti interessi pubblici: la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico, la sicurezza nazionale, la difesa e le questioni militari, le relazioni internazionali, la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato, la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento, il regolare svolgimento di attività ispettive. Ancora, ai sensi dell’art. 5-bis, comma 2, l’accesso generalizzato deve essere negato per evitare un “pregiudizio concreto” alla tutela di uno dei seguenti interessi privati: la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia, la libertà e la segretezza della corrispondenza e gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.
Accanto ai limiti relativi, ci sono poi i limiti “assoluti”, che l’art. 5-bis, comma 3 individua nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’art. 24, comma 1, L. n. 241 del 1990.
Accesso generalizzato e contratti pubblici: un percorso ricco di contrasti giurisprudenziali
L’evoluzione giurisprudenziale in materia si presenta ricca di contrasti: da un lato si trovano pronunce che affermano la necessità di garantire la più ampia trasparenza anche nell’ambito dei contratti pubblici, ammettendo l’applicabilità del diritto di accesso civico, seppure calmierato dalle esclusioni citate. Dall’altro lato si colloca invece quella corrente giurisprudenziale che ritiene praticabile la regola della conoscenza “qualificata” disciplinata dalla L. n. 241/1990 e dalla normativa speciale di riferimento di cui all’art. 53D.Lgs. n. 50/2016.
Alla base del conflitto, la norma di esclusione riferita ai c.d. limiti “assoluti”, secondo cui l’accesso generalizzato è escluso nei casi “…..in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, che nel caso di specie sono fissati dall’art. 53 del Codice degli appalti, a mente del quale, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli artt. 22 e seguenti della L. 7 agosto 1990, n. 241.
In merito alla questione interpretativa sorta nei confronti dell’art. 5-bis, comma 3, D.Lgs. n. 33/2013, e cioè se attraverso questo richiamo il legislatore abbia voluto introdurre un limite assoluto a conoscere gli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, sono due gli orientamenti del Consiglio di Stato che si fronteggiano, culminati in due sentenze. Da un lato la n. 3780 del 5 giugno 2019, che ha ammesso l’applicazione dell’accesso civico generalizzato anche in materia di appalti, interpretando l’esclusione dell’art. 5-bis, comma 3, come riferita a “specifiche condizioni, modalità e limiti” non ad intere “materie”. Diversamente interpretando, significherebbe escludere l’intera materia relativa ai contratti pubblici da una disciplina, qual è quella dell’accesso civico generalizzato, che mira a garantire il rispetto di un principio fondamentale di trasparenza ricavabile direttamente dalla Costituzione.
Il diverso orientamento, espresso da ultimo nella sentenza del Cons. di Stato n. 5503 del 2 agosto 2019, ha negato l’applicabilità del diritto di accesso civico alla materia dei contratti pubblici rimarcando il carattere assoluto dei limiti definiti dall’art. 5-bis, comma 3 del decreto trasparenza. Ne consegue che il richiamo testuale alla disciplina degli artt. 22 e seguenti della L. 7 agosto 1990 n. 241 va inteso come rinvio alle condizioni, modalità e limiti fissati dalla normativa in tema di accesso documentale, che devono sussistere ed operare perché possa essere esercitato il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici. In definitiva, quelli della procedura di gara sono atti formati e depositati nell’ambito di procedimenti assoggettati, per intero, ad una disciplina speciale ed a sé stante.
Il caso concreto esaminato dalla sentenza del T.A.R. Campania n. 5837 del 10 dicembre 2019 è stato deciso aderendo al primo orientamento giurisprudenziale, per cui il ricorso è stato accolto.
La parola all’Adunanza Plenaria
L’inasprirsi del conflitto giurisprudenziale tra chi aderisce all’una e all’altra delle tesi sopra esposte, ha comportato il rinvio alla Plenaria, che dovrà sciogliere una volta per tutte il nodo dell’applicabilità del diritto di accesso generalizzato alla materia dei contratti pubblici. L’iniziativa è stata presa dalla Terza Sezione, con l’ordinanza di rimessione n. 8501 del 15 dicembre 2019. Le questioni in decisione sono le seguenti:
– se sia configurabile, o meno, in capo all’operatore economico, utilmente collocato nella graduatoria dei concorrenti, determinata all’esito della procedura di evidenza pubblica per la scelta del contraente, la titolarità di un interesse giuridicamente protetto, ai sensi dell’art. 22L. n. 241 del 1990, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva delle prestazioni, in vista della eventuale sollecitazione del potere dell’amministrazione di provocare la risoluzione per inadempimento dell’appaltatore e il conseguente interpello per il nuovo affidamento del contratto, secondo le regole dello scorrimento della graduatoria;
– se la disciplina dell’accesso civico generalizzato di cui al D.Lgs. n. 33/2013, come modificato dal D.Lgs. n. 97/2016, sia applicabile, in tutto o in parte, in relazione ai documenti relativi alle attività delle amministrazioni disciplinate dal codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, inerenti al procedimento di evidenza pubblica e alla successiva fase esecutiva, ferme restando le limitazioni ed esclusioni oggettive previste dallo stesso codice;
– se, in presenza di un’istanza di accesso ai documenti espressamente motivata con esclusivo riferimento alla disciplina generale di cui alla L. n. 241/1990, o ai suoi elementi sostanziali, l’amministrazione, una volta accertata la carenza del necessario presupposto legittimante della titolarità di un interesse differenziato in capo al richiedente, ai sensi dell’art. 22L. n. 241/1990, sia comunque tenuta ad accogliere la richiesta, qualora sussistano le condizioni dell’accesso civico generalizzato di cui al D.Lgs. n. 33/2013; se, di conseguenza, il giudice, in sede di esame del ricorso avverso il diniego di una istanza di accesso motivata con riferimento alla disciplina ordinaria di cui alla L. n. 241/1990 o ai suoi presupposti sostanziali, abbia il potere-dovere di accertare la sussistenza del diritto del richiedente, secondo i più ampi parametri di legittimazione attiva stabiliti dalla disciplina dell’accesso civico generalizzato.

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