14/01/2020 – Linee guida interpretative delle Finanze sulla TARI e i fabbisogni standard anno 2020

Linee guida interpretative delle Finanze sulla TARI e i fabbisogni standard anno 2020
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
Il Dipartimento delle Finanze ha pubblicato, il 23 dicembre scorso, un documento dal titolo “”Linee guida interpretative per l’applicazione del comma 653, dell’art. 1, Legge n. 147 del 2013 e relativo utilizzo in base alla Delibera ARERA 31 ottobre 2019, n. 443“.
Il documento evidenzia che a decorrere dall’anno 2018 ha trovato applicazione il comma 653L. 27 dicembre 2013, n. 147, in base al quale “nella determinazione dei costi” del servizio rifiuti “il Comune deve avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard”.
Il costo del servizio rifiuti deve essere interamente finanziato dal relativo prelievo, la tassa sui rifiuti (TARI), istituita con la stessa L. n. 147 del 2013, che può essere declinata anche in termini di tariffa corrispettiva ai sensi dell’art. 1, comma 668 della legge medesima.
Successivamente, l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA), con Delibera 31 ottobre 2019, ha definito i criteri di calcolo e il riconoscimento dei costi efficienti di esercizio e di investimento per il periodo 2018-2021, adottando il Metodo Tariffario per il servizio integrato di gestione dei Rifiuti (MTR).
Il nuovo Metodo prevede l’uso del fabbisogno standard di cui all’art. 1, comma 653L. n. 147 del 2013, come benchmark di riferimento per il costo unitario effettivo del servizio di gestione dei rifiuti urbani, in particolare allo scopo dell’individuazione dei coefficienti di gradualità per l’applicazione di alcune componenti tariffarie.
Il documento del Dipartimento delle Finanze, predisposto con la collaborazione di IFEL e di SOSE, ha la finalità di inquadrare il contesto applicativo dei provvedimenti in esame e facilitarne l’attuazione da parte dei Comuni, per la predisposizione dei piani finanziari relativi al 2020.
La TARI: cenni
Brevemente si ricorda che la TARI è stata introdotta, a decorrere dal 2014, dalla L. n. 147 del 2013 (legge di Stabilità per il 2014), quale tributo facente parte, insieme all’IMU e alla TASI, della cd. IUC.
La TARI ha sostituito la TARES, che è stata in vigore per il solo 2013 e che, a sua volta, aveva preso il posto di tutti i precedenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale, sia di natura tributaria (TARSU, TIA1, TIA2).
I Comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico hanno la facoltà di applicare, in luogo della TARI, che ha natura tributaria, una tariffa avente natura di corrispettivo.
Il presupposto della TARI è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte operative suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono, invece, escluse dalla TARI le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, nonché le aree comuni condominiali di cui all’art. 1117 del codice civile, che non siano detenute o occupate in via esclusiva.
La TARI è dovuta da chiunque possieda o detenga il locale o l’area e, quindi, dal soggetto utilizzatore dell’immobile. In caso di detenzione breve dell’immobile, di durata non superiore a sei mesi, invece, la tassa non è dovuta dall’utilizzatore ma resta esclusivamente in capo al possessore (proprietario o titolare di usufrutto, uso, abitazione o superficie). In caso di pluralità di utilizzatori, essi sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria.
Il tributo è corrisposto in base a tariffa riferita all’anno solare e commisurata tenendo conto dei criteri determinati dal “metodo normalizzato” di cui al D.P.R. n. 158 del 1999. In alternativa a tale metodo, il Comune, nel rispetto del principio comunitario “chi inquina paga”, può ripartire i costi tenendo conto delle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti.
Le tariffe della TARI devono assicurare, in ogni caso, la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Esse sono determinate con delibera del Consiglio comunale sulla base dei costi individuati e classificati nel piano finanziario, redatto dal soggetto che svolge il servizio e approvato dallo stesso Consiglio.
La metodologia tariffaria si articola, in particolare, nelle seguenti fasi fondamentali:
a. individuazione e classificazione dei costi del servizio;
b. suddivisione dei costi tra fissi e variabili;
c. ripartizione dei costi fissi e variabili in quote imputabili alle utenze domestiche e alle utenze non domestiche;
d. calcolo delle voci tariffarie, fisse e variabili, da attribuire alle singole categorie di utenza, in base alle formule e ai coefficienti indicati dal metodo.
Il chiarimento contenuto nelle linee guida
Le linee guida evidenziano preliminarmente che, anche in ragione della complessità del percorso di riformulazione ed approvazione dei piani finanziari e degli schemi tariffari, alla luce della delibera ARERA, la legge di conversione del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124 (cosiddetto Decreto fiscale 2020) ha differito, per il 2020, il termine per l’approvazione dei regolamenti e delle tariffe relative alla TARI e alla tariffa corrispettiva al 30 aprile, sganciandolo pertanto dagli ordinari termini di approvazione dei bilanci di previsione.
La norma che risulta approvata è la seguente: “In considerazione della necessità di acquisire il piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, per l’anno 2020, i comuni, in deroga al comma 683 e all’articolo 1, comma 169, della L. 27 dicembre 2006, n. 296, approvano le tariffe e i regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva entro il 30 aprile. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano anche in caso di esigenze di modifica a provvedimenti già deliberati”.
I Comuni potranno dunque disporre di un più congruo lasso di tempo per giungere ad un più ordinato processo di deliberazione delle tariffe, comprendente la fase di verifica e validazione delle informazioni fornite dai gestori. Pertanto, gli enti che avessero già approvato, prima dell’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 124 del 2019, le tariffe della TARI, in assenza del piano economico finanziario, aggiornato alle modifiche normative introdotte da ARERA, hanno la possibilità di intervenire successivamente sull’ammontare complessivo e sull’articolazione tariffaria della TARI o della tariffa corrispettiva, una volta disponibile il nuovo Piano economico finanziario (PEF).
Nelle linee guida è evidenziato che il fabbisogno standard finale di ogni Comune è il risultato del prodotto di due grandezze:
– il costo standard di riferimento per la gestione di una tonnellata di rifiuti;
– le tonnellate di rifiuti urbani gestite dal servizio.
– Il parametro di base è la stima del costo medio nazionale di riferimento per la gestione di una tonnellata di rifiuti, stima che nel modello è rappresentata dal valore dell'”intercetta” della retta di regressione del costo per tonnellata di rifiuti: tale valore è pari a 130,45 euro.
Per ottenere il costo standard di riferimento di ogni Comune, a tale valore base occorre aggiungere i differenziali di costo relativi alle seguenti componenti:
– la percentuale di raccolta differenziata;
– la distanza in km fra il Comune e gli impianti cui vengono conferite le differenti tipologie di rifiuti urbani;
– il numero e la tipologia degli impianti regionali; la percentuale di rifiuti urbani trattati e smaltiti negli impianti regionali;
– la forma di gestione del servizio rifiuti;
– i fattori di contesto del Comune relativi alle principali caratteristiche, costanti nel tempo o mutevoli solo nel lungo periodo, del contesto demografico, morfologico ed economico comunale (età media della popolazione, percentuale di residenti con titolo universitario, densità media della popolazione, reddito medio complessivo imponibile IRPEF), attraverso le quali è possibile cogliere l’eterogeneità comunale non direttamente legata alle modalità gestionali del servizio, ovvero le specificità del singolo Comune (ad esempio, 100 abitanti in più per km quadrato aumentano il costo standard per tonnellata di 0,5219 euro);
– le economie/diseconomie di scala; le modalità di raccolta dei rifiuti urbani, distinte in domiciliare o “porta a porta”, mediante centri di raccolta e su chiamata (la presenza di centri di raccolta, ad esempio, riduce il costo standard di 31,95 euro per tonnellata);
– il cluster o gruppo omogeneo di appartenenza del Comune.
I dati di base del MEF sono riferiti al 2016 e anche in parte al 2017; il Comune ha il compito di calcolare il proprio fabbisogno standard aggiornando i dati di riferimento.
Tale operazione potrà essere effettuata utilizzando “l’applicativo di simulazione dei costi standard” che l’IFEL ha messo a disposizione e che è consultabile tramite le credenziali di accesso all’area riservata del sito.

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