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Sussiste la giurisdizione del g.o per la controversia inerente l’atto di decadenza adottato dal RPCT rnei confronti del presidente di un’azienda speciale che non aveva presentato la dichiarazione annuale di incompatibilità.
 
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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO    Pietro                    –  Primo Presidente f.f.  –
Dott. VIRGILIO  Biagio                       –  Presidente di sez.  –
Dott. TRIA      Lucia                          –  rel. Consigliere  –
Dott. LOMBARDO  Luigi Giovanni                      –  Consigliere  –
Dott. SAMBITO   Maria Giovanna                      –  Consigliere  –
Dott. SCARANO   Luigi Alessandro                    –  Consigliere  –
Dott. GIUSTI    Alberto                             –  Consigliere  –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro                      –  Consigliere  –
Dott. PERRINO   Angel – Maria                         –             
ha pronunciato la seguente:                                          
 
SENTENZA
sul ricorso 31693-2018 proposto da:
PROVINCIA DI BENEVENTO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER 44, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MANGAZZO, rappresentata e difesa dall’avvocato FELICE LAUDADIO;
– ricorrente –
contro
C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI AVIGNONESI 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA ABBAMONTE, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3946/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 27/06/2018;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/12/2019 dal Consigliere LUCIA TRIA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso chiedendo, in accoglimento del ricorso, dichiarare il difetto di giurisdizione del G.A. a conoscere della controversia per essere essa devoluta alla cognitio del G.0.;
udito l’Avvocato Giuliana Aliberti per delega dell’avvocato Andrea Abbamonte.
                
 
FATTI DI CAUSA
1. Il Dott. C.A., con ricorso proposto al TAR della Campania-Napoli notificato il 1 agosto 2016, ha impugnato il provvedimento di dichiarazione di decadenza dall’incarico di Presidente del consiglio di amministrazione dell’Agenzia Sannita per l’Energia e l’Ambiente (ASEA), nonchè dalla carica di Direttore facente funzioni della medesima Agenzia, emesso in data 19 luglio 2016 dal Segretario generale della Provincia di Benevento, nella qualità di Responsabile della Trasparenza e dell’Anticorruzione.
Il ricorrente ha chiesto l’annullamento degli atti impugnati, nonchè il risarcimento del danno ingiusto, in forma specifica ovvero per equivalente, in relazione ai seguenti fatti:
a) egli era stato nominato Presidente del consiglio di amministrazione dell’Agenzia Sannita per l’Energia e l’Ambiente s.p.a. con decreto del presidente della Provincia di Benevento in data 6 marzo 2013, dopo essersi dimesso in pari data dalla carica di consigliere provinciale;
b) a seguito della deliberazione del Commissario straordinario n. 17 del 30 giugno 2014, l’ASEA società per azioni a totale partecipazione pubblica è stata trasformata in Azienda Speciale “Agenzia Sannita Energia e Ambiente”, qualificata come “ente pubblico economico”;
c) con la stessa deliberazione commissariale è stato confermato anche l’incarico del C. di Presidente del consiglio di amministrazione dell’Azienda speciale;
d) con l’impugnato provvedimento del 19 luglio 2016, è stata deliberata la decadenza del ricorrente dalla carica, ritenendosi sussistente la causa di incompatibilità di cui al D.Lgs. 8 aprile 2013, n. 39, art. 7, comma 2, lett. c), entrato in vigore il 4 maggio 2013, in considerazione del mancato decorso, al momento del conferimento, del termine di due anni dalla cessazione della carica di consigliere della Provincia di Benevento;
e) nelle more del giudizio, con il decreto n. 1 dell’11 gennaio 2017, il ricorrente è stato dichiarato ulteriormente decaduto dalla carica sulla base della diversa motivazione della sopravvenuta scadenza del termine di durata dell’incarico.
2. L’Amministrazione provinciale ha resistito in giudizio, proponendo preliminarmente eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
3. Il TAR adito, con sentenza n. 1836/2017 della V Sezione, dopo aver respinto la suddetta eccezione, ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha annullato il primo provvedimento di decadenza emesso in data 19 luglio 2016 dal Segretario generale della Provincia di Benevento e tutti gli atti consequenziali e successivi ivi compreso il secondo provvedimento di decadenza, mentre ha respinto la domanda di risarcimento del danno.
4. In sede di gravame la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza 27 giugno 2018, n. 3946, ha respinto l’appello della Provincia di Benevento.
A tale conclusione il Giudice amministrativo è pervenuto dopo avere prioritariamente esaminato l’eccezione di difetto di giurisdizione rinnovata della Provincia ricorrente, basata sull’assunto secondo cui la situazione soggettiva del ricorrente alla conservazione del rapporto di servizio onorario con la P.A. è da qualificare come diritto soggettivo.
4.1. Il Consiglio di Stato ha ritenuto infondata tale censura, affermando che la controversia ricade nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 7, commi 1 e 4 cod. proc. amm., poichè attiene ad atti di decadenza dall’incarico di Presidente del consiglio di amministrazione di un’azienda speciale disciplinata dall’art. 114 TUEL (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), atti che, al pari di quelli di designazione, costituiscono espressione di poteri pubblicistici riguardanti la copertura di un ufficio pubblico, rispetto ai quali la correlata posizione del privato è di interesse legittimo.
Il Giudice amministrativo ha sottolineato che la situazione che ricorre nella specie va distinta da quelle concernenti la nomina e la revoca di amministratori di società partecipate da enti pubblici, le cui controversie sono devolute alla giurisdizione ordinaria (vedi: Cass. SU 23 gennaio 2015, n. 1237; id., 3 ottobre 2016, n. 19676; id., 1 dicembre 2016, n. 24591; id.,14 settembre 2017, n. 21299).
In particolare, per il Consiglio di Stato, poichè l’azienda speciale è “strettamente compenetrata” nell’ente locale ed è pur sempre una struttura inquadrata nella “più ampia organizzazione pubblicistica dell’ente pubblico”, quest’ultimo esercita poteri di direzione e controllo, attraverso “strumenti tipici del diritto amministrativo” anche nei confronti degli organi dell’azienda. L’art. 114, comma 3 TUEL, individua tali organi (consiglio di amministrazione, presidente e direttore) e rinvia allo statuto dell’ente locale quanto alla disciplina delle modalità di nomina e di revoca degli amministratori.
Pertanto, appartiene al giudice amministrativo la giurisdizione sulle controversie concernenti gli atti amministrativi di nomina e di revoca degli amministratori stessi.
L’opzione seguita dall’ente territoriale – con l’atto di trasformazione di ASEA s.p.a. in Azienda Speciale “Agenzia Sannita Energia e Ambiente” (trasformazione formalizzata con atto notarile del (OMISSIS)) – è stata indiscutibilmente nel senso di attuare una trasformazione eterogenea da società di capitali a socio unico ad azienda speciale, cioè ad ente strumentale dell’ente locale, dotato di propria personalità giuridica, di proprio statuto e di patrimonio separato.
Data siffatta opzione, e fermi restando gli atti con i quali la Provincia di Benevento l’ha realizzata, per il Giudice amministrativo non vi sono ragioni, giuridiche e di fatto, per delineare la vicenda in termini dissimili dalle ipotesi di trasformazione eterogenea espressamente previste, vale a dire come vicenda meramente evolutiva e modificativa del medesimo soggetto, la quale comporta soltanto una variazione di assetto e di struttura organizzativa, senza incidere sui rapporti processuali e sostanziali facenti capo all’originaria organizzazione societaria (cfr., tra le altre, Cass. sez. I, 14 dicembre 2006, n. 26826; id. V, 23 aprile 2007, n. 9569; id., III, 20 giugno 2011, n. 13467; id. I, 19 maggio 2016, n. 10332; sez. VI, ord., 9 ottobre 2017, n. 23575; nonchè Cass. S.U., 31 ottobre 2007, n. 23019).
In sintesi, per il Giudice amministrativo, l’azienda speciale non è un soggetto giuridico istituito ex novo a seguito di una duplice vicenda estintiva-costitutiva, oggettivamente mancata, bensì un diverso modello organizzativo del soggetto imprenditoriale che faceva e continua a fare capo all’ente pubblico territoriale per la gestione dei pubblici servizi locali.
4. La suindicata sentenza del Consiglio di Stato viene impugnata in questa sede dalla Provincia di Benevento per un unico motivo con il quale si sostiene il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e si chiede la declaratoria della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, sull’assunto principale secondo cui la pretesa del nominato alla conservazione della carica – che è in contestazione involge una situazione di diritto soggettivo perfetto e non di interesse legittimo, come affermato dal Consiglio di Stato.
5. Il pubblico ministero ha depositato le proprie conclusioni scritte, nelle quali ha chiesto dichiararsi il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo, per essere la controversia da devolvere alla giurisdizione del giudice ordinario.
6. In prossimità dell’udienza entrambe la parti hanno depositato memorie illustrative nelle quali hanno confermato le rispettive conclusioni, con ulteriori argomentazioni.
 
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 1, violazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, All. E, art. 2 nonchè del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 47 rilevandosi, in particolare:
a) l’erroneità dell’affermazione contenuta nella sentenza del Consiglio di Stato in oggetto secondo cui la pretesa del C. alla conservazione del munus di Presidente dell’Azienda speciale involgerebbe una posizione di interesse legittimo, mentre si tratta di una pretesa che fa capo ad un diritto soggettivo perfetto;
b) peraltro, l’attività dell’ASEA è disciplinata dal diritto privato il che esclude l’applicabilità, nella specie, del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 7 e rende evidente che l’atto di decadenza non era configurabile come espressione di potestà provvedi mentale di una pubblica Amministrazione, ma come atto di gestione del rapporto.
2. Il ricorso è fondato, per le ragioni di seguito esposte.
7. E’ jus receptum che ai fini di risolvere le questioni di riparto della giurisdizione occorre fare riferimento al c.d. petitum sostanziale che, secondo l’insegnamento di queste Sezioni Unite, va identificato, in forza degli artt. 5 e 386 c.p.c., non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico del quale detti fatti sono manifestazione (vedi, fra le tante: Cass. 29 dicembre 2016, n. 27461; Cass. SU 4 settembre 2015, n. 17591; Cass. SU 23 settembre 2013, n. 21677; Cass. SU 11 ottobre 2011, n. 20902; Cass. SU 26 gennaio 2011, n. 1767; Cass. SU 25 giugno 2010, n. 15323).
Pertanto, la giurisdizione del giudice ordinario o di quello amministrativo deve essere in concreto identificata non già in base al criterio della soggettiva prospettazione della domanda ma considerando l’intrinseca consistenza della posizione soggettiva addotta in giudizio, individuata dal giudice all’esito dell’indagine sull’effettiva natura della controversia in relazione alle peculiarità del singolo rapporto fatto valere in giudizio e con riguardo alla sostanziale protezione accordata a quest’ultimo dal diritto positivo.
8. Ciò comporta che, anche se la pretesa giudiziale sia stata prospettata come richiesta di annullamento di uno o più atti amministrativi ovvero nel giudizio vengano in questione “atti amministrativi presupposti” illegittimi incidenti direttamente o indirettamente sulle situazioni giuridiche soggettive azionate questo non può portare, di per sè, ad escludere che sia in contestazione una posizione di diritto soggettivo e che, quindi, la giurisdizione appartenga al giudice ordinario (Cass. SU 28 giugno 2006, n. 14846; Cass. SU 23 settembre 2013, n. 21677; Cass. n. 33212 del 2018 cit.).
Infatti, se sulla base dell’anzidetta indagine si accerti che il giudizio verte su pretese qualificabili come diritti soggettivi sulla sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario non ha alcuna incidenza il fatto che vengano in questione – come meri atti presupposti – atti amministrativi (ivi compresi gli atti generali di autoregolamentazione dell’ente pubblico e/o atti di macro-organizzazione) data la possibilità per il giudice ordinario di disapplicarli, laddove li ritenga rilevanti ai fini della decisione ma illegittimi (ex multis: Cass. SU 13 novembre 2019, n. 29462, n. 29463 e n. 29465; Cass. SU n. 13169 del 2006; Cass. SU n. 3677 del 2009; Cass. SU n. 11712 del 2016).
9. Viceversa, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo quando risulta che la controversia ha come oggetto principale la contestazione della legittimità di atti amministrativi autoritativi con i quali l’Amministrazione ha operato proprie scelte discrezionali.
Infatti, in quest’ultimo caso la posizione fatta valere in giudizio appartiene alla categoria degli interessi legittimi, la cui tutela è demandata al giudice amministrativo – al quale spetta il controllo sulle modalità di esercizio del potere amministrativo ai sensi dell’art. 103 Cost. – perchè nel giudizio si controverte bensì delle modalità di esercizio di poteri autoritativi dell’Amministrazione, anche se i relativi effetti si sono poi riverberati sulla situazione di singoli soggetti, ma in senso derivato (arg. ex: Cass. SU n. 29462, n. 29463 e n. 29465 del 2019 citt.; Cass. SU 1 giugno 2017, n. 13851; Cass. SU 20 dicembre 2016, n. 26272; Cass. SU 1 luglio 2016, n. 13534; Cass. 6 marzo 2009, n. 5588).
Del resto, in simili controversie, in caso di illegittimità degli atti impugnati non può operare il potere di disapplicazione del giudice ordinario, che presuppone la deduzione di un diritto soggettivo direttamente inciso da un provvedimento amministrativo e non una situazione giuridica suscettibile di assumere la consistenza di diritto soggettivo solo all’esito della rimozione del provvedimento amministrativo impugnato (vedi, per tutte: Cass. SU 31 maggio 2016, n. 11387; Cass. SU 27 febbraio 2017, n. 4881; Cass. SU 13 novembre 2018, n. 29080 cit.; Cass. SU 21 dicembre 2018, n. 33212).
10. Per quel che qui interessa va ricordato che:
a) il Dott. C.A., con ricorso proposto al TAR della Campania-Napoli notificato il 1 agosto 2016, ha impugnato il provvedimento di dichiarazione di decadenza dall’incarico di Presidente del consiglio di amministrazione dell’Agenzia Sannita per l’Energia e l’Ambiente (ASEA), nonchè dalla carica di Direttore facente funzioni della medesima Agenzia, emesso in data 19 luglio 2016 dal Segretario generale della Provincia di Benevento, nella qualità di Responsabile della Trasparenza e dell’Anticorruzione;
b) il TAR adito, con sentenza n. 1836/2017 della V Sezione, dopo aver respinto l’eccezione della Provincia di Benevento di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha annullato il provvedimento di decadenza impugnato e tutti gli atti consequenziali e successivi ivi compreso il decreto n. 1 dell’11 gennaio 2017, con il quale il ricorrente è stato dichiarato ulteriormente decaduto dalla carica sulla base della diversa motivazione della sopravvenuta scadenza del termine di durata dell’incarico, mentre ha respinto la domanda di risarcimento del danno;
c) in sede di gravame la Quinta Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza 27 giugno 2018, n. 3946, ha respinto l’appello della Provincia di Benevento, dopo avere affermato l’infondatezza dell’eccezione di difetto di giurisdizione rinnovata della Provincia ricorrente, basata sull’assunto secondo cui la situazione soggettiva del ricorrente alla conservazione del rapporto di servizio onorario con la P.A. è da qualificare come diritto soggettivo;
d) il Consiglio di Stato è pervenuto a tale conclusione ritenendo che la controversia sia da devolvere alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 7, commi 1 e 4 cod. proc. amm., perchè attiene ad atti di decadenza dall’incarico di Presidente del consiglio di amministrazione di un’azienda speciale disciplinata dall’art. 114 TUEL (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), atti che, al pari di quelli di nomina degli amministratori di tali aziende, costituiscono espressione di poteri pubblicistici riguardanti la copertura di un ufficio pubblico, rispetto ai quali la correlata posizione del privato è di interesse legittimo.
11. Preliminarmente deve osservarsi che, come è del resto pacifico fra le parti, l’incarico di attribuito al Dott. C. aveva natura di incarico onorario.
Ciò trova del resto conferma nel raffronto fra le caratteristiche dell’attività svolta dal ricorrente, quali emergono dall’esame degli atti processuali, e i parametri individuati dalla giurisprudenza di queste Sezioni Unite per la configurabilità dell’incarico di funzionario onorario.
12. Da tale giurisprudenza si desume, in particolare, che la figura del funzionario onorario ricorre ogni qualvolta si sia in presenza come accade nella fattispecie in esame – di un rapporto di servizio con attribuzione di funzioni pubbliche ma manchino gli elementi caratterizzanti dell’impiego pubblico, quali la scelta del dipendente di carattere prettamente tecnico-amministrativo effettuata mediante procedure concorsuali (che si contrappone, nel caso del funzionario onorario, ad una scelta politico-discrezionale), l’inserimento strutturale del dipendente nell’apparato organizzativo della pubblica amministrazione (rispetto all’inserimento meramente funzionale del funzionario onorario), lo svolgimento del rapporto secondo un apposito statuto per il pubblico impiego (che si contrappone ad una disciplina del rapporto di funzionario onorario derivante pressochè esclusivamente dall’atto di conferimento dell’incarico e dalla natura dello stesso), il carattere retribuivo, perchè inserito in un rapporto sinallagmatico, del compenso percepito dal pubblico dipendente (rispetto al carattere indennitario e di ristoro delle spese rivestito dal compenso percepito dal funzionario onorario), la durata tendenzialmente indeterminata del rapporto di pubblico impiego, a fronte della normale temporaneità dell’incarico onorario (vedi: Cass. SU 10 aprile 1997, n. 3129 richiamata da Cass. SU 4 settembre 2015, n. 17591; Cass. SU 29 dicembre 2016, n. 27461; Cass. 31 gennaio 2017, n. 2479; Cass. SU 6 marzo 2018, n. 5303).
13. Dalla non assimilabilità al rapporto di pubblico impiego della figura del funzionario onorario si trae la conseguenza che, nei confronti di quest’ultimo, la giurisdizione, in applicazione dei criteri generali, deve essere determinata tenendo conto delle sostanziali situazioni giuridiche soggettive, di diritto soggettivo o di interesse legittimo, di volta in volta, fatte valere in giudizio (vedi, in particolare: Cass. SU 8 luglio 2008, n. 18618; Cass. SU 10 aprile 1997 n. 3129; Cass. SU 4 settembre 2015, n. 17591; Cass. SU 29 dicembre 2016, n. 27461; Cass. SU 17 febbraio 1994, n. 1555; Cass. SU 28 agosto 1990, n. 8869).
14. Pertanto, laddove siano direttamente in contestazione atti amministrativi che hanno la loro origine in libere e discrezionali determinazioni dell’autorità che procede all’investitura – come, ad esempio, in caso di domanda di detto funzionario onorario rivolta a contestare la congruità del compenso di natura indennitaria e non retributiva riconosciutogli dall’Amministrazione in mancanza di specifiche previsioni di legge – la relativa controversia appartiene alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo, in quanto la posizione dell’interessato è di mero interesse legittimo (Cass. SU n. 18618 del 2008; Cass. SU n. 17591 del 2015; Cass. SU n. 27461 del 2016; Cass. SU n. 2479 del 2017; Cass. SU n. 5303 del 2018, tutte già citate).
15. Invece, qualora l’atto in contestazione emanato dall’autorità che ha attribuito l’incarico onorario non abbia carattere discrezionale, ma vincolato la situazione fatta valere in giudizio è qualificabile come diritto soggettivo, con conseguente sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario (Cass. SU n. 17591 del 2015 cit.; Cass. SU 27 giugno 2018, n. 16961; Cass. SU 3 febbraio 2016, n. 2055).
16. Quest’ultima è la situazione che ricorre nella specie.
Infatti, le causali dei due atti di decadenza emessi nei confronti del Dott. C. presuppongono non già l’esercizio di poteri autoritativi discrezionali da parte dell’Amministrazione, ma l’esercizio di un potere basato sull’accertamento di specifici inadempimenti o di fatti specifici (quale la scadenza dell’incarico), rispetto ai quali la posizione dell’interessato non è certamente qualificabile come interesse legittimo, quanto piuttosto come un vero e proprio diritto soggettivo alla conservazione dell’incarico.
In altri termini, gli atti di decadenza in questione non possono considerarsi espressione di poteri pubblicistici riguardanti la copertura di un ufficio pubblico, rispetto ai quali la correlata posizione del privato è di interesse legittimo, come ha affermato il Consiglio di Stato.
Essi sono stati emanati dall’Amministrazione, in applicazione di norme di legge, il primo sulla scorta della responsabilità fatta gravare sull’ente dal D.Lgs. 8 aprile 2013, n. 39 in merito al rispetto delle norme sull’incompatibilità etc. e il secondo per il fatto estrinseco rappresentato dall’intervenuto termine di scadenza dell’incarico;
pertanto con essi non è stata esercitata alcuna discrezionalità amministrativa.
17. In particolare, per quanto riguarda il primo dei due suddetti provvedimenti di decadenza (che è quello che qui maggiormente rileva) va sottolineato che:
a) l’incarico di cui si discute è stato conferito in data 6 marzo 2013;
b) il richiamato D.Lgs. n. 39 del 2013 è entrato in vigore il 4 maggio 2013;
c) a seguito della Delib. Commissario straordinario 30 giugno 2014, n. 17 l’ASEA società per azioni a totale partecipazione pubblica è stata trasformata in Azienda Speciale “Agenzia Sannita Energia e Ambiente”, qualificata come “ente pubblico economico”;
d) il provvedimento di decadenza del 19 luglio 2016 (impugnato davanti al TAR Campania) è stato adottato per la ritenuta sussistenza della causa di incompatibilità di cui al D.Lgs. 8 aprile 2013, n. 39, art. 7, comma 2, lett. c), in conseguenza del mancato decorso del termine di due anni dalla cessazione della carica di consigliere della Provincia di Benevento.
18. Ebbene, pur accedendosi alla tesi del Consiglio di Stato sulla situazione di “continuità” tra il ruolo e le funzioni svolte dal ricorrente prima come Presidente di ASEA s.p.a. e poi come Presidente dell’Azienda speciale ASEA (in seguito alla relativa trasformazione formalizzata il (OMISSIS)) – e quindi alla ricostruzione della vicenda in termini di conferma dell’incarico preesistente e non di conferimento di nuovo incarico, non per questo si perviene alla conclusione della totale esclusione nel caso di specie dell’applicazione del D.Lgs. n. 39 del 2013 e, quindi, della non doverosità dell’atto di decadenza de quo.
19. Va, infatti, osservato che il D.Lgs. n. 39 del 2013 ha rafforzato la disciplina relativa al rispetto delle norme sull’incompatibilità etc., prima prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 53 (richiamato dalla L. 6 novembre 2012, n. 190, contenente la delega per l’emanazione del D.Lgs. n. 39 del 2013 cit.).
In particolare, il suddetto decreto ha previsto, a carico della Amministrazione che ha conferito incarichi a soggetti che si trovino in situazioni di incompatibilità (o assimilate), una seria sanzione interdittiva, che trova giustificazione nell’attribuzione all’Amministrazione stessa di un onere di autonomo accertamento della insussistenza di cause di inconferibilità.
Inoltre l’art. 22 ha attribuito particolare efficacia alle norme contenute nel decreto, qualificandole “di attuazione degli artt. 54 e 97 Cost.” e prevalenti rispetto “alle diverse disposizioni di legge regionale, in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici e presso gli enti privati in controllo pubblico”.
L’art. 17 ha sancito la nullità degli atti di conferimento di incarichi adottati in violazione delle disposizioni del decreto e dei relativi contratti.
Il successivo art. 19 ha stabilito che: “lo svolgimento degli incarichi di cui al presente decreto in una delle situazioni di incompatibilità di cui ai capi V e VI comporta la decadenza dall’incarico e la risoluzione del relativo contratto, di lavoro subordinato o autonomo, decorso il termine perentorio di quindici giorni dalla contestazione all’interessato, da parte del responsabile di cui all’art. 15, dell’insorgere della causa di incompatibilità”.
20. Dalla lettura combinata delle anzidette disposizioni si desume che il D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 29-ter (convertito dalla L. n. 98 del 2013) – secondo cui in sede di prima applicazione, gli incarichi conferiti e i contratti stipulati prima della data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 39 cit., “in conformità alla normativa vigente prima della stessa data, non hanno effetto come causa di incompatibilità fino alla scadenza già stabilita per i medesimi incarichi e contratti” – debba essere inteso nel senso di avere esclusivamente impedito la nullità e la decadenza ex lege del conferimento (ex artt. 17 e 19 D.Lgs.) illegittimo, ma non nel senso di considerare tutta la normativa del D.Lgs. n. 39 inapplicabile agli incarichi già conferiti, come afferma il Consiglio di Stato.
Di ciò si ha conferma nell’art. 20, comma 2 (Dichiarazione sulla insussistenza di cause di inconferibilità o incompatibilità) del D.Lgs. n. 39 che stabilisce che “nel corso dell’incarico l’interessato presenta annualmente una dichiarazione sulla insussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui al presente decreto”.
21. In sintesi, facendo applicazione della normativa transitoria dettata dall’art. 29-ter cit., è da escludere che nel caso in esame la causa di incompatibilità rilevata potesse comportare la nullità ex lege dell’incarico e quindi la decadenza automatica, essendo la data di conferimento (6 marzo 2013) antecedente a quella di entrata in vigore del D.Lgs. n. 39 cit. (4 maggio 2013), ma comunque il ricorrente era tenuto ad osservare l’obbligo della presentazione della dichiarazione annuale.
In caso di inadempienza, in base al decreto, l’Ente di appartenenza era tenuto ad effettuare un autonomo accertamento della insussistenza di cause di incompatibilità, esponendosi altrimenti al rischio di subire una seria sanzione interdittiva (vedi D.Lgs. n. 39 cit., artt. 15, 16 e 18).
22. Tutto questo conferma l’applicabilità nella specie della suindicata normativa nonchè la sua cogenza e quindi il carattere vincolato del provvedimento di decadenza emesso in data 19 luglio 2016 dal Segretario generale della Provincia di Benevento, nella qualità di Responsabile della Trasparenza e dell’Anticorruzione, figura che in base al D.Lgs. n. 39 cit. è centrale per la vigilanza in materia (oltre che, ovviamente di quello successivo dell’11 gennaio 2017).
Ciò comporta la configurazione della situazione giuridica azionata come diritto soggettivo – essendo irrilevante, come si è detto, che la pretesa giudiziale sia stata prospettata come richiesta di annullamento di uno o più atti amministrativi ovvero che nel giudizio vengano in questione “atti amministrativi presupposti”, in quanto il c.d. petitum sostanziale si identifica non solo e non tanto in base alla concreta statuizione chiesta al Giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione giuridica dichiarazione della ordinario.
23. In sintesi, il ricorso deve essere accolto e per l’effetto deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, davanti alla quale vanno rimesse le parti, anche sulle spese di questo giudizio di cassazione.
 
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario davanti al quale rimette le parti, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria
il 28 gennaio 2020

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