11/02/2020 – Indice di edificabilità

Indice di edificabilità
Su un lotto di superficie di 3.932,30 mq con una prima Concessione Edilizia del 1983 è stata edificata una serie di fabbricati A, B, C, D, E per un volume complessivo di 9.817 mc a fronte di un volume massimo realizzabile di 9.830,35 mc (in base all’indice di fabbricabilità fondiaria Iff di 2,5 mc/mq previsto dall’allora Piano di Fabbricazione). Nel 1994, con l’approvazione del Piano Regolatore Generale, il lotto veniva a ricadere in zona B1 con indice di fabbricabilità fondiaria Iff di 5 mc/mq. Sulla base del raddoppio dell’indice di fabbricabilità previsto nel PRG, rispetto al precedente PDF, alcuni condomini hanno richiesto di poter sfruttare la presunta volumetria derivante da tale variazione dell’indice di fabbricabilità, al netto della volumetria già realizzata. Può essere riconosciuta una volumetria in aumento per un lotto che aveva già sfruttato la volumetria consentita dal precedente Pdf, oppure ciò è valido solo per le aree libere?
a cura di Massimiliano Alesio
 
Il quesito in esame presenta una peculiare fattispecie di calcolo dell’indice di edificabilità in relazione a modificazioni introdotte da un nuovo Piano Regolatore Generale.
Per comprendere il concetto di “indice di edificabilità”, occorre ragionare in termini di impatto della presenza umana su un dato territorio. È evidente che le costruzioni umane, comprese quelle destinate ad abitazione, abbiano un certo tipo di impatto, sia sull’ambiente, in quanto sottraggono risorse naturali e producono un’alterazione del paesaggio, sia sull’uomo stesso, in termini di sovraffollamento e vivibilità. Proprio per regolare l’entità di questo impatto, definito come “densità edilizia”, è stato introdotto il concetto di indice di edificabilità. Esistono due tipi di indice di edificabilità: – l’indice di edificabilità territoriale, che si riferisce ad un’ampia superficie da urbanizzare, comprensiva degli spazi pubblici destinati alle infrastrutture; – l’indice di edificabilità fondiario, che si riferisce ad un singolo lotto e definisce, in sintesi, quanto sia possibile costruire su uno specifico terreno. L’indice di fabbricabilità fondiario viene espresso con la formula n*m3/m2, dove “n” è l’indice che moltiplica il rapporto tra volume edificabile e superficie del terreno su cui si intende costruire. Ora, occorre ricordare che il diritto di edificare inerisce alla proprietà dei suoli nei limiti stabiliti dalla legge e dagli strumenti urbanistici, tra i quali rientrano anche quelli diretti a regolare la densità di edificazione ed espressi negli indici di edificabilità fondiaria. Il diritto di edificare, pertanto, è conformato anche da tali indici, di modo che ogni area non è idonea ad esprimere una cubatura maggiore di quella consentita dalla legge e dallo strumento urbanistico e, corrispondentemente, qualsiasi costruzione, anche se eseguita senza il prescritto titolo, impegna la superficie che, in base allo specifico indice applicabile, è necessaria per realizzare la volumetria sviluppata.
Nella concreta fattispecie dedotta in quesito, si è avuto un incremento dell’indice di edificabilità fondiario, a seguito del sopravvenire, relativamente ad una singola area già “concessionata”, del Piano Regolatore Generale. Precisamente:
a) Nel 1983, sussistendo un vecchio Piano di Fabbricazione, veniva rilasciata una concessione edilizia, in relazione ad un lotto avente superficie di 3.932,30 mq;
b) Venivano realizzati diversi fabbricati, dando luogo ad un volume complessivo di 9.817 mc, a fronte del volume massimo realizzabile di 9.830,35 mc;
c) Siffatto volume massimo derivava da un indice di edificabilità fondiaria pari a 2,5 mc/mq;
d) Nel 1994, venne approvato il Piano Regolatore Generale (in sostituzione del vecchio Piano di Fabbricazione) ed il lotto in questione, venendo a ricadere in zona B1, acquisì un nuovo indice di edificabilità fondiaria, pari a 5 mc/mq;
e) Sulla base di tale aumento dell’indice (raddoppio), taluni proprietari hanno richiesto di poter utilizzare l’aumento di volumetria, derivante dall’incremento dell’indice.
A questo punto, viene avanzata la seguente puntuale domanda: Può essere riconosciuta una volumetria in aumento per un lotto che aveva già sfruttato la volumetria consentita dal precedente Pdf, oppure ciò è valido solo per le aree libere? In altri termini, l’aumento di volumetria può applicarsi ad un lotto già precedentemente “saturo” (che ha sfruttato la volumetria pregressa) oppure deve applicarsi solo ad “aree libere”, cioè non precedentemente edificate?
A fronte di tale problema, la giurisprudenza si è divisa.
Secondo un primo orientamento, l’incremento di volumetria (derivante dall’incremento dell’indice) può essere utilizzato anche per le aree sature: Di qui il principio, secondo cui un’area edificatoria già utilizzata a fini edilizi è suscettibile di ulteriore edificazione solo quando la costruzione su di essa realizzata non esaurisca la volumetria consentita dalla normativa vigente al momento del rilascio dell’ulteriore permesso di costruire, dovendosi considerare non solo la superficie libera ed il volume ad essa corrispondente, ma anche la cubatura del fabbricato preesistente al fine di verificare se, in relazione all’intera superficie dell’area (superficie scoperta più superficie impegnata dalla costruzione preesistente), residui l’ulteriore volumetria di cui si chiede la realizzazione” (…), a nulla rilevando che questa possa insistere su una parte del lotto catastalmente divisa” (Cons. Stato Sez. IV Sent., 1 luglio 2015, n. 3251).
Viceversa, ad avviso di un distinto e secondo orientamento, non si può non tener conto delle sole “aree libere”. Precisamente: “Quanto sin qui esposto, comporta che l’eventuale modificazione del piano regolatore, che prevede nuovi e più favorevoli indici di fabbricazione, non può che interessare, nell’ambito della zona del territorio considerata dallo strumento urbanistico, se non le sole aree libere, nel senso sopra precisato, con esclusione, quindi, di tutte le aree comunque già utilizzate a scopo edificatorio, ancorché le stesse si presentino fisicamente libere da immobili” (T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 3 aprile 2018, n. 882). Siffatto indirizzo (oltre ad essere stato più volte confermato: Cons. Stato Sez. IV Sent., 22 novembre 2017, n. 5419Cons. Stato Sez. IV Sent., 5 maggio 2017, n. 2064T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, 5 maggio 2016, n. 2265T.A.R. Puglia Bari Sez. III, Sent., (ud. 11 marzo 2009) 31 marzo 2009, n. 690), ha ricevuto una puntuale ed integrale adesione: “L’eventuale modificazione del piano regolatore, che prevede nuovi e più favorevoli indici di fabbricazione, non può che interessare, nell’ambito della zona del territorio considerata dallo strumento urbanistico, se non le sole aree libere, nel senso sopra precisato, con esclusione, quindi, di tutte le aree comunque già utilizzate a scopo edificatorio, ancorché le stesse si presentino “fisicamente” libere da immobili” (Cons. Stato Sez. IV, 20 luglio 2017, n. 3573).
Il secondo orientamento, che considera le sole aree libere (“lo strumento urbanistico, proprio per le sue caratteristiche di strumento di pianificazione e delle sua possibilità di utilizzo, nel disporre le future conformazioni del territorio, considera le sole “aree libere”, tali dovendosi ritenere quelle “disponibili” al momento della pianificazione, e ancor più precisamente quelle che non risultano già edificate (in quanto costituenti aree di sedime di fabbricati o utilizzate per opere di urbanizzazione), ovvero quelle che, nel rispetto degli standard urbanistici, risultano comunque già utilizzate per l’edificazione (in quanto asservite alla realizzazione di fabbricati, onde consentirne lo sviluppo volumetrico”; T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 3 aprile 2018, n. 882), appare maggiormente convincente, in quanto valorizza la funzione del PRG quale strumento di regolazione prevalentemente di nuove aree. Infatti, se si accogliesse l’impostazione del primo orientamento, ogni nuova pianificazione risulterebbe del tutto scollegata dalla precedente, potendo da questa prescindere, e di volta in volta riguarderebbe, senza alcuna contestualizzazione storica, una parte sempre più esigua del territorio comunale, valutata ex novo. In tal modo, la pianificazione urbanistica si ridurrebbe a considerare il territorio solo nella sua mera possibilità di edificazione, in quanto non ostacolata da presenze materiali, e non già come un bene da conformare per il migliore sviluppo della comunità, salvaguardando i diritti costituzionalmente garantiti degli individui che su di esso vivono ed operano.

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