07/02/2020 – Possibile effettuare le assunzioni non attivate nel 2019

Possibile effettuare le assunzioni non attivate nel 2019

Nelle more della piena vigenza del nuovo sistema di regolazione delle assunzioni, nel 2020 è possibile effettuare assunzioni non attivate nel 2019 come fossero resti assunzionali. È, quindi, necessaria la nuova programmazione. Gli enti locali, nonostante l’Anci abbia dato il proprio consenso al dpcm attuativo dell’articolo 33, comma 2, del dl 34/2019, hanno fatto montare una protesta sotterranea, considerandolo troppo penalizzante. Il governo ha di fatto dato ascolto a queste lagnanze, evitando fin qui di adottare il dpcm e lasciando paventare che la sua efficacia partirà dalla fine di aprile 2020.Tuttavia, questo rinvio pone problemi di entità equivalente all’entrata in vigore del dpcm. Tra questi, ad esempio, la nebulosità sui passaggi da compiere per effettuare assunzioni programmate nel 2019, ma non effettuate. Se fosse in vigore il nuovo sistema, non vi sarebbe sostanzialmente più nessun problema di distinzione tra risorse da destinare alle assunzioni provenienti da anni precedenti e risorse correnti, se non in modo circoscritto e limitatamente agli anni 2020-2024. Gli enti potrebbero effettuare, infatti, tutte le assunzioni possibili nei limiti indicati dal dpcm ancora non in vigore. Nell’attuale fase, invece, vale ancora il principio secondo il quale le assunzioni di un certo anno sono possibili nei limiti della programmazione triennale, il cui solo primo anno è efficace, dei vincoli di bilancio e del costo delle cessazioni dell’anno precedente, cui aggiungere resti assunzionali: cioè spese per assunzioni possibili negli anni precedenti, ma non movimentate. Dunque, senza dpcm nel 2020 la programmazione dei fabbisogni deve indicare se e quali profili professionali siano da coprire, nei limiti consentiti dal volume di spesa composto, appunto, dal costo delle cessazioni di personale avvenute nel 2019.

Che fine fanno, allora, assunzioni programmate ma non condotte a termine, sulla base della programmazione 2019-2021? Una lettura rigorosa e coerente, condurrebbe a ritenere che se nessuna delle assunzioni programmate per il 2019 si sia tradotta in un contratto di lavoro sottoscritto nel 2019, allora tutte queste si trasformano in risorse assunzionali non spese. Nel 2020, col vecchio regime, le assunzioni sarebbero spesate col 100% del costo delle cessazioni dell’anno 2019 e i resti assunzionali degli anni 2014-2018. Le assunzioni non portate a termine nel 2019 hanno come loro base proprio il costo delle cessazioni dell’anno 2018. Quindi, le connesse risorse non vanno perse, ma si trasformano in «resti assunzionali», che si aggiungono al volume della spesa corrispondente al costo delle cessazioni del 2019. Un’interpretazione meno rigorosa, suggerita anche da alcune sezioni della Corte dei conti, ammette invece che per considerare come eseguita la programmazione delle assunzioni, almeno a fini contabili, basta aver pubblicato il bando di concorso, sicché nel 2020 sarebbe anche possibile portare a termine con la sottoscrizione dei contratti di lavoro i concorsi avviati nel 2019, senza dover prima dare corso ad una nuova programmazione per il triennio 2020-2022. In ogni caso, resta il fatto che qualsiasi nuova assunzione, nel momento in cui acquisisca vigenza il dpcm attuativo del dl 34/2019, inciderà sul volume della spesa di personale, potendo in linea teorica peggiorare il rapporto tra spesa complessiva del personale e media triennale delle entrate correnti al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità. Quindi, tutti gli enti, anche quelli potenzialmente virtuosi perché dotati di un rapporto spesa/entrate inferiore ai valori soglia contenuti nella bozza del dpcm comunque dovranno fare attenzione ad effettuare spese per assunzioni che non peggiorino il valore, in attesa di capire l’esito di una vicenda normativa che si trascina ormai da aprile 2019.

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