14/12/2020 – I componenti degli organi di governo in quarantena o malattia possono certamente partecipare alle sedute degli organi collegiali

 

Il Covid-19 contribuisce a seminare, nelle pubbliche amministrazioni, ancor più panico e disordine pratico ed organizzativo, di quanto non se ne riscontri in tempi normali.

L’ultimo approdo delle incertezze che, chissà per quale ragione, emergono in relazione alla normativa emergenziale è il quesito se un sindaco, un assessore o un consigliere possa partecipare alle sedute di giunta o consiglio, laddove si trovi in stato di quarantena o malattia.

Tale dubbio si può spiegare solo ed esclusivamente, appunto, come situazione di “panico” da pandemia, tanto appaia manifestamente illogico ed infondato.

Vale la pena, tuttavia, soffermarsi brevemente sull’illustrazione dei motivi dell’assoluta assenza di fondamento della tesi secondo la quale un amministratore in quarantena o malattia (nell’ambito del suo rapporto di lavoro) non potrebbe partecipare alle sedute degli organi collegiali.

Occorre, allora, ricordare che sindaco, assessori e consiglieri non sono legati al comune da un rapporto di lavoro subordinato, bensì esclusivamente da un rapporto organico di diritto pubblico, conseguente alla loro elezione o nomina alle cariche politiche rivestite.

L’esercizio delle loro funzioni è, quindi, un munus publicum, una “magistratura” si sarebbe detto in altri tempi, non un lavoro subordianto.  Come tale, detto esercizio non è in nessun modo regolato, nemmeno per analogia, nè dal codice civile, nè dalle leggi sul rapporto di lavoro nelle imprese, nè dalle leggi sul rapporto di lavoro pubblico.

Sindaco, assessori, consiglieri non stipulano un contratto di lavoro, anzi non stipulano nessun tipo di contratto: assumono un incarico pubblico, su mandato elettorale.

Non ricevono uno stipendio, non hanno un orario di lavoro, non sono soggetti ad organizzazione di impresa o a sanzioni disciplinari.

E’, quindi, del tutto impensabile e risibile immaginare che nei confronti di un amministratore pubblico scattino misure, come quella della sottoposizione in stato di malattia, volte ad sospendere temporaneamente il dovere di adempiere all’obbligazione lavorativa assunta a seguito sella sottoscrizione del contratto di lavoro: non essendovi nessun rapporto di lavoro a monte, non c’è nessun impedimento di carattere giuslavorativo, o anche pubblicistico, per l’esercizio della funzione pubblica assunta (se, ovviamente, il “fisico regge”).

Nulla impedisce al sindaco, all’assessore o al consigliere, di continuare a svolgere la propria funzione. Ci mancherebbe solo che una prescrizione medica possa assumere il compito di ostacolare lo svolgimento di un diritto, quello di rappresentare politicamente la cittadinanza, tutelato dalla Costituzione.

Qualcuno potrebbe obiettare che se l’amministratore locale è, però, un lavoratore dipendente, laddove sia posto in malattia non potrebbe svolgere l’attività connessa al suo munus.

Non è affatto così. Sarebbe come riconnettere il libero esercizio della funzione politica di una persona alle vicissitudini del rapporto di lavoro che quella medesima persona conduca con un soggetto terzo: assurdo.

Il pubblico amministratore, se lavoratore dipendente in malattia, non potrebbe solo uscire di casa nelle ore nelle quali, per legge, deve stare a casa, ai fini della reperibilità. Per il resto, se l’attività pubblica non comporti aggravio del rischio di morbilità, può esercitare le sue prerogative come crede. Specie adesso che finalmente è stata sdoganata la possibilità di svolgere anche da remoto le funzioni, ivi compresa la partecipazione alle sedute degli organi collegiali.

Non si deve dimenticare, per altro, che il mandato politico per sua natura è totalmente autonomo e indipendente dall’attività lavorativa svolga dall’amministratore. E’ proprio per questo, e per consentire la piena ed assoluta libertà di esplicazione delle prerogative politiche, che il d.lgs 267/2000 prevede espressamente istituti volti proprio a sospendere temporaneamente le obbligazioni del lavoratore-amministratore: i permessi orari, utili anche per la partecipazioni alle sedute; i permessi giornalieri fruibili anche il giorno successivo se le sedute si protraggano oltre la mezzanotte; persino l’aspettativa per mandato sindacale.

E’ evidente che le vicende lavorative di Tizio in quanto lavoratore dipendente, non incidono in alcun modo sulle vicende di Tizio come amministratore politico.

Tizio, quindi, sebbene come lavoratore subordinato dell’azienda Alfa è in malattia, può senza nessun problema partecipare alle sedute, specie quelle “virtuali”.

Sono da scartare, un quanto altrettanto paradossali ed infondate, tesi “di compromesso”, come quella che ritenga consentito all’amministratore locale di partecipare alla seduta, ma di non votare. Una tesi totalmente scombiccherata: si onererebbe l’amministratore della partecipazione all’organo collegiale di appartenenza, privandolo della sublimazione dell’espressione della propria funzione, cioè l’esercizio del voto

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